L’obbligo dei genitori di provvedere al mantenimento dei figli (previsto dagli artt. 147 e 148 c.c.) non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma perdura fino a che il figlio non abbia raggiunto l’indipendenza economica. Non esiste un limite di età prestabilito e l’obbligo viene meno solamente in presenza di specifiche condizioni, quali l’inerzia o il mancato impegno del figlio nel rendersi autosufficiente.
La giurisprudenza esclude che l’assegno di mantenimento abbia una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata “dovendo il relativo obbligo di corresponsione venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all’acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all’andamento dell’occupazione e del mercato del lavoro. Deve osservarsi, al riguardo, che la strutturale impossibilità di acquisire una capacità reddituale idonea a garantire almeno il grado minimo di autosufficienza economica, ove disancorata dai requisiti sopra illustrati, su cui poggia l’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni non autosufficienti, confluisce negli obblighi alimentari. A tal fine, la valutazione delle circostanze che giustificano la cessazione di tale obbligo va effettuata dal giudice del merito caso per caso e deve fondarsi su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonchè, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell’avente diritto” (sentenza Cassazione n. 18785/2021).
La normativa non prevede espressamente che, con il raggiungimento della maggiore età, il figlio diventi automaticamente destinatario diretto dell’assegno. La corresponsione diretta non è automatica.
La giurisprudenza richiede che il figlio maggiorenne manifesti la volontà di ricevere direttamente il contributo, soprattutto se non convive più con il genitore collocatario. In assenza di richiesta o di un provvedimento che disponga diversamente, il contributo continua ad essere corrisposto al genitore presso cui il figlio vive.
La corresponsione diretta può avvenire su accordo tra le parti. In assenza di accordo è necessario un provvedimento del giudice, su ricorso che può essere presentato dal figlio maggiorenne o dal genitore obbligato, allegando documentazione idonea a dimostrare la permanenza dello stato di bisogno del figlio e altre condizioni rilevanti. Il giudice valuta la richiesta di pagamento diretto dell’assegno di mantenimento esaminando l’effettiva non autosufficienza economica del figlio, le sue condizioni abitative, la presenza di un impegno concreto per raggiungere l’autonomia, le risorse dei genitori e l’interesse superiore della prole, sulla base di prove documentali e dei parametri di legge (art. 337 ter comma 4 cod. civ.).
Erminia Acri-Avvocato

Erminia Acri, iscritta all’Albo degli Avvocati del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, Patrocinante in Cassazione, esercita la professione di avvocato in materia di diritto civile, diritto del lavoro e previdenza, diritto amministrativo (abilitazione all’esercizio della professione di avvocato conseguita in data 05/05/1998). Consulente legale dell’Inas-Cisl, sede di Cosenza. Attività di docenza, in materia di Diritto di Famiglia, c/o Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) – Roma. Iscritta all’Albo dei Giornalisti- Elenco pubblicisti dal 01/07/2006. Responsabile “Area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line
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