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Vicini e "lontani"


 

Counseling 12

Sempre più frequentemente si sente parlare di conflitti generazionali e di mancanza di dialogo fra genitori e figli, tali affermazioni sono ormai un luogo comune, una sorta di giustificazione spicciola per definire la reciproca non conoscenza all’interno di quella piccola società che è la famiglia. Prima di programmare l’arrivo di un figlio, i potenziali genitori dovrebbero porsi qualche domanda del tipo:

  • perché voglio un figlio (forse per una sorta di desiderio di avere qualcuno che dipenda da me, oppure per una irrazionale speranza di immortalità basata sulla convinzione che in loro sopravviva una parte di noi)?
  • sono consapevole delle responsabilità che questa nuova vita comporta e se è sì, sono disponibile a farmene carico; visto che questo “contratto” non include la clausola di recesso entro i sette giorni?



Partendo dal presupposto che a questo futuro essere umano nessuno chiede di esprimere la sua posizione in merito (si decide “arbitrariamente” la sua nascita), proviamo ad immaginare quale potrebbe essere la sua vita e quella dei genitori, tenendo ben presente il tempo storico in cui viviamo il quale, per ovvi motivi economici, “impone” che entrambi i genitori lavorino, di conseguenza questi saranno costretti a delegare l’educazione del proprio figlio ad altri.

Così trascorreranno i giorni, i mesi e gli anni sino al momento in cui rientrando una sera, dopo il lavoro, si ritroveranno per casa un estraneo (appena maggiorenne) che “pretenderà” le chiavi della macchina e la carta di credito, ed è proprio allora che essi si chiederanno: “chi mai è questo estraneo arrogante? Che fine ha fatto mio figlio? E se è lui, dove abbiamo sbagliato?

Ebbene!

Analizziamo i fatti: da un lato abbiamo due esseri umani (genitori) che, per necessità lavorative, trascorrono gran parte della giornata fuori casa, dall’altra un essere umano (figlio) che si appresta a percorrere il sentiero della vita; entrambi i ruoli non sono certamente facili da ricoprire né privi di possibili rischi di incappare in errori; di fondamentale importanza sarebbe riconoscere subito questi ultimi, farne tesoro cercando di evitare di ricascarci. Se il proprio figlio avrà o meno una vita serena dipenderà principalmente dai genitori i quali dovranno sì, garantirgli un futuro economico (sino a quando non sarà in grado di provvedere a se stesso) ma, soprattutto dovranno fare in modo che egli abbia uno sviluppo psicofisico equilibrato. Un bambino, al momento della sua nascita, è un prezioso libro sul quale non si potrà e non si dovrà pasticciare visto che tutto ciò che egli apprenderà, nel corso della sua vita, sarà trascritto su di esso.

Molti genitori, che per esigenze di lavoro sono costretti a trascorrere gran parte della giornata fuori casa, vivono combattuti fra il bisogno di lavorare e perché no anche il giusto desiderio di una realizzazione e, la consapevolezza di una loro sporadica presenza nella vita del proprio figlio, tutto ciò unito ad un non uso di logica li condurrà a credere di poter compensare le loro assenza e la cattiva qualità della loro presenza con il dono di oggetti la cui crescita procederà di pari passo con quella dei loro sensi di colpa. Nel momento stesso in cui tale messaggio sarà decodificato e recepito, andrà ad innescare quel meccanismo definito “ricatto morale” che il figlio imparerà a “sfruttare” a suo comodo. Questi “doni” non potranno mai sostituire una carezza, un abbraccio, una spalla per le piccole delusioni o un sorriso per le piccole gioie, un “com’è stata la tua giornata?” ecc.

I bambini, si sa, tendono ad imitare e ripetere tutto ciò che vedono e sentono, sarebbe quindi necessario fare una attenta e corretta valutazione dei messaggi, verbali e non, che si intendono trasmettere al fine di evitare quello stato di confusione, che porterebbe alla creazione di idee sbagliate che con il passar del tempo potrebbero generare disagi e conflitti; sarebbe, altresì, auspicabile una chiara e netta definizione dei ruoli all’interno della famiglia senza con questo pregiudicare la costruzione di un sano dialogo, di un confronto costruttivo basato sul rispetto che ogni essere umano deve a se stesso ed agli altri; chiarire, mediante uso di logica, i perché legati ad ogni decisione presa o scelta fatta; insegnargli il rispetto per l’onesto lavoro (qualsiasi esso sia) e per il denaro; fargli comprendere che nulla gli è dovuto ma, al contrario, tutto va guadagnato con impegno sulla base del dare-avere; far si che i doni si associno a ricorrenze e non a “squilibri” di coscienza, visto che non sempre quantità coincide con qualità. Tutto ciò dovrà poggiare sulla cura ed rispetto della propria e dell’altrui vita, tenendo sempre presente che essa è unica ed irripetibile.

Adelina Gentile