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Le considerazioni di un preside…chi meglio di lui?


Ancora una volta, la maggioranza di governo ha varato una ennesima riforma degli studi.

Si sono voluti predisporre nuovi criteri per un’organizzazione scolastica adeguata ai moderni confini del sapere, al passo con il continuo sviluppo scientifico, adeguandoli ad una visione globalizzante del mondo, che tenga conto della rivoluzione mediatica, la cui rete avvolge il nostro globo in una ragnatela di rapporti intercontinentali e, quindi, predisporre le giovani generazioni ad un impatto comunicativo che mira a risolvere, in tempi realisticamente abbreviati, i vari rapporti interstatuali; in special modo, la dinamica dei rapporti economici, completamente gestiti, ormai, dalle grandi Holding; la moderna scuola deve, in tal modo, preparare una miriade di quadri operativi destinati, esclusivamente, a svolgere compiti esecutivi.


Per essere più crudamente realistici, i nostri giovani sono destinati a frequentare una scuola atrofizzata in un puro scientismo ed aliena da ogni sviluppo logico, filosofico e matematico. Infatti, fin dalla nuova strutturazione della scuola elementare, i piccoli alunni dovranno apprendere l’uso del computer, e con ciò, non si vuole denigrare la funzionalità e la praticità di questo moderno mezzo di comunicazione; si vuole soltanto avvertire che l’esercitazione quotidiana su di una tastiera e la consequenziale ipnosi ottica e mentale esercitata da monitors e da floppy-disck appositamente studiati, minano, lentamente e a lungo andare, l’autonomia del pensiero, e, in special modo, elimineranno il mondo fantastico della fanciullezza.



E’ chiaramente dimostrato che l’uso di sussidi didattici (ed il computer è un ottimo supporto didattico) facilitano, enormemente, l’azione pedagogica; in contrapposizione alla scuola elementare del 1800 e della prima metà del 1900, allorché l’insegnamento si riduceva ad un’attività d’insegnamento estremamente arida: quando si affermava che si andava alla scuola primaria per imparare “a leggere, scrivere e far di conto”; solo negli ultimi trent’anni si è compreso che la scuola elementare non può limitarsi all’insegnamento della scrittura e della lettura, ma deve saper educare gli alunni a saper ascoltare e a saper parlare : e, a tal fine, assume grande valore lo studio delle lingue straniere.

Orbene, costringere le tenere menti dei bimbi a sprofondare nel quarzo verdastro di un video, significa atrofizzare voce e udito, limitare, se non annullare, la fantasia; rendere evanescente la realtà, distogliere il soggetto alunno dall’autonomia delle scelte, per poi isolarlo dalle aggregazioni sociali, da quel mondo di giochi e da quella attività motoria che rappresenta la prima presa di coscienza della propria corporeità, oltre che strutturazione della propria personalità.



Tutti possono, con un minimo di esercitazione, imparare l’uso di un computer, allo stesso modo, come si è appreso l’uso della macchina da scrivere, o quello della calcolatrice tascabile multifunzionale.

Pertanto, la scuola pubblica deve coltivare, primariamente, lo sviluppo educativo e culturale dei ragazzi e dei giovani, renderli partecipi del sapere, inteso come valore di civiltà e di progresso, promuovere il culto della libertà e della democrazia, al fine di elevare, sempre più, la convivenza sociale, il progresso della nazione, e favorire, poi, nella loro specificità, tutte quelle conoscenze intellettive, operative creative, per affinare, sempre più, le capacità logiche necessarie a far maturare, in ciascuno, la propria coscienza, perché i giovani sappiano compiere quelle scelte decisionali per un migliore rapporto con la società in cui operano.


Giuseppe Chiaia ( preside )