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… e più sono grandi.


 

Pensieri degli anni difficili – 17

E qui è necessario fare una premessa. Non stiamo parlando del potere, dei potenti, dei più forti intesi come grandi. Ma di chi ha tanto dentro e lo trasmette senza ostentare. Con naturalezza. Ho avuto la fortuna di conoscere qualcuno che ha questa dote, questo sentimento, questa delicatezza d’animo.

Spesso non basta una stretta di mano per comunicare un saluto, un ben ritrovati. I grandi dentro devono sentire il contatto fisico. Devono trasmettere il calore dell’emozione provata con lo sguardo dell’essersi rivisti con il loro corpo.

E allora che succede?

Immediatamente dopo aver superato l’imbarazzo della mano, rimane un senso di insoddisfazione. Come l’aver sciupato un istante da archiviare nel proprio database delle emozioni. Quindi, liberando l’istinto si ritorna indietro e si chiede l’abbraccio.

È la seconda volta che mi succede ciò.

Si può essere stati abbracciati mille volte nella vita. C’è l’abbraccio materno di protezione, che tranquillizza e, pur esortandoti ad affrontare la quotidianità, vuol comunicare il messaggio del “non preoccuparti, ci penso io”. L’abbraccio fra fratelli che si fonda sul legame dell’affetto e della sicurezza, ci sarà sempre qualcuno di riferimento nella tua vita. Fa parte delle cose che nessuno potrà mai toglierti. L’abbraccio fra amici veri, quello senza chiedere nulla in cambio. L’abbraccio fra amanti, fra le brame del piacere e il calore del desiderio.


E così via. Ma nessuno di questi vive quel momento di esitazione che, se riesci a cogliere, è emozionante come il trattenere il fiato quando devi dare il tempo al cuore di riprendere il battito regolare. Alla fine di uno scombussolamento di sensazioni piacevoli, quando le corde tese delle onde dei sentimenti si lasciano pizzicare dalle mani fatate dei pensieri più intensi. E vibrano.

È incredibile come pur viaggiando e avendo la possibilità di stimolare le proprie attenzioni fra le situazioni più promettenti, i colori dei paesaggi che dipingono la tua anima prendono tonalità nei posti meno probabili. Magari fra le mura imbiancate di sicuro da poco di una stanza squallida con un po’ di blu che spezza, ma immersa fra la nebbia di un posto incantato.

Vegetazione infiltrata all’interno di un luogo silenzioso. Un borgo medioevale situato su di una montagna, nella parte più alta. La pietra è bianca e lucida. È roccia di quella che non scalfisce. Scendendo ai piedi si incrocia il belvedere. Una vallata che si estende fino al mare, là dove il paesaggio si trasforma in un dipinto. Un promontorio chiude l’angolo della visuale, imprigionando una striscia di spiaggia e lasciando al di là libera l’immaginazione. Ti poni, nell’assenza di rumori, nel posto dove l’ampiezza dello sguardo è massima e, in maniera del tutto spontanea, inizia dentro di te una preghiera verso l’ambiente. Un ringraziamento a colui, a cosa o forse a nessuno che ti ha dato questa possibilità. Godere di un istante, nutrire di delicatezza la parte spirituale ed accogliere nel proprio corpo la purificazione.

Amo le forme terse e dense che si vedono anche al di là dell’alone chiaro. Il filtro che stimola la fantasia. La quiete avvolge questo quadro, non richiede sottofondo né naturale come il cinguettio, né diretta dall’estro dell’uomo come può essere la combinazione di note che insieme sfondano nell’immensità delle melodie.

E mi ritrovo a riflettere sulle passioni che uniscono, sulle sensibilità che vivono all’interno degli incontri e dei momenti di trasmissione. Anche quelli che in superficie appaiono freddi e dettati dalla razionalità delle regole. Degli appuntamenti da non perdere. Mi piace sbirciare al di là della finestra, escludendo il contorno e proiettando lo sguardo su quello che potrebbe.

Tutto questo grazie ad un abbraccio.

Fernanda