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A volte ci sforziamo di capire gli altri, credendo di conoscerli così bene dal riuscire addirittura ad entrare nei loro pensieri e siamo così presuntuosi che ci permettiamo di giudicarne comportamenti, emozioni, stati d’animo. Con ciò non voglio dire che non dobbiamo metterci nei panni dell’altro (quando serve) né che sia impossibile scrutare la mente di chi ci sta di fronte, ma soltanto che è meglio lasciarlo fare a chi – per farlo – ha studiato e studia ancora: noi, limitiamoci a volere bene a chi ci sta vicino, a comprenderlo, a gioire e a sorridere con lui, a consolarlo e ad apprezzarlo… ma, per favore, non “sforziamoci” di entrare nei suoi pensieri… quelli lasciamoli liberi di essere solo suoi e, magari, “sforziamoci” invece di capire i nostri di pensieri. E’ troppo facile guardare con occhio esterno chi ci sta di fronte, è ben più difficile guardare con i nostri occhi noi stessi. Se ci fate caso, quando ci soffermiamo a guardarci nello specchio (sperando di riuscire un po’ a dialogare con noi stessi) i nostri occhi tendono a sfuggire il nostro stesso sguardo; è come se cercassero in tutti i modi di ergere una barriera, per non farsi scoprire, per non lasciare neanche una porta socchiusa dalla quale magari poter “spiare” cosa succede… niente… PER LEGGERE TUTTO IL TESTO, CLICCARE SUL TITOLO


…proprio non vogliamo far entrare noi in noi stessi. Certo che però bussando più volte e, semmai, sfondando il muro, qualcosa succederà, ed entrare in noi sarà davvero una bella scoperta; non ci capiterà più di dire: “Sono fuori di me!”, perché avremo l’equilibrio (e quindi la serenità) di chi si conosce a tal punto da saper fino a quando poter tirare la corda… non ci vorremo così male da andare oltre il limite che noi stessi ci consentiamo per vivere bene… Se io so che dopo quattro ore di lavoro ho bisogno di almeno un’ora per starmene in pace a casa, senza avere intorno nessuno che mi parla di lavoro (anche perché, terminata “l’ora d’aria”, dovrò ricominciare per almeno altre quattro ore) allora perché mi costringo ad ascoltare cose tristi o, peggio, a sentire ancora a tavola le lamentele dell’italiano che “tanto poi le tasse le paga lo stesso”? Perché mi voglio così male? Probabilmente non mi conosco abbastanza e, dunque, non mi so volere bene. Se a me piace ogni tanto farmi un bel bagno caldo (… sì, sì, di quelli da film, con un sacco di schiuma profumata…) che male c’è? Certo, qualcuno obietterà che così sprechi un sacco d’acqua, ti si abbassa troppo la pressione e poi lasci disordine in bagno… ma non importa, vorrà dire che nella vasca ci farò un bel tuffo, col naso tappato e con la testa sott’acqua: non sentirò nessuno che si lamenta e… con la scusa, mi lavo pure la faccia!!

di Raffaella Rende