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Quando la musica “abbraccia” anima e corpo


Approfondimenti tecnici


“La musica riusciva a entrare e a compiere miracoli anche nel suo mondo lontano, molto più lontano della luna.” (Paulo Coelho)

 

L’utilizzo della musica come strumento terapeutico ha origini molto antiche: nella preistoria suoni, canti e danze avevano un ruolo essenziale nei vari rituali di guarigione. Gli uomini primitivi credevano che la malattia fosse causata da uno spirito maligno, e che la musica entrando in contatto con esso potesse scacciarlo attraverso l’uso di formule magiche che prevedevano canti e danze. Nell’antica Grecia si riteneva che la musica inducesse particolari effetti sull’animo e sulle facoltà volitive dell’uomo, e che tali effetti fossero diversi a seconda del tipo di ritmo, del tipo di melodia e delle modalità di esecuzione. Nacque proprio da questa concezione la dottrina dell’ethos musicale, secondo la quale si stabilì che l’azione della musica era fondamentalmente di tre tipi: ethos energico qualora producesse un atto di volontà, ethos snervante qualora la paralizzasse, ed ethos estasiante qualora provocasse uno stato di ebbrezza e di estasi.

La teoria dell’ethos pervadeva completamente la concezione greca della musica: si pensava che essa agisse non solo sulla psiche ma anche sul corpo umano, infatti, non erano inusuali prescrizioni terapeutiche di particolari melodie per guarire la sciatica e altri disturbi. Un’ulteriore testimonianza che ci permette di comprendere quale fosse l’enorme potere attribuito alla musica dai greci ci viene fornita da miti come quello del poeta e musico Orfeo, che con la sua musica e i suoi versi riusciva a commuovere gli uomini e ad ammansire le belve e i mostri infernali. Il suo canto avrebbe avuto addirittura la possibilità di vincere l’invincibile per eccellenza: la morte. Orfeo scese nell’Ade per riportare la sua Euridice nel mondo dei vivi, ma ciò che sarebbe stato concesso alla musica rimase inaccessibile alla debolezza degli esseri umani, ed Euridice venne inghiottita di nuovo dalle tenebre degli Inferi(Cimagalli-Carrozzo).

Anche la Bibbia riporta una testimonianza a favore dell’uso terapeutico del suono: ” E così ogni qualvolta il cattivo spirito venuto da Dio investiva Saul, Davide prendeva la cetra e si metteva a suonare, Saul si calmava e stava meglio poiché lo spirito cattivo si ritirava e lo lasciava in pace”(Samuele1-16,63)

Nel Medio Evo Boezio (600 d.C. circa) incluse nel suo trattato De Instituzione Musica un capitolo sul potere di guarigione della musica. Il suo famoso trattato conobbe una vasta diffusione in Europa, e venne inserito nel programma di studi degli studenti di medicina. Sempre nel Medio Evo i monaci potenziarono l’unione musica-medicina utilizzando nell’assistenza di malati e bisognosi, composizioni musicali a cui attribuivano poteri terapeutici come quelle composte da Nokter Balbulus. Anche se il potere della musica è noto da millenni, l’idea di una musicoterapia strutturata nacque durante la prima e la seconda guerra mondiale, quando negli ospedali per i veterani furono ricoverati un gran numero di soldati feriti: proprio in quelle circostanze si scoprì che la musica poteva alleviare il loro dolore, la loro sofferenza e perfino migliorare alcune risposte fisiologiche (pulsazioni, pressione ematica, ecc…). In alcuni ospedali per i veterani, i medici iniziarono ad invitare musicisti affinché suonassero per i pazienti. Presto risultò evidente che entusiasmo e generosità non bastavano, ma che era necessaria anche una formazione professionale.

In America il primo programma ufficiale di musicoterapia fu istituito nel 1944 presso la Michigan State University, e durante gli anni 60′ Paul. Nordoff e Clive Robbins iniziarono a sviluppare un metodo di lavoro (musicoterapia creativa) con bambini affetti da handicap diversi. Nello stesso periodo la musicoterapia si diffuse anche in Europa attraverso il lavoro pionieristico di Juliette Alvin (terapia della libera improvvisazione), di Mary Priestley (musicoterapia analitica) in Inghilterra e di Edith Lecourt in Francia.

Attualmente la musicoterapia viene concepita come disciplina che si occupa della costruzione intenzionale di relazioni comunicative a scopo terapeutico, attraverso l’impiego di due distinti elementi:


  1. la relazione, che si sviluppa mediante l’uso di attività musicale e di altre pratiche espressive;
  2. la musica, che serve a realizzare una forma di comunicazione non verbale.

In base alla predominanza del primo o del secondo elemento vengono a delinearsi due diverse situazioni descritte da Bruscia (1989) attraverso l’uso differenziato dei caratteri tondo e corsivo: con musico-terapia fa riferimento ad attività in cui a predominare è l’elemento musicale e che sono prevalentemente svolte da musicisti, mentre con musico-terapia indica attività in cui a predominare è l’elemento relazionale e che sono prevalentemente svolte da terapeuti(medici, psicologi, psicoterapeuti).

La musicoterapia racchiude in se numerosi aspetti che rendono difficoltosa la possibilità di fornirne una definizione unica o universalmente accettata. Come corpo di conoscenza è multidisciplinare, cioè non si tratta di una disciplina singola e isolata, ma piuttosto di una combinazione di diverse discipline attorno a due grosse aree, la musica e la terapia. Tra le discipline collegate alla musica includiamo: psicologia della musica, pedagogia musicale, etnomusicologia, estetica musicale, psicoacustica, teoria e storia della musica, esecuzione e composizione musicale. Tra le discipline collegate alla terapia includiamo: psicologia, psichiatria, counseling, psicoterapia, neurologia , medicina, audiologia.


Nel secolo scorso da diverse posizioni storiche, culturali e geografiche sono scaturite differenti definizioni:


  • “La musicoterapia è un processo interpersonale in cui il terapeuta usa la musica e tutti i suoi aspetti -fisici, emotivi, mentali, sociali, estetici, e spirituali- per aiutare il paziente a migliorare, recuperare o mantenere la salute. In alcuni casi, i bisogni del paziente sono indagati direttamente attraverso gli elementi della musica; in altri essi sono analizzati attraverso i rapporti interpersonali che si sviluppano tra paziente e terapeuta o gruppo. La musica usata in terapia può essere direttamente creata dal terapeuta o dal paziente, o può trarre spunto dai vari stili e periodi della letteratura esistente”(K. E. Bruscia, Stati Uniti )
  • “La musicoterapia è una tecnica mediante la quale è possibile, operando con una ben precisa tecnica metologica di lavoro, facilitare l’attuazione di un progetto di integrazione spaziale, temporale e sociale della struttura funzionale dell’handicap, attraverso l’impiego del parametro musicale. Tale progetto integrativo è realizzato da varie figure e operatori, attivi nel campo dell’educazione, della riabilitazione e della psicoterapia. In relazione al parametro musicale dovremo tenere presente molti aspetti pertinenti la comunicazione non verbale: al fine di ottenere un’armonizzazione dell’identità, sia nel rapporto tra mondo interno e mondo esterno, che nello stesso mondo interno della persona. Tale armonizzazione è raggiunta attraverso un lavoro di sintonizzazioni facilitate e rese possibili attraverso strategie specifiche della comunicazione non verbale”(P.L. Postacchini, Italia)
  • “Da un punto di vista scientifico, la musicoterapia è un ramo della scienza che tratta lo studio e la ricerca del complesso uomo-suono, sia il suono musicale o no, per scoprire gli elementi diagnostici e i metodi terapeutici ad esso inerenti. Da un punto di vista terapeutico, la musicoterapia è una disciplina paramedica che usa il suono, la musica e il movimento per produrre effetti regressivi e per aprire canali di comunicazione che ci mettano in grado di iniziare il processo di preparazione e di recupero del paziente per la società”. (R. Benenzon, Argentina)

 

  • “La musicoterapia è l’uso della musica per favorire l’integrazione fisica, psicologica ed emotiva dell’individuo e l’uso della musica nella cura di malattie e disabilità. Può essere applicata a tutte le fasce d’età, in una varietà di ambiti di cura. La musica ha una qualità non-verbale, ma offre un’ampia possibilità d’espressione verbale e vocale. Come membro di un’ èquipe terapeutica, il musicoterapeuta professionista partecipa all’accertamento dei bisogni del cliente, alla formulazione di un approccio e di un programma individuale per il cliente e poi offre attività musicali per raggiungere gli scopi. Valutazioni regolari accertano ed assicurano l’efficacia del programma. La natura della musicoterapia amplifica l’approccio creativo nel lavoro con gli individui handicappati. La musicoterapia fornisce un approccio umanistico possibile che riconosce e sviluppa le risorse interne del cliente spesso non sfruttate. I musicoterapisti desiderano aiutare l’individuo per spingerlo verso un migliore concetto di sé, e nel senso più ampio, per far conoscere ad ogni essere umano le proprie maggiori potenzialità.”(Associazione Canadese di musicoterapia-CAMT)

La musicoterapia viene utilizzata per intervenire su un certo numero di disagi fisici, psicologici, psichiatrici e neurologici (disturbi motori, sensoriali, emotivo-relazionali, dell’apprendimento e della personalità, esiti da lesioni cerebrali, autismo, sindromi genetiche, demenze senili e altri ancora) e si rivolge a persone di diverse età. Nell’ambito della prevenzione, è noto l’impiego della musicoterapia sulle gestanti o sui neonati, allo scopo di facilitare un sereno rapporto madre-bambino e una buona comunicazione non-verbale. Può essere anche adoperata con bambini e ragazzi in salute allo scopo di favorirne la crescita psicologica ed emotiva, di migliorare le relazioni interpersonali, oppure aiutare il rilassamento. I pazienti possono essere coinvolti in sedute individuali, di coppia oppure di gruppo in base alle caratteristiche e ai bisogni personali, e ogni intervento deve essere progettato in base alle finalità istituzionali del contesto all’interno del quale si opera (scuole, ospedali, centri di riabilitazione ecc…). Gli obiettivi e le strategie terapeutiche vengono individuate tramite la raccolta anamnestica riguardo ad aspetti medici, personali e familiari; viene effettuata, inoltre, una valutazione del paziente o del gruppo attraverso strumenti prettamente musicoterapici. Gli obiettivi possono richiedere un piano di trattamento a breve, medio o lungo termine. Il lavoro del musicoterapista va considerato in un’ottica di partecipazione interdisciplinare alla cura del paziente, ed è di fondamentale importanza la collaborazione con l’èquipe medica e con gli altri specialisti che operano con la stessa persona.

La scelta del materiale sonoro-musicale da adoperare nell’ambito di una seduta, non nasce da presupposti estetici/artistici o culturali (l’impiego di elementi che comunemente vengono apprezzati come musica) ma da presupposti clinici ed operativi(l’utilizzo di elementi che possiedono un senso, un significato dell’intervento). È possibile prendere in considerazione qualsiasi evento acustico percepibile e non dall’apparato uditivo (in questo caso trasmesso per via tattile-vibratoria), e quindi qualsiasi strumento musicale oppure oggetto (di uso quotidiano o creato appositamente per l’occasione) che possa essere vissuto come messaggio, come comunicazione. La musica, intesa anche come fenomeno vibratorio, ha un impatto immediato a vari livelli: fisico, neurologico, psicologico e infine comunicativo, inteso come il desiderio di andare verso l’altro. Nella pratica musicoterapica possiamo distinguere due correnti principali: la musicoterapia recettiva e la musicoterapia attiva. Nella musicoterapia recettiva al paziente viene fatta ascoltare musica registrata o eseguita dal vivo dal terapeuta, ma non bisogna considerarla come una modalità d’approccio passiva e connotata da aspetti pseudo-farmacologici. In realtà l’ascolto sonoro/musicale è un processo complesso, tutt’altro che passivo, in grado di attivare, in particolari contesti, profondi movimenti interiori. Un ascolto significativo dal punto di vista emotivo va oltre la connotazione culturale del brano musicale e interagisce con codici e simboli appartenenti alla singola persona. La musicoterapia attiva si basa invece sull’interazione musicale tra paziente e terapeuta. Il paziente diventa soggetto attivo, partner musicale. A questo fine non è necessario che il paziente abbia avuto alcuna formazione musicale precedente.

All’interno di un intervento musicoterapico ci si può avvalere di diverse esperienze musicali:

  • l’improvvisazione: la musicoterapia basata sull’improvvisazione impegna il paziente a “comporre” la musica mentre suona o canta in maniera estemporanea utilizzando la voce, il corpo, strumenti musicali. Il terapeuta aiuta il paziente fornendogli un accompagnamento che stimoli e guidi le sue produzioni sonore;
  • la ri-creazione: il terapeuta impegna il paziente in compiti vocali o strumentali che prevedono la riproduzione di musica;
  • l’ascolto: la musicoterapia basata sull’ascolto utilizza musica registrata o suonata dal vivo per far concentrare il paziente sugli elementi fisici, emotivi, intellettivi ed estetici della musica, oppure per favorire il rilassamento o il movimento, evocare ricordi, stimolare le abilità percettive e l’immaginazione. All’ascolto possono essere abbinate narrazioni di storie, il disegno, la drammatizzazione, la danza.
  • la composizione: Il musicoterapista aiuta il paziente a scrivere canzoni, parole o pezzi strumentali, oppure a creare a creare qualsiasi tipo di prodotto musicale come realizzazioni di registrazioni musicali (audio o video).

Tali esperienze, a seconda dei casi, possono essere integrate oppure costituire momenti separati.

La musicoterapia può stimolare e potenziare le abilità percettive: consapevolezza del proprio corpo, delle potenzialità di ascolto, di vista e di tatto del terapista, dell’ambiente circostante, e della relazione tra la creazione del suono e il suono che sentono. La capacità di percepire la vibrazione, costituisce un primo passo in questa direzione, e la musica\suono viene creata attraverso la vibrazione. Le vibrazioni degli strumenti musicali costituiscono una forma di profonda esperienza sensoriale, ed un mezzo per dirigere l’attenzione al Sé e al suono.

Una delle funzioni primarie della musicoterapia è quella di incoraggiare il contatto e migliorare la comunicazione. Turni, condivisione, interazione reciproca, intersoggettività ed espressione vocale/verbale emergono nella produzione musicale. I primi pattern di comunicazione, che si ritrovano nell’interazione madre-bambino, nei quali la tempistica costituisce un ingrediente essenziale nello sviluppo della comunicazione pre-verbale, si ritrovano nell’interazione musicoterapeutica . La musica fornisce una forma primordiale di comunicazione non verbale in cui il terapista usa gli elementi della musica (altezza, timbro, intensità, ritmo e durata) per creare un’intenzionalità, una condivisione di significati tramite lo sviluppo di un repertorio comune di eventi che hanno significato per terapista e paziente. L’utilizzo dei parametri musicali consente di riattivare modalità di relazione intersoggettive arcaiche attraverso un lavoro di sintonizzazioni, che si realizzano nell’ambito di una produzione musicale condivisa, e che “ripresentificano le intense esperienze della relazione madre-bambino” (P.Postacchini).

La musica è un linguaggio, con le inflessioni e le sfumature affettive del linguaggio, e può favorire l’espressione e la regolazione delle emozioni: nell’uso di un semplice strumento musicale, i suoni possono rappresentare felicità, tristezza, rabbia, frustrazione o gioia. I musicoterapisti possono aiutare a prendere consapevolezza delle proprie emozioni, ad esternarle e a modularle. Infatti, una delle potenzialità della musicoterapia è quella di permettere anche alle emozioni negative e ai conflitti di emergere, offrendo un “filtro protettivo” rappresentato da strumenti musicali di facile manipolazione, che servono da intermediari nella comunicazione.

La musica può essere usata in modo terapeutico per potenziare l’attenzione, la memoria, la concentrazione, le abilità organizzative, le abilità di elaborazione sequenziale e simultanea oltre alla capacità di risoluzione dei problemi. Attraverso variazioni del ritmo, dell’armonia, della melodia e del fraseggio i musicoterapisti possono favorire il miglioramento delle capacità di attenzione e concentrazione, la stimolazione della memoria a breve e a lungo termine, lo sviluppo delle abilità di organizzazione dei singoli suoni in pattern e in frasi di collegamento delle diverse esperienze mediante le associazioni. Il suono è di per sé uno stimolo, e aiuta a focalizzare e sostenere l’attenzione, nonché a migliorare le capacità di concentrazione e di memorizzazione.

Nelle sedute di musicoterapia di gruppo la musica viene usata come mezzo per promuovere l’impegno sociale e l’interazione. La musicoterapia basata sull’improvvisazione prevede la manipolazione diretta di strumenti musicali da parte del paziente, ed è viva, attiva e sociale per sua natura perché favorisce la consapevolezza e il contatto con l’ambiente circostante. La produzione sonoro\musicale può essere un modo non minaccioso, sicuro e interessante di sviluppare contatti sociali, uno sviluppo naturale che parte dall’acquisizione di metodi alternativi di comunicazione. Inoltre, la possibilità di suonare nell’ambito di una improvvisazione di gruppo porta ad operare delle scelte, a prendere iniziative spontaneamente, a diventare musicalmente indipendenti, favorendo in tal modo lo sviluppo di una maggiore stima di se e della creatività.

 

Bibliografia


  • Benenzon R., Wagner G. , De Gainza V.H. , La nuova musicoterapia, Il Minotauro, 1997.
  • Bruscia K. E., Definire la musicoterapia, Ismez Editore, Roma, 1996.
  • Bruscia K. E., Modelli d’improvvisazione in musicoterapia, Ismez Editore, Roma, 2001.
  • Carrozzo M., Cimagalli C., Storia della musica occidentale/vol.I ,Armando Editore, Roma1999.
  • Manarolo G., L’Angelo della musica-musicoterapia e disturbi psichici– , Omega Edizioni, Milano, 1989.
  • Postacchini P., Ricciotti A., Borghesi M., Musicoterapia, Carrocci,Roma, 2004.
  • Wigram T., Perdsen I., Bonde L., Guida generale alla musicoterapia, Ismez, Roma,2002.

 

 

 


Francesca D’Andrea – Musicoterapista