Guardami adesso. E ricomincia se vuoi.
Giri armonici di corpi sudati, che si ritrovano odorandosi ansiosi.
E il tempo parte.
Fra schiocchi che decollano dal ritmo imposto dai sensi,
in un contorcersi infinito che non dà tregua.
E la fame aumenta.
E bevi le stille del mio sudore dal cavo della mia schiena, scendendo fino in basso,
con le mani che ingordamente impastano i miei sensi.
Mi contorci nella percezione di forza che imprimi sulla mia pelle,
e mi chiedo come fa ancora ad aumentare la mia fame di te.
Dovrei smettere di farmi domande,
chiudere il cervello e ascoltare solo i sensi
che, sinusoidi impazzite, governi a tuo piacimento.
Ma la testa ancora funziona
e oggi, avverte distintamente il crampo che dall’anima sale lento,
a dire che ti amo.
Non è solo il tuo corpo quello che avverto adesso,
ma l’ancestrale profondo del tuo essere che voglio senza remore.
Brutale e vero.
Che si contorce e spasima,
che sbarra gli occhi per catturare ogni barlume di luce e di me,
in uno sguardo che non riesco né a sostenere, né a ricambiare,
perché mi ruba l’anima.
E ho paura di questo, che ho disperatamente voglia
di perdermi definitivamente, e non andarmene più da qui.
Sto modificando la mia percezione degli odori e dei sapori,
associando i tuoi ai miei.
E la tua naturale propensione a semplificare le cose mi rassicura,
ma odio i miei muscoli non allenati che a volte cedono alla stanchezza,
e forse dovrei semplicemente dirtelo.
Ma resisto finché posso, perché non voglio mai staccarmi da te.
E quando alzo con una mano i miei capelli dalla spalla sinistra,
e tu, capendo, affondi i tuoi denti in me,
un brivido di piacere mi fa inarcare.
Voglio essere cibo caldo, e vino forte e aria e luce
e fare parte delle tue molecole infinite, per non staccarmi mai dal tuo corpo.
Ed entrarti dentro per satollarti del mio essere,
anche quando teneramente, mi salti addosso, per ricominciare a saziarti di me.
E ancora, e ancora, e ancora fame e ancora cibo e ancora lotta viscida, profonda e nostra.
Con le mani che si aprono ad accogliere la forza che ci trasmettiamo,
attimo per attimo, momento dopo momento,
in pomeriggi ripidi e infiniti e veloci e troppo lontani per essere di sostegno nel ricordo.
Perché la mente non può registrare tutto.
La mia non ce la fa, e mi restano sprazzi di immagini e di sensazioni
che non fanno che acuire il tuo senso di lontananza,
sostenendo il mio tempo in tua assenza.
E infine il tuo urlo primordiale,
che sfoga i tuoi sensi e la tua rabbia profonda su di me.
E io, che non sono né vittima, né carnefice,
ma sacerdotessa smaniosa e accogliente,
mi vesto del tuo umore, accogliendolo su di me.
Guardami adesso….
Guardami ancora….. e ricomincia se vuoi.
