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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.

Perché, conoscersi, comprendersi e (soprattutto) accettarsi per potere (infine) cambiare, aiuta senz’altro a vivere meglio.

Un giorno, da qualche parte, in qualche posto, inevitabilmente ti incontrerai con te stesso. E questa, solo questa, potrebbe essere la più felice o la più amara delle tue giornate”. (Pablo Neruda)

Questa riflessione di Pablo Neruda mi riporta a quello che ascolto, quasi senza soluzione di continuità, nella mia professione di psicoterapeuta

Cercare il senso della domanda: “cosa mi rimanda, l’immagine riflessa nello specchio?”

In questa puntata un po’ particolare, la  n° 110, vi inviterò in un viaggio  immaginario che racchiuda tutto il senso di tutto quello di cui abbiamo finora, attraverso la riscoperta del mondo delle emozioni.

Lo faremo attraverso un apparente monologo che rifletta, in realtà, il dialogo con l’interiorità di tutti noi e che sarà in grado di racchiudere il senso della vita, gli errori, le cose che non rifaremmo, quello che non abbiamo saputo spiegare. Quello che avremmo voluto e ciò che abbiamo meritato di ottenere.

La vita che vorrei o che avrei voluto insomma. Ma non soltanto un curiosare nell’anima di uno psicoterapeuta, piuttosto un parlarsi a cuore aperto.

Come, forse, non abbiamo fatto mai.

Vado così. 

Nella sesta decade della mia esistenza mi trascina, ancora, quella forza che non si sa bene da dove provenga: qualcuno la chiama: la forza della vita.

Io non la amo in quanto tale ma, piuttosto, per ciò che mi può dare attraverso l’impegno senza sosta.

Io non cerco, sempre, le strade migliori ma, per quanto mi è possibile, quelle chiare: semplici come una goccia d’acqua e, al tempo stesso, complesse come il bisogno di capire cosa c’è al di là. 

Quelle che vale la pena di percorrere.

Ho attraversato corsie, veloci nastri d’asfalto, ho cercato il brivido delle accelerazioni lineari per continuare, anche contro le sponde d’angolo. 

Forse ho voglia di fermarmi. Almeno per un po’. Per capire, comprendermi, accudirmi. E ripartire.

Dico di si, ma non assecondo: capisco e rispetto.

Ho scelto una professione che ha finito per essere il “mio” modo di essere.

Preferisco decidere da che parte stare, senza aspettare che mi venga indicato. Non chino la testa. No. Meglio lottare per sapere qual è il mondo per cui vale la pena morire!

A volte, un pensiero si fa strada. Non posso rimandare.

Mi tuffo nell’archivio della mia coscienza a caccia di sentenze da riconsiderare, ragnatele di ricordi da non spolverare, mille idee chiuse a chiave in un cassetto. 

Cerco il modo di sconfiggere i miei fantasmi persecutori attraverso foto di bambini che sfogliano pagine d’inverno.

In fondo, la primavera è solo un capitolo più avanti.

In apparenza sono più arido, rispetto a prima. In realtà, ho giustamente pagato per tutto quello che ha fatto soffrire chiunque mi abbia amato veramente

Ora, vorrei evitare di commettere gli stessi reati emotivi. 

E, spesso, preferisco il silenzio.

Non temo il tempo che scivola su di me, quanto, piuttosto, gli sguardi vuoti di chi si è arreso troppo facilmente. Questo, non lo posso accettare. A quel punto, meglio chinarsi in avanti per facilitare l’ineluttabile. 

Mi piace dipingere il sole. Che, in fondo è una stella di fotoni, in grado di spingere il battito del cuore e gli impulsi del cervello. Va bene anche la corrente alternata. Anzi, meglio. 

È forte chi cade… ma si rialza ogni volta.

Amo il blu, come quello del mare (che, poi, è lo stesso del cielo); ho, a volte, scelto il verde, come l’automobile che ho amato di più; in fondo preferisco il rosso, emoglobina: ossigeno propulsivo. Uso il grigio, per un necessario distacco.

Questa è la mia vita, divisa tra le parole degli altri e i pensieri che, come nuvole sospese, diventano frecce infuocate che il vento e la perizia sanno indirizzare.

Mi hanno spiegato che amiamo, veramente, chi ci aiuta a portare a “compimento” il rapporto più controverso che abbiamo vissuto: quello con nostra madre, che si porta dietro un immenso “lutto originario”.

Mi hanno invitato a rimandare il gusto del piacere, posponendolo a quello del dovere che, quindi, perversamente, ha finito per diventare, esso stesso, un piacere. Creandomi una vita di attesa…

Spesso, chi ci vuole bene, ci spinge a non demordere nel cercare di realizzare i sogni di quando eravamo bambini. Io credo, invece, che, nel momento in cui riusciamo a vivere nella maniera più giusta e sensata, saranno “quei” sogni a venire verso di noi, così da non doversi più affannare ma, soltanto sederci e assaporare…

Perché noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene (Emanuele Trevi – Due vite)

E allora, forse, non serve incontrarsi spesso: basta non perdersi mai

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale.

Buona “degustazione”

Un ringraziamento a Fernanda Annesi per avermi suggerito la riflessione finale di Emanuele Trevi

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