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“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione; e ho visto i raggi Beta balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”

Questo monologo, pronunciato da Rutger Hauer ed entrato nell’immaginario collettivo della cinematografia internazionale, costituisce la parte finale di Blade Runner, storica pellicola diretta da Ridley Scott nel 1982, che, pur presentandosi come thriller fantascientifico affronta, in realtà, temi filosofici profondi, come l’identità, l’umanità, la memoria, e il rapporto tra l’Essere Umano e il mistero che si cela nel buio dell’Intelligenza Artificiale umanoide

Cari Lettori, da che mondo è mondo, la sfera legata al Mistero ha esercitato, al tempo stesso, Fascino e Paura.

D’altronde, Fascino e Paura del Mistero sono due facce della stessa medaglia: la spinta a esplorare l’ignoto (per cercare risposte) e l’incertezza dell’oscurità.

Una maledetta (se vogliamo) “diatriba” interiore fra la voglia di trasgredire e il bisogno di sapere e la paura di non reggere il “peso” della scoperta.

La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l’universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l’insegnamento calato dall’alto, in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede. (Margherita Hack)

Mistero, peraltro, è un termine con cui si prova a identificare quanto rimane escluso dalla possibilità intuitiva o conoscitiva del nostro intelletto, precludendo un ragionevole orientamento e provocando reazioni di incertezza emotiva.

E, per quanto strano possa sembrare, i nostri occhi hanno una limitazione anatomica che ci costringe e stimola a fare i conti con la necessità di orientarci nel “buio”.

Nella retina, esiste una piccola area definita “punto cieco” che non contiene recettori per la luce e, quindi non percepisce le immagini. Il nostro cervello compensa questa mancanza, integrando l’informazione mancante con quella dell’occhio controlaterale e con ciò che lo circonda, provando a “immaginare” quello che c’è nel “Mistero dell’angolo buio”.

E’ così bello fissare il cielo e accorgersi di come non sia altro che un vero e proprio immenso laboratorio di fisica che si srotola sulle nostre teste. (Margherita Hack)

Ed è all’interno di questa particolare “sceneggiatura” che incontriamo Margherita Hack che,  a dodici anni dalla scomparsa (il 29 giugno 2013) è come se fosse ancora tra noi, tanto la lezione della sua vita è tuttora viva e feconda.

Astrofisica, divulgatrice scientifica e prima direttrice donna, in Italia, di un osservatorio astronomico: quello di Trieste.

Una famiglia di ferventi cattolici divorziati è più sana e serena di una felice coppia gay? (Margherita Hack)

Anticonformista, schietta e sempre fuori dalle righe, ha dato un contributo enorme alla divulgazione dell’astronomia in Italia, facendo appassionare generazioni di italiani alla scienza e promuovendo il ruolo di donne e ragazze nelle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica)

Una volta giunto il momento di scegliere l’università, decide di iscriversi alla facoltà di Lettere, ma cambia idea nel giro di poche settimane, iscrivendosi alla facoltà di Fisica, materia che aveva sempre amato ma mai approfondito per via del percorso all’interno del Liceo Classico.

Un anno dopo il matrimonio con Aldo de Rosa, nel febbraio 1944, si laurea con una tesi di astronomia su una delle Cefeidi (stelle variabili che aumentano e diminuiscono ciclicamente di diametro e luminosità), realizzata all’osservatorio di Arcetri di Firenze.

A metà degli anni Cinquanta ottiene due borse di studio, prima a Utrecht (Olanda) e poi a Berkeley (California), dove approfondisce i suoi studi “stellari” e, nel frattempo, viene addirittura proposta come membro dell’Unione Astronomica Internazionale.

Nel 1963 vince la cattedra di Astronomia all’Università di Trieste e diventa, quindi, la prima donna scelta per dirigere l’Osservatorio Astronomico triestino (dal 1964 al 1987), rendendolo un fiore all’occhiello di portata internazionale.

Se le stelle, anziché brillare continuamente sopra le nostre teste, fossero visibili solo da un particolare luogo del pianeta, tutti vorrebbero andarci per assistere allo spettacolo. (Margherita Hack)

Margherita Hack ha contribuito alla conoscenza delle Cefeidi, preziosissime in astronomia perché consentono di misurare con una notevole precisione le distanze cosmiche a partire dal periodo (estremamente regolare) con cui varia la loro luminosità.

Notevole contributo, sempre a proposito del “Mistero”, ha fornito nello studio dell’Energia e della Materia Oscura.

Un’astrofisica che studiava le stelle, non per ignorare  la Terra ma per trovare, nella ricerca, alimento per capire l’Essere Umano, la sua storia, le ingiustizie che ogni giorno ci offendono.

Siamo tutti figli dell’evoluzione dell’universo, dell’evoluzione delle stelle, e quindi siamo davvero tutti fratelli. (Margherita Hack)

Una gioventù “diversa” divisa fra lo studio della Letteratura e l’atletica leggera, arrivando anche ad affermarsi a livello nazionale.

La vita della scienziata è stata completa, presentandosi come riferimento soprattutto per le figure femminili.

Con gli anni divenne sempre più forte il suo bisogno di impegnarsi politicamente a fianco di coloro che non hanno diritti e vengono dalla società ufficiale tenuti in emarginazione.

“Lettori del presente, abbiate pazienza, ma mi tocca aprire una breve parentesi per quelli che dovessero mai raccogliere queste pagine in un lontano futuro. Se per caso state pensando di introdurre la proprietà privata, date retta a me: fermatevi finché siete in tempo. Noi lo abbiamo fatto e, da quando abbiamo piantato il primo paletto, il nostro mondo ha fatto un passo indietro da cui non si è più ripreso. Se invece anche la vostra civiltà vi ha spinto a vivere in zolle di terra delimitate dal filo spinato, be’… non serve spiegarvi che avete fatto un pessimo affare. Chiusa parentesi, rieccomi a voi.” (Margherita Hack)

Memorabili, anche, le sue battaglie a favore degli animali e della natura, quando ancora agli occhi dei più potevano sembrare “civetterie”.

È stata, Margherita, una figura a tutto tondo con una “religiosità” tutta sua ritenendo che l’uomo ha dentro di sé degli “indicatori” che segnalano che cosa è il bene e che cosa è il male. Non c’era, per lei, necessità di credere in un Dio o l’esigenza di fare del bene per avere come premio il Paradiso.

Margherita Hack era fatta così, con una sua coerenza totale e un rispetto profondo per tutti, anche per chi non la pensava come lei.

Nelle attività politiche la gente sentiva che lei era autentica e disinteressata. Lei era contenta di ciò e non si sottraeva a importanti candidature.

Veniva eletta ma poi si dimetteva a favore di chi era bravo e aveva tempo, perché doveva riprendere la sua attività scientifica.

Il suo rispetto verso di noi “comuni mortali” era manifestato attraverso una lunga attività di divulgazione scientifica a dimostrazione che, le ricerche e le scoperte, devono essere portate a tutti per essere patrimonio comune.

Ha vissuto per novant’anni sempre con entusiasmo verso la vita e con suo carattere fiorentino, privo di ipocrisia, ha sempre offerto il suo punto di vista come elemento di cui tener conto per affrontare seriamente i problemi.

La spiritualità, per una come me che non crede in Dio, all’anima, all’aldilà, sta nella capacità di amare e comprendere gli altri − uomini e animali − “di non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. (Margherita Hack)

In un Paese, come il nostro, dove i valori ufficiali sono il carrierismo, l’intrallazzo e gli imbrogli, la figura di Margherita Hack appare tuttora grande nella sua “anomalia” comportamentale ed esemplare per le donne che vogliono dare il loro contributo facendosi apprezzare per le qualità morali e intellettuali.

Del tutto dedita alla ricerca ha rinunciato, probabilmente, a dedicarsi ad aspetti che poi non avrebbe potuto onorare in modo sommo.

È, questa, una lezione di vita.

Ognuno di noi deve cercare di fare bene il proprio lavoro perché in tal modo porta una goccia di armonia nel gran mare del tutto.

Nel giugno del 2022 le è stata dedicata una statua in bronzo alta quasi tre metri, nei giardini che fronteggiano l’Università Statale di Milano, per celebrare i 100 anni dalla sua nascita.

L’opera, realizzata dall’artista bolognese Sissi, si chiama “Sguardo Fisico” ed è la prima in Italia a esser dedicata a una donna di scienza su suolo pubblico.

La statua rappresenta la scienziata intenta a guardare verso il cielo, con le mani dorate avvolte intorno a un invisibile telescopio. La base, irregolare e vorticosa, è del tutto singolare: l’artista ha deciso infatti di rappresentare Hack come se fosse stata creata da una delle galassie che tanto amava.

Sempre nello stesso anno le è stato dedicato un asteroide (scoperto nell’agosto del 1995), chiamato 8558 Hack. È bello pensare che la grande scienziata ci stia guardando da lassù, tra le sue adorate stelle

Penso alla ciclicità delle mie molecole, pronte a sopravvivermi, a ritornare in circolo girovagando per l’atmosfera e non provo tristezza. Ci sono stata, qualcuno si ricorderà di me e se così non fosse, non importa. (Margherita Hack)

Aveva sposato un suo compagno di infanzia. Una lunghissima vita insieme. Nel giro di un anno entrambi ci hanno lasciato per andare a rivedere le stelle.

Cari Lettori, abbiamo iniziato il nostro lavoro con un taglio un po’ “fosco” del rapporto col Mistero (della Morte). Vorremmo concludere la passeggiata di quest’oggi,alla lce dell’Energia di questa grande Donna, con una visione un po’ diversa, facendoci aiutare da alcune riflessioni tratte da “Tra il silenzio e il tuono”, di Roberto Vecchioni

La verità era nella foglia del baco da seta che annusa, nel vento, la sua compagna; nel ragno, acrobata di rete. La verità era nelle piccole cose mai osservate, mai considerate; era nell’ombra e tu guardavi il sole… ma le piccole cose si sentono nel silenzio e, questo buio, era troppo pieno di rumori. Adesso è tardi. Ascolta, lei è fuori che ti aspetta…la porta scricchiola, cigola, si spalanca ed ecco… Lei entra e, magicamente, all’improvviso, tutto quel buio si illumina! Un immenso cielo di scompigliata primavera!

Vieni – mi dice- che siamo già in ritardo!

Si – le rispondo – ma lasciami, ti prego, un’ultima piccola cosa da cantare. L’ascoltavo da mia Madre e mi aiuterà nel “passaggio”: “Sette paia di scarpe ho consumato; sette fiaschi di vino ho già bevuto; sette volte mi sono innamorato e, tutte e sette le volte, era di te! Sette fiumi di lacrime ho versato, sette mari in tempesta ho attraversato, sette stelle mi hanno illuminato per arrivare ad incontrare te!

Che grande luna c’è fuori, adesso, sorella Morte. Adesso si, vengo con te.

La Donna Cannone

Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle un giorno

Giuro che lo farò

E oltre l’azzurro della tenda, nell’azzurro io volerò

Quando la donna cannone d’oro e d’argento diventerà

Senza passare per la stazione l’ultimo treno prenderà

E in faccia ai maligni e ai superbi il mio nome scintillerà

E dalle porte della notte il giorno si bloccherà

Un applauso del pubblico pagante lo sottolineerà

E dalla bocca del cannone una canzone suonerà

E con le mani amore, per le mani ti prenderò

E senza dire parole nel mio cuore ti porterò

E non avrò paura se non sarò come bella come vuoi tu

Ma voleremo in cielo in carne e ossa, non torneremo più

E senza fame e senza sete

E senza ali e senza rete voleremo via

Così la donna cannone, quell’enorme mistero, volò

E tutta sola verso un cielo nero nero s’incamminò

Tutti chiusero gli occhi nell’attimo esatto in cui sparì

Altri giurarono e spergiurarono che non erano mai stati lì

E con le mani amore, per le mani ti prenderò

E senza dire parole nel mio cuore ti porterò

E non avrò paura se non sarò come bella come vuoi tu

Ma voleremo in cielo in carne e ossa, non torneremo più

E senza fame e senza sete

E senza ali e senza rete voleremo via

Amo guardare le stelle. So che sono infinite. Mi identifico con loro perché, in fondo, anche io sono un piccolo punto, del tutto privo di importanza, nel cielo (Margaret Mahler)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore la Strad@

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