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Un momento di attenzione… prego!


…Per crescere meglio – 7

Caro “Dottore”, siamo alla fine di un caldissimo luglio… proviamo a rinfrescarci la mente, chiarendoci alcune idee sul rapporto con i “pargoli”!

Proviamo!

Ancora prima di riuscire ad articolare le prime parole, a che età (parlo ovviamente di mesi) il bambino riesce a decodificare il linguaggio?

Guarda…siccome il linguaggio si divide in significato e significante, dove per significante intendiamo il tipo di energia che si trasmette mediante le parole ed i gesti, si può dire che il bambino decodifica sin da subito perchè basta fare un po’ di mente locale…

…Ognuno dialoga con i neonati prevalentemente in maniera temperamentale… con dei gorgheggi e, ogni tanto, con le parole che però vengono marcate, in genere, volutamente con energia affettiva positiva.. Quindi, per questi motivi, il neonato decodifica il linguaggio da subito… nel tempo, dipende dal tipo di crescita che ha, dal tipo di famiglia in cui vive e dal tipo di sollecitazioni che riceve… comincia il significato delle prime parole (anche intorno ai 5 – 6 mesi) a 4- 5 mesi… però posso dirti che, già dal primo mese di vita, quando il bambino sente parlare il padre o la madre, lo cerca con gli occhi.

E questo ho avuto il piacere di verificarlo direttamente!

A proposito di stimoli….

I figli, è vero, vanno stimolati, ma ci sono alcuni genitori (che mi sembrano esagerati!) che parlano continuamente con i propri figli, non li lasciano in pace perché hanno fretta che imparino presto a parlare, a fare questo o quello… cioè… anche io l’ho fatto, ma in una maniera che ritengo giusta e misurata visto che mia figlia si è rivelata (e continua a farlo) una bambina sveglia, pronta…. però ci sono alcuni bambini che mi fanno addirittura pena in quanto devono, secondo le pressioni e le sollecitazioni dei genitori, diventare “super”… devono precorrere i tempi, devono fare presto..

Tu che ne pensi?

Basta osservare la disponibilità del bambino; è lui che ti fa capire quando vuole ascoltare le tue parole, quando vuole giocare con te, quando vuole impegnarsi da solo. Da tanto tempo ormai esistono dei giochi specifici per bambini, a seconda dell’età ( le palestrine, i tappetini multiattività, i sonaglini… ecc.) e così, dal grado di attenzione che dimostra il bambino, puoi prenderlo fra le braccia e parlare in maniera chiara facendo prevalere l’aspetto neutrergico-affettivo, perché il bambino piccolo è molto neutrergico (difatti l’aggressività la manifesta solo nei disagi come fame, freddo, bisogno di essere cambiato) e poco affettivo (perché nessuno, fino a quel momento lo ha “nutrito” a sufficienza, in tal senso)… ma è molto, molto curioso, in maniera quasi “scientifica”!

In definitiva, bisogna essere pronti a rispondere alle sue esigenze poiché i tempi non sono uguali per tutti e, anche per quanto riguarda lo stesso bambino, non si ripetono allo stesso modo.

Abbiamo bisogno di ricordare che il bambino è un essere vivente diverso da noi con una sua autonomia (che aumenta progressivamente) ed una sua individualità; non è un nostro prolungamento né un animale domestico e non è, infine, un oggetto che ci serve per fare bella figura nei confronti del sociale.

Molti fanno, credo io, l’errore di cominciare a “lavorare” con i figli per dare quella che comunemente chiamiamo educazione troppo tardi… dicono “tanto ancora non capisce!”.

Quando secondo loro è il momento di cominciare ci sono già dei danni ai quali poi non riescono a rimediare.

Come si agisce in tutto questo?… perchè poi senti dei genitori che si lamentano: “Eh… non mi sta a sentire!” e vedi che lì, anche su bimbi piccoli, cominciano a volare i primi schiaffi e le prime violenze…

Dico io “..ma pensateci prima!”

Io, per esempio con Tatiana ho cominciato a pensarci quando mi sentivo dire “… ma ancora non capisce” …Magari le facevo delle occhiatacce… ed è servito!

Come al solito, questo rappresenta un problema relativo alla personalità dei genitori.

Un bambino ha bisogno, come dicevo prima, di un dialogo neutrergico per cui il genitore ha come ruolo quello di osservatore e stimolatore per aiutarlo nella crescita. Ovviamente, bisogna tenere gli occhi bene aperti per intervenire nel caso in cui ci si accorga che il bambino stia correndo qualche pericolo! Nei primi mesi si può maggiormente correre il rischio che il figlio possa andare incontro a degli incidenti domestici e, dal momento che il bambino è pronto a ricevere messaggi dal mondo esterno, basta parlargli in maniera neutrergica perché acquisisca quella spiegazione quasi fosse un algoritmo da computer e cioè imparare che quella cosa è bene non farla senza il bisogno di imprimergli l’aggravante aggressiva negativa (psicologica e fisica) perché il bambino non avverte la necessità di sfuggire al controllo dei genitori, non ha ancora questa concezione mentale… potrà averla in seguito quando si renderà conto che, fra lui ed un suo eventuale obiettivo, si frapporranno i suoi genitori e quindi cercherà di trovare delle strategie per aggirare l’ostacolo. Quando è piccolo, al primo anno di vita, questo non accade per cui è bene che esprima la sua vitalità, il suo bisogno di fare esperienze, è bene che venga controllato; è bene, comunque, che venga protetto da imprevisti.

In seguito si continua sempre con lo stesso criterio avendo cura di evitare la frequentazione prolungata con persone che possono trasmettere messaggi diversi… magari stimolandoli ad un eccessivo comportamento permissivo per cui poi non esistono più regole: a quel punto, il rapporto con il figlio diventa difficilmente gestibile… ma per colpa del mondo esterno, non per colpa del bambino… il quale, se avesse ricevuto solo la trasmissione di messaggi corretti, instaurerebbe un rapporto eccezionale in quanto prevalentemente logico, rendendosi conto di ciò che è meglio evitare e di quello che è preferibile fare.

I primi rudimenti di “disciplina”, tenuto conto di una crescita più o meno naturale, si possono cominciare a trasmettere dai 4 anni in poi, ma già da questa età, se si rispettano i principi che ti ho accennato, grossi problemi non se ne hanno… perchè tutto quello che rientra nella “marachella” in realtà è solo bisogno di fare esperienza e, se questo non costituisce un pericolo, non bisogna impedirglielo. Vorrei fari presente che esistono dei fattori disturbanti in un corretto percorso educativo, fra cui mi vengono in mente: i cattivi esempi comportamentali (soprattutto quelli dei genitori); le incoerenze osservabili; le difficoltà di vita dei genitori che, inevitabilmente si riflettono nel rapporto con i figli; i tanti messaggi diseducativi ricevuti dai media; etc.

Insomma, che compito ha un genitore?

Quello di fornire tutte le spiegazioni possibili, in maniera coerente ed autorevole (quindi senza imposizioni che non verrebbero capite dal figlio), anche se, a volte, in maniera ferma e decisa, per trasformare l’egocentrismo del bambino (per cui quest’ultimo ritiene normale che tutti debbano essere al suo servizio) in egoismo positivo e cioè abituandolo a capire che, per ogni cosa che ottiene, deve dare qualcos’altro in cambio: una sorta di scambio solidale, insomma!


È un processo lungo e difficile che, se le cose vanno bene, si concluderà non prima dei 15- 16 anni con alterne vicende non prive anche di scontri perché in questo, come al solito, interviene il mondo esterno con i mass-media, i nonni, i compagni di classe (che crescono in famiglie molto differenti)….

Nel mio caso, direi molto i nonni… i nonni! Eh… beh… ne sa qualcosa anche mia figlia!!!

Tu sei stato molto fortunato da questo punto di vista, perché i tuoi genitori hanno dimostrato di non invadere gli spazi!

Mi rendo conto, anche come genitore, che è molto difficile crescere dei bambini. Nella nostra Società, in un arco di tempo ristretto, che va dai 30 ai 40/45 anni, in genere siamo costretti a terminare gli studi, raggiungere una solidità economica, costruire un buon rapporto di coppia, formare una famiglia ed impostare un piano educativo nei confronti dei figli: è umanamente TROPPO!


In altri paesi, come ad esempio la Francia, i genitori vengono seguiti e assistiti in questo difficile e gravoso compito. Ad esempio, fin dai primi mesi di gravidanza si percepiscono dei congrui assegni familiari per allestire tutto il corredino; se la gravidanza presenta dei problemi, si ha diritto ad un aiuto gratuito in casa (per le pulizie e la spesa) con l’aggiunta di un’ostetrica ed un’infermiera… ovviamente a carico dello Stato. Inoltre, al momento del parto, l’assistenza è di prim’ordine con alloggiamento in camera singola con bagno, sempre gratis. Tutte le visite necessarie del post parto sono a carico del servizio sanitario nazionale e, quando sarà il momento di tornare a lavorare, la baby-sitter è pronta… senza sborsare un Euro!

Poi si meravigliano se in Francia nascono più figli che da noi!

Uh… si è fatto tardi.. devo correre via….

Ma perché quando sono qui non mi accorgo del tempo che passa?

Ciao doc!… non ti sciogliere col caldo… abbiamo ancora bisogno di te!

 G. M. & S. L.