Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.
Perché, conoscersi, comprendersi e (soprattutto) accettarsi per potere (infine) cambiare, aiuta senz’altro a vivere meglio.
Ogni volta che vedo la tristezza di un vecchio, penso ai sogni di sua madre: «Chissà cosa farà da grande…» (Enzo Biagi)
L’età in cui ci si può considerare anziani è un concetto molto difficile da stabilire, per via di un processo multifattoriale che dipende molto da elementi biologici, psicologici e sociali e, in maniera abbastanza relativa, dall’età cronologica.
Le acquisizioni scientifiche più recenti, suggeriscono che si possa parlare di anzianità vera e propria solo dopo che si sia superata una forbice anagrafica compresa fra i 75 e gli 84 anni, inquadrando con il termine “grandi vecchi” coloro che superano gli 85 anni di età.
La depressione, nell’anziano è, di conseguenza, un fenomeno complesso sia perché risente dell’interazione degli stessi fattori dell’invecchiamento (biologici, psicologici, socio ambientali e anagrafici) e sia perché, all’interno di un quadro che può presentare patologie connaturate all’età, rende la comprensione del problema e l’approccio terapeutico, particolarmente delicato dal momento che si tratterà di distinguere ciò che è psicologico da quello che deriva da problemi organici.
Antonio ha 79 anni, è sposato e ha due figlie che vivono nel suo stesso quartiere. Segue una terapia con antipertensivi e con statine (per l’ipercolesterolemia). La sua storia clinica è negativa per altre patologie mediche e non ha familiarità per disturbi psichiatrici.
Per quarant’anni ha lavorato come impiegato presso un ufficio pubblico e, da circa 15 anni, è in pensione.
Circa un anno fa, senza apparenti fattori scatenanti, in Antonio compare un abbassamento del tono dell’umore che riduce l’efficienza mantenuta per tanti anni dopo il pensionamento.
Un po’ alla volta diventa sempre più insicuro e preoccupato per quello che può accadere, riferendo un forte aumento dell’ansia al mattino e sottolineando: “Ho la testa occupata da tutti i pensieri sulla mia salute!”
Nel tempo questa sintomatologia diventa sempre più rilevante determinando anche la comparsa di deficit cognitivi e di memoria che contribuiscono ad aggravare le sue preoccupazioni circa il proprio stato di salute e il timore nello svolgere anche le più semplici attività quotidiane.
Inizia a trascurare anche la cura di sé e presenta inappetenza con calo ponderale. I deficit cognitivi e di memoria appaiono sempre più rilevanti fino a produrre anche momenti di disorientamento e confusione.
A questo punto i familiari decidono di rivolgersi ad uno psichiatra.
Lo specialista evidenzia la presenza di un quadro depressivo ingravescente e prescrive, quindi, una terapia con un antidepressivo indicato per le persone avanti negli anni (quindi con un indice di sicurezza elevato e una scarsa propensione a determinare le interazioni con altri farmaci eventualmente assunti). Si scopre anche un quadro di ipotiroismo (che peggiora la depressione) e si instaura terapia adeguata.
Dopo circa un mese di terapia, Antonio sperimenta un graduale miglioramento clinico. (Alberto Siracusano – Manuale di Psichiatria: Il Pensiero Scientifico Editore)
La storia clinica appena descritta basterebbe di per sé, a fornire un quadro abbastanza chiaro della depressione dell’anziano.
Al tempo stesso, però, è necessario soffermarsi sul fatto che, per avere un graduale (o brusco) abbassamento del sipario emotivo su quel palcoscenico che rappresenta un po’ la nostra vita, è necessario che venga meno, soprattutto, la motivazione di continuare a “restare” e prevalga la voglia di “andar via”.
Questo può accadere, in base al profilo (od organizzazione) della propria personalità e del proprio carattere, quando si percepisce che la nostra presenza, non ha più il valore di una volta (morte di persone care, vedovanza, pensionamento, perdita del ruolo e della rete sociale e/o familiare, solitudine, difficoltà economiche, etc.)
Il segreto per fronteggiare i cambiamenti che la vita ci impone (oltre a un trattamento integrato fra medici, psicologi e ambiente familiare) resta, soprattutto, quello di recuperare la curiosità di quando eravamo bambini e che le mille battaglie condotte negli anni possono aver “addormentato”.
Utilissimo, a tal proposito, il pensiero di Umberto Veronesi, espresso all’interno di una delle sue pubblicazioni.
Credo di essere innamorato della curiosità in sé stessa. Non mi accontento mai, la mia mente non è mai ferma. Amo il fatto di essere nato curioso e sono convinto che, a tutti, sia stato dato il medesimo dono che, poi, è il senso dell’essere longevi. Più anni abbiamo a disposizione, più possiamo imparare e conoscere
Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale ci occuperemo del rapporto fra il Lutto e la Depressione
Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi
Buona “degustazione”

Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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