Pubblicato su Lo Sciacqualingua
Nel vastissimo labirinto della lingua italiana, due verbi spesso usati come sinonimi celano, in realtà, sfumature non trascurabili: multare e sanzionare. Il loro uso indifferenziato può trarre in inganno anche il più scrupoloso degli scriventi: non è raro che la severissima paletta della “Polizia della lingua italiana” spunti all’improvviso, segnale inconfondibile dell’imminente multa grammaticale redatta con cura certosina sul taccuino dell’agente linguista di turno.
Cominciamo con l’etimologia, che, come una lente d’ingrandimento nel tempo, aiuta a comprendere il significato originario delle parole.
Multare, dunque, deriva dal latino multare, a sua volta da multa, cioè “pena pecuniaria”. È dunque un verbo strettamente legato all’idea di denaro e punizione economica. Quando un vigile “multa”, impone una somma di denaro da pagare come punizione per aver infranto una norma (l’automobilista è stato multato per divieto di sosta).
Sanzionare, invece, non è schiettamente italiano provenendo dal francese sanctionner, derivato di sanction “sanzione”, vale a dire ratificare, sancire, approvare. Con il trascorrere del tempo ha acquisito due ‘sensi’ principali: da un lato, quello giuridico e punitivo – simile a punire – e, dall’altro, uno più neutro, che implica la convalida o approvazione di un atto (l’azienda è stata sanzionata per violazione delle norme ambientali / il governo ha sanzionato l’accordo con un decreto).
Qui si nota una differenza sostanziale tra i due sintagmi verbali: multare è sempre e solo punitivo, e riguarda il denaro. Sanzionare, invece, è più elastico: può punire, ma anche ratificare.
È proprio questa duttilità che rende sanzionare un verbo di livello stilistico leggermente superiore, spesso adoperato nel linguaggio burocratico, politico e legale. Ma attenzione: il suo uso va ‘dosato’ con cura, per evitare ambiguità e fraintendimenti.
Per concludere queste noterelle, attenzione all’uso corretto, dunque: la Polizia della lingua italiana non dorme mai. È armata di dizionario e sarcasmo, e pronta a colpire dove il congiuntivo vacilla o il verbo sbaglia mira.
A cura di Fausto Raso

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.