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Come si reagisce alle frustrazioni? Una guida per sopravvivere alle difficoltà quotidiane e “digerire” il logorio della vita moderna.



Come si reagisce alle frustrazioni ? (Le Frustrazioni – Capitolo II°)


  1. Cos’è una frustrazione?
  2. Quanti tipi ne esistono?
  3. Sono sempre dannose o possono rivelarsi utili per maturare?

Questi sono gli argomenti affrontati nel precedente articolo dedicato a quegli ostacoli fastidiosi che, frequentemente, complicano la vita di ognuno di noi.

Siamo arrivati alla conclusione che, a seconda del tipo di frustrazione, si dovrà elaborare una strategia differente per riuscire a superare la sofferenza prodotta.

Dal momento che, con il termine frustrazione, definiamo il disagio prodotto rispetto ad un ostacolo incontrato durante il cammino di vita, possiamo concludere che l’intensità dell’evento frustrante risulta essere direttamente proporzionale alla risposta elaborata dal proprio mondo interno.

Giovanni Russo (medico psicoterapeuta) ha, spesso, parlato della possibilità di “costruire” ed “attivare” delle griglie di protezione mentale in grado di attenuare l’impatto dei cimenti esterni e dei negativismi “endogeni” (conflitti interiori “maceranti”).

Queste griglie attivano tre livelli di protezione.

  1. In Entrata: riducono considerevolmente l’ingresso di dati negativi dal mondo esterno, vedono coinvolti, prevalentemente, apprendimento, percezione e logica, diminuiscono il turbamento dell’umore.
  2. In Elaborazione: impediscono la produzione di idee in conflitto, si attivano principalmente corretti elaborati di pensiero con verifica di logica, consentono di mantenere uno stato d’animo sufficientemente stabile.
  3. In Uscita: aiutano ad evitare la comunicazione di contenuti negativi, coinvolgono il meglio del proprio comportamento, ed evitano di danneggiare chi sta intorno mantenendo un comportamento “adeguato” anche in circostanze “difficili”.

La costruzione di tali meccanismi protettivi si realizza attraverso lo sviluppo delle proprie capacità interiori, mediante un corretto trattamento di psicoterapia (possibilmente, ad Indirizzo Dinamico) e risulta essere tanto più efficace quanto più ci si avvicina all’assetto esposto di seguito:



  • Identità equilibrata (per riuscire a volersi bene);
  • Ambiente esterno a basso tenore di frustrazioni (per non “appesantirsi”);
  • Elasticità mentale (per non irritare la propria suscettibilità);
  • Visione “aperta” della realtà della vita (per non turbarsi, anche di fronte agli eventi “più strani”);
  • Efficace smaltimento dei fastidi prodotti (per non accumulare tossine mentali).

Prima di entrare nello specifico delle varie situazioni da affrontare, cerchiamo di capire come, in maniera oggettiva, si reagisce alle frustrazioni, in genere.

Come reagiscono i bambini?

Quando non vengono soffocati da un modello educativo estremamente rigido, attuano (inconsapevolmente) uno scarico di tensioni, rispondendo a stimoli fastidiosi mediante grida, pianti o altro.

Nel caso in cui, invece, ci si trova di fronte a difficoltà di “canalizzazione” dell’energia (magari per qualche “errore” educativo), la situazione può cambiare considerevolmente.

Ad esempio, un bambino dalla sensibilità molto sviluppata e con qualche “blocco” emotivo, potrà esprimersi:

  1. in modo abnorme rispetto all’entità dello stimolo;
  2. comprimendo le proprie risposte emotive e producendo disturbi psicosomatici.

Come reagiscono gli adulti?

La situazione, in questo caso, è un po’ più complessa: in genere (almeno finché non si raggiunge il colmo della misura) la persona adulta valuta la situazione frustrante e la provenienza del fastidio attuando, a volte, un meccanismo di repressione delle proprie reazioni aggressive. Prima di analizzare il sistema migliore di approccio con le frustrazioni, cerchiamo d osservare cosa accade quando si reprimono le proprie emozioni.

Tutto quello che reprimiamo (bloccando ed impedendo la manifestazione dei propri sentimenti) rappresenta energia “imbrigliata” ma pronta ad esplodere violentemente ed in maniera sproporzionata, di fronte a sollecitazioni che possono anche non essere collegate con l’evento che abbiamo represso.


Come si può agire per evitare di reprimere ?


Cosa si reprime? UN SENTIMENTO, in base agli eventi !

QUINDI, PER PRIMA COSA, E’ NECESSARIO ANALIZZARE GLI EVENTI E FARE UNA SERIE DI RIFLESSIONI:

  • se, analizzando gli eventi, si scopre di avere torto, non ha senso ribellarsi all’altro e poi reprimere la ribellione !
  • quando i fatti mostrano che non dipende da responsabilità personali l’evento a seguito del quale si reprime ma che è soltanto una motivazione di aggressività da parte dell’altro, bisogna fare delle valutazioni in merito a chi ci ha dato fastidio; se la persona ci interessa si può, temporaneamente, sospendere il fastidio (non reprimerlo !) per analizzare (in un secondo momento), insieme, l’evento frustrante; se la persona non ci interessa, si può decidere di non prendere proprio in considerazione la “provocazione” oppure di reagire anche violentemente, a seconda della capacità di metabolizzazione energetica di quel preciso momento e della eventuale pericolosità del personaggio che ci si trova di fronte.

il sistema migliore di affrontare le frustrazioni, prevede due momenti consequenziali:


  1. Assorbimento della frustrazione (accettare il problema e affrontandolo, senza tentare di sfuggirgli);
  2. Smaltimento della frustrazione (“digerire” la sofferenza attivando sistemi di risoluzione).

Abbiamo già visto, nel precedente lavoro sulle frustrazioni che, queste ultime, vengono distinte in:


  • PRIMARIE – quando manca l’oggetto necessario a soddisfare il bisogno; ad esempio, non riuscire a soddisfare la sete per mancanza di acqua in zone desertiche à sono frustrazioni che lasciano un segno indelebile nella mente dell’essere umano: ad esempio, chi ha patito la fame, in tempo di guerra, prova un bisogno quasi irrefrenabile di accaparrarsi scorte alimentari anche in tempi in cui tale necessità risulta essere irrazionale.
  • SECONDARIE – quando è possibile affrontare e risolvere la sofferenza prodotta da ostacoli e difficoltà.

A sua volta, l’ostacolo può essere:

  • INTERNO (all’essere umano) o ESTERNO (riguardante l’ambiente che interagisce con l’essere umano);
  • ATTIVO (se, per la risoluzione del problema, si prevede il coinvolgimento della volontà del soggetto i questione) o PASSIVO (se la difficoltà non può essere superata con La semplice attivazione della volontà).

Di conseguenza, le frustrazioni negative secondarie, potranno essere classificate in:

  • ATTIVE INTERNE
  • ATTIVE ESTERNE
  • PASSIVE INTERNE
  • PASSIVE ESTERNE

Ora analizzeremo come si possono assorbire e metabolizzare i diversi tipi di frustrazioni.


  1. Esempio di Frustrazione Passiva Esterna: Perdita di un affetto (abbandono – decesso):

  2. a) bisogna ridistribuire l’energia precedentemente convogliata nel rapporto con la persona in questione, attraverso la creazione e/o il miglioramento di altri rapporti umani;

    b) è necessario operare delle riflessioni in termini di realtà umana (concetto di vita e di morte, valutazione “globale” della persona venuta a mancare, per stabilire “razionalmente” quanto ci è stata utile e quanti fastidi ci ha procurato) ricordandosi che, nonostante tutto, la tutela della propria identità “deve” prevalere, in base a precise Leggi di Natura.

    Questo tipo di frustrazione se non risolta, può produrre conflitti, per eventuali sensi di colpa.

  3. Esempio di Frustrazione Passiva Interna: Complessi di inferiorità (per anomalie fisiche, etc.):

  4. è necessario imparare ad accettare se stessi, “puntando” su quelli che sono i veri parametri di valutazione umana, superando il concetto “limitante” della competizione con l’atro: molti esseri umani non propriamente bellissimi, hanno raggiunto il successo lavorativo e familiare; inoltre, per godere di una vita piena di gratificazioni (affettive, etc.) non necessitano patrimoni economici.

    Questo tipo di frustrazione, se non risolta, produce conflitti fra la norma naturale ed il senso di inadeguatezza sociale.

  5. Esempio di Frustrazione Attiva Esterna: Decisioni da prendere, in merito a scelte di vita, con assunzione di possibili rischi:

  6. è indispensabile, per ridurre al minimo gli errori, operare delle scelte il più possibile logiche e razionali, per stabilire

    a) se si di appagare bisogni fondamentali, necessità non indispensabili, desideri effimeri;

    b) costi e benefici.

    Questo tipo di frustrazione, se non risolta, produce conflitti che inceppano le capacità decisionali.

  7. Esempio di Frustrazione Attiva Interna: Decisioni da prendere, in merito a scelte di vita (lavoro, affetti, ricerca di autonomia evolutiva, etc.) condizionate da apprendimenti morali, legami affettivi, etc.:


l’unica possibilità di uscirne, consiste nell’imparare ad utilizzare la logica, per riuscire a stabilire la correttezza delle proprie motivazioni, a dispetto di ciò che pensano gi altri e dei “ricatti” morali o affettivi.


Questo tipo di frustrazione, se non risolta, produce gravi psicosomatosi, per la presenza di conflittualità perenni dovute a maceranti sensi di colpa.

Dr. Giorgio Marchese

Medico psicoterapeuta

N.B. – Questo lavoro sulle frustrazioni riflette i contenuti delle tante lezioni che Giovanni Russo (medico psicoterapeuta) ha tenuto agli allievi della propria Scuola di Formazione di Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico, a Roma