Un film per parlare di
etica, e non solo, vincitore nella notte degli
“oscar”.
E’ una scelta ambiziosa, forse anche in qualche modo rischiosa,
quella presa dal CineClub “Vittorio De Sica” – Cinit – (nei suoi annuali
programmi di cultura cinematografica) di invitare gli studenti a confrontarsi
con una tematica forte, che contagia etica e religione, e che investe in toto
il concetto comune di eutanasia. E lo fa mediante il dibattito che scaturisce
dalla visione di un film, quello che ha commosso in maniera più intensa il pubblico e la critica all’ultima
Mostra di Venezia, che pure lo ha premiato con il Leone d’argento e la Coppa
Volpi al suo protagonista, Javier Bardem. Parliamo di “Mare dentro” diretto
dallo spagnolo Alejandro Amenabar, che ne ha scritto anche le musiche e curato
il montaggio e che, da qualche giorno, nella notte degli oscar si è aggiudicato
un pò di statuette.
Un film sul significato della vita nella condivisione della
disabilità, il diritto di continuare a vivere oppure scegliere di morire,
l’etica e la religione, la famiglia e la dottrina della Chiesa: elementi che il
giovane regista spagnolo riesce in maniera davvero magistrale ad assemblare su
un filo narrativo esile quanto avvolgente. La storia è tratta della vicenda
umana del poeta spagnolo Ramon Sampedro, che per un incidente in mare è
costretto a vivere in un letto, dipendente per ogni movimento.
Il regista non fa mai cadere di tono lo snodarsi della storia, coinvolge lo spettatore premendo (forse un
po’ troppo) sui toni emotivi, ma va detto che il tema è talmente delicato che
in ogni scena poteva rischiare di cadere nella retorica o in una più netta
presa di posizione. Cosa che tuttavia sembra faccia (in maniera un po’ ingenua)
nei confronti della Chiesa o della Legge. Rimane il fatto che affronta con
coraggio una tematica talmente forte usando tecniche registiche di assoluta
valenza. Come gli attacchi in dissolvenza sui volti dei protagonisti,
(bravissimi pure Mabel Rivera, Belén Renda, Celso Bugallo), come le profondità
di campo, come la fotografia carica di colori, come i poetici piani sequenza
aerei che evocano una idea antica di libertà, quando esce dallo stretto
claustrofobico della stanza sul cui letto è inchiodato da venti anni, e vola
verso il mare.
A dare corpo alle tematiche una immensa interpretazione di Bardem,
che recita il film sussurrando parole dure come macigni. Veste il corpo
tetraplegico del poeta Ramon Sampedro, amante del mare al punto da morirne. Al
cospetto della sua famiglia di contadini che si prende cura al punto da
rappresentarne la parte più vitale di se stessa, nonostante Ramon desideri
ardentemente di porre fine alla sua esistenza. E c’è posto per l’amore, per un
rapporto padre-figlio mai esausto, per la gelosia fra donne e per la carità.
Amenabar ha realizzato un film estremamente poetico, tratta con leggerezza un
tema antico come la morte, ci commuove con la semplicità che solo i maestri
sanno manifestare.
Armando Lostaglio