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Considerazioni e bilanci in occasione della Giornata Mondiale dedicata alla libertà di stampa.


 

“Media, sviluppo e sradicamento della povertà”, questo il tema scelto dall’Unesco per celebrare il tre maggio scorso la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, che è stata ricordata con iniziative in tutto il mondo, in un momento, quello attuale, in cui per questo settore spirano venti di forte crisi.

A testimoniarlo, il rapporto annuale di Reporter sans frontieres, presentato a Parigi, proprio in occasione di quella data che rivela che il diritto all’attività giornalistica non è uguale a tutte le latitudini e che in alcune zone del pianeta, si continua a pagare con la vita. Nel 2005, si parla di 63 giornalisti e 5 collaboratori uccisi nel mondo, oltre 800 fermati dalla polizia, oltre 1300 aggrediti, minacciati o censurati. L’area più a rischio è quella mediorientale con l’Iraq (dove tuttora 3 giornalisti sono trattenuti in ostaggio), Libano ed Iran. Anche il continente americano resta un’area pericolosa, in particolare il Messico, dove dall’inizio dell’anno sono 5 i morti. Seguono, poi, Colombia, Ecuador, Venezuela, Cuba, Costa d’Avorio, Gambia, Uganda, Birmania, Cina, Nepal. Anche in Europa, nel 2005 la situazione è peggiorata, 5 i giornalisti uccisi, di cui due in Russia. Ma gli attacchi nel continente europeo alla libertà di stampa riguardano soprattutto la segretezza del fonti, fondamentale nel giornalismo investigativo.

L’Italia, nella classifica stilata dalla Freedom House, associazione americana non governativa, è solo al 79° posto quanto a libertà di stampa, insieme al Botswana. Si stenderebbe a crederci, ma è proprio così. Uno dei paesi più industrializzati del mondo è esageratamente carente relativamente alla libertà d’informazione ed alla libertà del mercato dei media. Sembrerebbe che a farci precipitare dal 77° posto ( che occupavamo nell’ultimo rapporto) al 79°, sia l’irrisolto conflitto di interessi. La commistione tra politica, affari e media avrebbe determinato quest’inevitabile crollo, aggravato dalla chiusura del mercato e della raccolta pubblicitaria.

Non sono mancate, comunque, in Italia, nonostante la sua retrocessione, iniziative per ricordare l’importanza e la necessità della libertà di espressione che nella stampa trova la sua dimensione più naturale ed appropriata. Molti, infatti, i convegni e i dibattiti nelle principali città italiane promossi dalla Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco volti a riaffermare l’importanza della libertà di stampa come diritto fondamentale sancito dall’art. 19 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo. Anche a Cosenza, in Calabria, l’associazione dei Giornalisti cosentini “Maria Rosaria Sessa” ha organizzato un incontro con gli studenti sul tema “Libertà di Stampa oggi in Europa e nel Mondo”. All’incontro, i numerosi giornalisti presenti, partendo dal tema centrale scelto dall’Unesco hanno dato il loro apporto, suscitando, nei giovani entusiasmo e consensi. Dai più si è sostenuto che i media, liberi e indipendenti, rappresentano lo strumento della società più adatto a fornire ai cittadini le informazioni di cui necessitano per indirizzare e sostenere riforme di governo e riduzione della povertà con la vittoria della democrazia. “Non esiste un documento che riconosca i diritti fondamentali dell’uomo che non annoveri tra i primari, il diritto all’informazione – ha affermato il presidente della “Sessa” Gregorio Corigliano, giornalista Rai – che rappresenta la base di tutte le libertà. Laddove esiste la censura non esiste la democrazia e lo sviluppo, pertanto la libertà di stampa è da annoverare tra i propri insopprimibili diritti individuali, da considerare come una conquista non acquisita ma da difendere giorno per giorno.”

In molte redazioni, inoltre, sono stati commemorati giornalisti uccisi mentre svolgevano il loro lavoro in zone belliche e non solo. La storia italiana è infatti costellata da professionisti che hanno creduto fermamente nella necessità di far conoscere la verità, quella “scomoda”, pur consapevoli dei pericoli a cui si esponevano, è il caso di Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli, Enzo Baldoni, mai più ritornati dalle zone di guerra in cui operavano. Anche “i morti” in redazione non si contano. Chi non ricorda Mauro De Mauro o Walter Tobagi e tanti altri. Il primo, cronista dell’Ora di Palermo, scomparso il 16 settembre del 1970, mai più ritrovato, né vivo, né morto, aveva ricevuto qualche tempo prima, l’incarico dal regista Francesco Rosi, di ricostruire le ultime ore di vita del presidente dell’Eni, Enrico Mattei, vittima di un incidente aereo (?) alle porte di Pavia. Nello stesso periodo, il cronista siciliano apprendeva che si preparava un colpo di Stato, passato poi alla storia come la “notte di Tora-Tora” (7/8 dicembre del 1970). Da qualche mese il caso De Mauro è stato riaperto e poco più di un mese fa ha ripreso il via a Palermo il processo per l’omicidio del giornalista. Walter Tobagi, invece, da redattore del “Zanzara”, storico giornale del liceo classico “Parini” di Milano, era approdato, dopo lunga gavetta, come punta di diamante, al Corriere della Sera, dove si occupava di politica e di inchieste sul fronte del terrorismo sia di destra che di sinistra. Tobagi è stato ucciso il 28 maggio del 1980, la sera prima al Circolo della stampa di Milano, riunito per discutere del caso “Isman”, un giornalista del Messaggero, incarcerato per aver pubblicato un documento sul terrorismo, aveva parlato a lungo della libertà di stampa, sarebbe stata la sua ultima volta.

Il tempo è passato ma ancora ed anzi sempre di più si tende (e spesso si riesce come dicono i dati), con modalità diverse, più o meno violente, più o meno subdole, ad imbavagliare la libera circolazione delle idee e delle opinioni. La sete di potere ed il timore di perderlo, ne stanno alla base. Manipolare, veicolare, gestire l’informazione è un mezzo potente per esercitare il controllo sulla gente, sulla popolazione. La storia è piena di fatti, documenti che hanno riempito pagine tristi, tragiche, impresse nella nostra memoria. Da sempre il primo segnale della perdita dei diritti fondamentali dell’individuo è stato la censura verso gli organi di informazione, verso tutti coloro che si sono battuti e si battono per il diritto all’opinione, per il diritto di esprimere e diffondere le proprie idee. Questo compito, oggi più che mai spetta ai giornalisti e la giornata che si è appena celebrata ne è la piena testimonianza.

Il 3 maggio, dunque, è dedicato a tutti coloro che lottano per la libera informazione, sia nei siti di guerra che nelle “battaglie” delle loro redazioni, agli scomparsi, a Suresh e Ranjith, gli ultimi uccisi, il giorno prima, il 2 maggio nello Sri Lanka, nello stato di Jaffna, mentre chiudevano l’edizione di “Uthyan”. A May Chidiac, giornalista libanese, cui è stato assegnato quest’anno il premio dell’Unesco, scampata lo scorso 25 settembre ad un attentato e che, anche senza un braccio ed una gamba, ha dichiarato che non si farà intimorire da ciò che è successo.

Per questi ed in nome di questi, il giornalismo, forse, potrà continuare ad essere libero, vero, coraggioso. Buona libertà di stampa a tutti.

Maria Cipparrone