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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.

Perché, conoscersi, comprendersi e (soprattutto) accettarsi per potere (infine) cambiare, aiuta senz’altro a vivere meglio.

Non è paura degli altri. Io non mi curo degli altri. Non è paura di Dio. Io non credo in Dio. Non è paura del dolore.  Io non temo il dolore. È paura di te, Non sono mai stata pronta ad accoglierti, anche se ti ho molto aspettato. (Oriana Fallaci – Lettera a un bambino mai nato)

Lettera a un bambino mai nato, è il titolo di un libro di Oriana Fallaci pubblicato nel 1975: un monologo drammatico di una donna che vive la maternità come un sofferto atto responsabile. È una donna contemporanea e misteriosa, in quanto priva di nome, volto e notizie sulla sua età. Le domande fondamentali che si pone sin dal concepimento riguardano l’accettazione della nascita da parte del bambino, in un mondo ostile, violento e disonesto.

Nella realtà di tutti i giorni, chi vive la propria gravidanza può non avere la lucidità e la razionalità di Oriana Fallaci e, soprattutto, rischia di trovarsi di fronte a dei “fantasmi” angoscianti del passato mai compresi e non risolti del tutto.

Non è improbabile, a quel punto, l’incombenza di un quadro di Depressione Perinatale.

“Guardo mio figlio e gli chiedo scusa, scusa per non essere sua madre: ho paura di guardarlo negli occhi e di trasmettergli il mio dolore per non essere madre. Sono angosciata, non riesco a provare emozioni, mi sento vuota, come se lui mi svuotasse: sono una bambina cattiva, una madre cattiva, una madre arrabbiata e merito solo dolore: mi vergogno ma il suo pianto mi pugnala e, in quei momenti, provo solo rabbia, la rabbia che non posso esprimere. Urlerei se qualcuno mi sentisse. Ho paura di fargli del male, lo amo e lo odio: mi hanno abbandonato tutti. Mi sento tradita e sola” (Alberto Siracusano – Le parole della depressione perinatale)

Il periodo perinatale inizia nel momento del concepimento, include la gravidanza e il puerperio e si protrae fino a un anno dal parto.

Tutto questo percorso, rappresenta una fase estremamente delicata nella vita di ogni donna che, attraverso una vera e propria metamorfosi biologica, neuroendocrina, psicologica, sociale e fisica, si aprirà ad un’esperienza unica e irripetibile: quella della maternità.

Questa fase, che per tradizione viene considerata sacra perché crea la vita e nella quale la madre dovrebbe sperimentare emozioni di gioiosa attesa e intensa gratificazione rappresenta, in realtà, un passaggio decisamente impegnativo e a volte insidioso, vissuto spesso con inquietudine e preoccupazione.

Dopo il parto (come è comprensibile immaginare), aspetti psicologici, mutamenti ormonali e cambiamento repentino dello stile di vita, possono provocare fluttuazioni del tono dell’umore, di solito lievi e transitorie, che prendono il nome di “Maternity blues” (cioè tristezza della maternità”) e che possono presentarsi con instabilità del tono dell’umore, facilità al pianto, tristezza, ansia, rabbia, pensieri negativi verso il neonato, scarsa progettualità.

Tutto questo, riguarda una percentuale che varia dal 50% all’80% delle donne che hanno partorito da una decina di giorni ed è una reazione fisiologica legata, sia ai rapidi cambiamenti ormonali sia  al fatto che, la nascita, richiede alla madre di trovare (dentro di sé) uno spazio mentale per il bambino e, al tempo stesso, di ridefinire la propria identità come persona e come donna.

Proprio perché la Scienza ci dice che si tratta di sintomi che nella maggior parte dei casi si risolvono spontaneamente, non si pensa di osservare la mamma da un punto di vista clinico ma, semmai, si procede con una corretta informazione e prevenzione ancor prima di iniziare la gravidanza e durante tutti i nove mesi successivi, con il coinvolgimento anche del partner e, quando è possibile, dell’intero gruppo familiare, che svolgerà il compito di caregiver (informale) per aiutare una mamma immersa in un mondo che, per quanto desiderato, a volte è diverso da quello che si era immaginato.

Esistono circostanze, invece, nelle quali (durante la gravidanza e fino ad un anno dal parto) si sviluppano sintomi più severi che configurano il quadro di un vero e proprio disturbo psichiatrico che prende il nome di depressione perinatale.

I fattori di rischio più noti riguardano una pregressa anamnesi positiva per la depressione maggiore o il disturbo bipolare, una familiarità per i disturbi dell’umore, uno scarso supporto sociale e familiare, una bassa autostima, la presenza di eventi stressanti e di ansia durante la gravidanza, abusi e violenze domestiche, storia di eventi traumatici precoci.

Quali sono i principali sintomi?

Umore depresso, perdita di interesse o di piacere, ansia anche molto intensa, attacchi di panico, mal di testa, dolori muscolari, grande stanchezza, preoccupazioni eccessive per la salute del bambino oppure distacco e disinteresse nei confronti dello stesso.

E, inoltre, si vive la presenza di una forte sensazione di non essere in grado di prendersi cura del bambino, di sentirsi inadeguata, non all’altezza o non adatta ad essere una buona “mamma” con, in più,  la paura di danneggiare il bambino (con forti sensi di colpa per questi sentimenti) idee di suicidio o di omicidio nei confronti del bambino.

Spesso, la neomamma si vergogna per come si sente e mantiene, dentro di sé, questo stato di angoscia aumentato da quei cambiamenti che creano la sensazione di “perdita di sé stessa” (della sé stessa “di prima” e, quindi, anche di molti dei propri riferimenti interiori, soprattutto emotivi).

Quale aiuto poter dare?

Molte sono le strade da intraprendere ma, tutte, portano a capire che “perdersi” è un modo per ritrovarsi migliori di prima e che, ogni cambiamento nasce per spingerci a scoprire panorami interiori a noi prima sconosciuti.

Ti si leggono un mare di pensieri, un oceano di desideri. Appoggi una mano sulla guancia quasi come a voler reggere il viso. È una forma di dolcezza affaticata, quella che porti nello sguardo. Quanta tenerezza si è depositata lì. È un segno lieve: sembra che tu abbia ancora voglia di scoprire come è il vero amore (Luigi Costantino)

Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale ci occuperemo della Depressione perinatale paterna

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi

Buona “degustazione”

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