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Una Lybra, l’assillo della perfezione… e tante paure. Gli diamo una mano?


In questo lavoro, così come negli altri della medesima sottosezione, si riportano estrapolati di colloqui analitici, finalizzati ad affrontare argomenti di interesse pubblico. L’operazione, con il consenso degli interessati, rispetta tutti i dettami della legge sulla Privacy ed i principi del rispetto e della correttezza professionale.

BUONA LETTURA

Buonasera, dottore, in questo incontro vorrei riprendere il discorso che avevamo lasciato sospeso nel nostro precedente colloquio (da cui è scaturito l’articolo “Ossessioni e dispercezioni” N.d.R.), partendo dalla lettura delle definizioni del temine “errore” e di quello relativo al concetto di “perfezione”, riportati dai dizionari della lingua italiana.

Bene, cominciamo pure.

Per errore si intende “allontanamento da ciò che è giusto, corretto.”

Qualificato il termine, ci dobbiamo porre la seguente domanda: “corretto rispetto a cosa?”

Non capisco…

Torniamo ad un argomento che la vede molto coinvolto, emotivamente parlando: la guida della sua automobile.

Ahi, ahi!

Lei, pretendendo la perfezione da se stesso, “conduce” la sua Lancia Lybra, in genere, con un sovrappiù di aggressività in conflitto, per cui le si annebbia la capacità di guida corretta e, quando affronta le curve, “corre il rischio” ( a suo modo di vedere le cose) di non eseguire in maniera precisa le traiettorie curvilinee.

E a quel punto sono “Dolori”! mi innervosisco moltissimo e la mia giornata ne risente in maniera negativa!

Perché?

Perché ho commesso un errore… e mi da terribilmente fastidio, ecco perché!

Comunque, nel caso in questione possiamo dichiarare che c’è stato un errore ma anche un’azione corretta.

… e non è possibile!

L’errore è da individuare nella manovra che si è discostata dagli standard di efficacia; l’elemento corretto si inquadra nello scarico della tensione, il che è utile, corretto e necessario.

Sono confuso…

Scusi, secondo lei è meglio mantenere un livello di tensione vicino all’equilibrio oppure è preferibile tentare di non commettere errori, accumulare stress… e poi sentirsi male?

Meglio la prima ipotesi.

Quindi non può definirsi in errore. Inoltre, vorrei attirare la sua attenzione su un altro dato importante…

A si? E quale?

Tutte le volte che il suo livello di efficienza diminuisce, ciò è legato a funzionalità che necessitano di recuperi e pause. Di fronte ad una riduzione del rendimento psicofisico lei ritiene che la sua personalità si riduca di valore.

Effettivamente è così!

E può essere corretta, una simile conclusione?

Non lo so!

L’efficienza e la funzionalità umana dipendono da tutto un sistema cronobiologico (che tiene conto di un ritmo circadiano (che dura circa 24 ore), influenzato dalle varie attività svolte, dalle frustrazioni, dalle gratificazioni, dai flussi ormonali (che si modificano durante la giornata), dal tipo di alimentazione adottata, etc. il rendimento sarebbe costante solo se lei fosse un robot.

In me però subentra insicurezza.

Ma ciò non sminuisce la personalità! La macchina è una parte della sua personalità?


Si!

Mi può dimostrare come fa ad essere parte di sé?

Arterie, fegato, ossa, muscoli e cervello sono dentro di sé, ma la macchina non fa parte della personalità che, per definizione, rappresenta il complesso delle caratteristiche psicologiche, morali ed intellettuali di un individuo.

Si… ma…

Niente se né ma, l’automobile è qualcosa che lei ha fatto diventare importante, costruendosi la convinzione che fosse un plusvalore indispensabile per l’autostima. In un contesto poco gratificante, la macchina assume una connotazione rilevante, ma è solo un lavorio del pensiero a renderla importante…

E perché… maledizione?

Per apprendimenti errati. Lei vagheggia l’immagine di un ideale di perfezione che, se scompare, crea riflessi sull’umore. In pratica, cerca qualcosa che la soddisfi funzionando perfettamente: quando ciò non avviene, si infastidisce.

E’ cosi!

Ma la macchina è perfetta? può essere perfetta?

Per me sì!

E me lo dimostri, allora!

Ma stiamo parlando della mia Lybra?

Faccia un po’ lei!

Dunque… vediamo…

Provo a darle una mano. Secondo i dizionari della lingua italiana, è perfetta qualcosa costruita in maniera che meglio… non si può! Come può un essere umano, che non è perfetto, costruire qualcosa che meglio non si può, in senso assoluto? Sarebbe come non prevedere più dei margini di miglioramento!

Ma io non voglio rinunciare al concetto che ho, della macchina!

Può continuare a venerare la sua auto solo a patto che sia consapevole di farlo, per necessità di gratificazioni e non perché è giusto.

Per quanto tempo?

Mi rendo conto che, in questo momento, teme di cambiare le sue posizioni, per cui mi limiterò a dirle che, quando creerà le giuste condizioni, la cosa non le peserà affatto.

Ma perché mi arrabbio quando penso che la vettura si sta degradando, oppure quando commetto errori nella guida?

Siccome non ha imparato a proteggere se stesso, cerca di proteggere qualcosa che le appartiene e che le apporta emozioni positive. Per molto tempo lei si è ritenuto un errore, per cui la “via di fuga” è stata la proiezione su uno strumento meccanico: in questo modo, anche se le sembrerà strano, lei si è mantenuto sano di mente Oggi, però, non c’è più bisogno di questo, lei può avere di più dalla vita… senza assilli, però.

E la paura che provo?

La paura nasce dal dubbio di non essere in grado di raggiungere la perfezione, che, comunque, non può essere un obiettivo in quanto è fuori da ogni criterio di realtà. semmai, la consapevolezza di poter migliorare continuamente, potrebbe darle gusto, a trascorrere le giornate.

E quanti sbagli dovrò commettere prima di ritrovarmi migliore?

Lei conosce Gandhi?

Si, certo

Allora le risponderò citando un suo aforisma: “Non vale la pena avere la libertà se questo non implica avere la libertà di sbagliare”.

Si è vero, voglio uscire da questa gabbia… ma quanta paura!

Questa sera, voglio salutarla con una vecchia massima cinese, che le farà buona compagnia: “Che gli uccelli dell’ansia e della preoccupazione volino sulla vostra testa, non potete impedirlo; ma potete evitare che vi costruiscano un nido”.


G. M. – Medico Psicoterapeuta

Il presente lavoro è stato svolto con la collaborazione di Gianluca Ionà