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“Non posso dimenticare un discorso con Aldo Moro, poche settimane prima del suo rapimento: si discuteva delle BR, delle difficoltà di trovare i covi e, lui, mi confidò di sapere per certo delle infiltrazioni dei servizi segreti americani e israeliani nelle Brigate Rosse. Me ne sono ricordato quando, nei suoi 55 giorni di tragica prigionia, avemmo grandi difficoltà a metterci in contatto con i servizi americani, difficoltà che non incontrammo poi durante il rapimento del generale Dozier.

D’altronde, Mino Pecorelli (il giornalista di “OP” assassinato in circostanze misteriose il 20 marzo 1979) scrisse che il 15 marzo 1978 sarebbe accaduto un fatto molto grave in Italia e si scoprì, dopo, che Moro avrebbe dovuto essere rapito proprio in quella data. La sua morte potrebbe essere stata voluta proprio per tutto ciò che il giornalista era in grado di rivelare.

Dalla fine ’78 al 1984 ho fatto numerosi viaggi negli USA (…) – ha spiegato Galloni – Lì venni a sapere che la CIA era estremamente preoccupata per l’Italia, per il fatto che, se i comunisti fossero arrivati al potere, attraverso il compromesso storico su cui Aldo Moro e d Enrico Berlinguer stavano lavorando, loro non avrebbero potuto mettere certe basi in Italia: una questione di vita o di morte per loro, rispetto alla quale qualunque atto sarebbe stato giustificabile.

O si superano questi limiti o i rapporti non si svilupperanno mai su un piano di democrazia e parità”.

Per difendere la democrazia non bisogna uscire dalla democrazia”.

Giovanni Galloni (1927 – 2018) – Giurista, Politico e Accademico italiano; ex vicepresidente del CSM ed ex vicesegretario della Democrazia Cristiana

Cari Lettori, le riflessioni con cui abbiamo voluto iniziare il nostro nuovo Editoriale, ci aiutano a capire che un certo “Sistema machiavellico” di determinare e  maneggiare i fatti della Storia, è sempre esistito.

Oggi, semmai, chi comanda ha gettato la maschera apparendo per ciò che è: Non certo un eroe ma, nemmeno, il “Male” assoluto.

Dio disse: “Troverete la felicità in ogni angolo della Terra”. E, poi, fece il mondo, tondo. E rise, rise moltissimo! (Cit.)

La psichiatra e psicoanalista Melania Klein ha spiegato la necessità di andare oltre la creduloneria tipica dei bambini, a cui viene raccontato che esistono i buoni e i cattivi. Per poter “crescere”, bisogna acquisire il coraggio di saper guardare la Realtà, secondo il principio della Verità.

In ognuno c’è del buono e, al tempo stesso, del cattivo. E, accettarlo, costa il dolore della Disillusione perché si arriva a capire che anche Mamma e Papà, non erano “stinchi di Santo”.

Qualcuno, a tal proposito, parla di “Lutto originario”.

Ma, allora, se non è poi così vero che, di generazione in generazione, abbiamo smarrito i valori perché, di fatto, questi valori (forse) non sono mai stati tali (basti pensare, ad esempio, alle Famiglie patriarcali…), come facciamo ad orientarci, nel nostro percorso di vita?

Esistono, nel firmamento interiore di ognuno di noi, delle simboliche stelle che guidano fra le stelle come, ad esempio, l’Amore e il Lavoro che ci affranchi dalla condizione di schiavitù morale: entrambe, conducono al principio della Dignità.

Ma, prima, abbiamo bisogno di un “sorriso” che ci aiuti a prendere confidenza con la nostra immagine, riconoscendola come parte di noi per poterci “individuare”, sul piano dell’Identità, senza smarrirci per strada.

Cari Lettori, la vita è un insieme di luoghi e di persone che scrivono il tempo, all’interno del quale noi cresciamo e maturiamo collezionando quelle esperienze che andranno, di  fatto, a “definirci”, indicandoci la differenza tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, cosa essere e cosa “non” essere.

Ci insegnano, in sostanza, chi possiamo (e vogliamo) diventare.

In tutto questo, è indiscutibile che alcune persone e alcuni “simboli” si legano a noi in un modo inestricabilmente costruttivo.

E ci sono dei personaggi che legano, in modo imperituro, il loro nome a un importante momento storico del proprio Paese.

Riteniamo, a buon diritto, che Piero Calamandrei sia uno dei pochi a potersi, all’uopo, annoverare.

Basti pronunciare la parola Costituzione perché la mente vada “naturaliter” a Piero Calamandrei, che ha avuto ruolo rilevante, ma non è stato l’unico.

È gloria esagerata? Tranquillamente rispondiamo che è, tuttora, gloria meritata ed autentica.

La Costituzione non è una macchina che, una volta messa in moto, va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna, ogni giorno, rimetterci dentro il combustibile: l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse. In buona sostanza, la propria responsabilità. (Piero Calamandrei)

Scrisse, nel 1979. Il Giurista Giovanni Pugliese: “La personalità di Piero Calamandrei era affascinante non solo per la ricchezza morale e la passione civile che l’animava ma, anche, per la vastità degli orizzonti, l’intensità dei sentimenti, l’eleganza e l’arguzia della parola”.

Ma forse, cari Lettori, il suo valore più profondo stava nel suo carattere composito e multiforme.

In Calamandrei, invero, sono riusciti a convivere l’Avvocato, il Giurista teorico, il Letterato, lo Storico del Diritto, lo Scrittore politico”.

Personalità di eccezione, messa a fuoco in modo esemplare, a suo tempo, da un intellettuale della grandezza di Norberto Bobbio che, lucidamente, scrive: “Calamandrei ci ha lasciato, dal 1944 al 1956, una testimonianza per il rinnovamento democratico del nostro Paese, non solo tra le più alte per nobiltà di ispirazione ma, pur tra le più ampie, documentate, illuminanti per la continuità e tempestività”.

Una volta promulgata la Costituzione, Piero Calamandrei dedicò tutta la sua attività migliore ad educare i giovani, ricordando che la Carta Costituzionale era frutto di lacrime e sangue e che, in fondo, era stata scritta dai tanti italiani (alcuni giovanissimi) che avevano dato la propria vita durante la Resistenza.

Dietro a ogni articolo della Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento… che hanno dato la vita perché, Libertà e Giustizia, potessero essere scritte su questa Carta

Calamandrei era consapevole che la Costituzione era stato frutto di un nobile compromesso tra forze liberali, cattoliche, socialiste e comuniste.

Annotò, con il suo spirito toscano: “Per compensare le forze della sinistra della rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero ad accogliere nella Costituzione una rivoluzione promessa”.

Si riferiva, per esempio, all’articolo 3, vera e propria pietra angolare della Carta, che è tuttora lungi dall’essere realizzato ed onorato.

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Negli incontri memorabili coi giovani e nelle tante qualificate pubblicazioni, Piero Calamandrei invitava all’impegno politico (qualunque esso fosse) in quanto, il pericolo mortale per una Società democratica sono, sempre, il disinteresse e l’indifferenza.

La libertà ci pare “data per sempre” e invece va difesa da noi tutti, giorno dopo giorno. Una volta persa, ci vorrà sangue e morte per recuperarla. Anche se, come sosteneva la storica, filosofa e politologa tedesca Hannah Arendt

La guerra non restaura Diritti: ridefinisce Poteri

La lezione di Piero Calamandrei mantiene tutta la sua validità. Specie oggi in cui gli attacchi alle Costituzioni di quasi tutti i Paesi del Mondo, si fanno sempre più subdoli, nella indifferenza di gran parte della popolazione che bada al superfluo e al vacuo.

Mancano i “veri” Maestri. Chi si atteggia a tale, sui media è, spesso, “un sepolcro imbiancato”.

È, per questo, urgente ascoltare la viva voce di Calamandrei che sembra moderna più che mai e non provenire dai lontani anni ’50 del secolo scorso.

Sono parole attuali e taglienti che dobbiamo mettere a disposizione dei giovani. Chissà che non riusciamo a scuoterli dalla indifferenza in cui, il sistema attuale, ha tutto l’interesse a tenerli “impaniati”.

La vera pace si costruisce amando la pace. Il vero uomo democratico è un uomo di pace. Degli altri dobbiamo diffidare “sempre e ovunque”.

Cari Lettori, nel cammino di quest’oggi, abbiamo potuto toccare con mano che alcune esperienze sono più importanti di altre, perché formano il nostro carattere, ci sostengono nell’esprimerci e nel realizzarci.

Prima di concludere vorremmo, quindi, condividere con voi una storia di qualche anno fa che, rileggendola, ti si apre il cuore (e soffri indicibilmente).

L’immagine che vi proponiamo, infatti, potremmo intitolarla “L’addio sussurrato di una promessa mantenuta

Lei si chiamava Ndakasi. Ed era una gorilla di montagna, rimasta orfana non avendo neppure due mesi di vita, ferita e rannicchiata accanto al corpo, ormai freddo, di sua madre uccisa dai bracconieri.

Quella notte, un giovane ranger, André Bauma, la prese fra le sue braccia tenendola stretta al petto per tutta la notte.

E, lei, scelse di “restare”.

Cresciuta al Centro Senkwekwe (l’unico rifugio al mondo per gorilla orfani) imparò a vivere, a giocare, a fidarsi.

Con André sempre accanto, come un padre che non chiede nulla, se non il privilegio di esserci. Sempre.

Diventò famosa per una fotografia diventata virale: in piedi come un’umana, lo sguardo furbo, simpatico e pieno della gioia di vivere.

Il mondo sorrise.

Ndakasi  era un simbolo che aveva affrontato la perdita, la guerra, la distruzione del suo habitat. Eppure, era rimasta capace di amare.

E, poi, è arrivata la malattia. Ma, André, rimase al suo fianco e quando, lei, capì che il tempo stava finendo, fece l’unica cosa che conosceva da sempre: poggiò la testa sul petto di André. Addormentandosi per sempre.

Ora, cari Lettori, torniamo per un attimo alle esperienze che ci legittimano nell’essere autentici e veri: se significano veramente qualcosa, ispirano il modo in cui possiamo migliorare.

La domanda che, a questo punto “appartiene a tutti noi e a nessuno, ricordando Ndakasi,  diventa: “Cosa ne fai dell’amore che hai ricevuto?”

Rispecchiandoci per un attimo nella suggestiva immagine di copertina, vi suggeriamo di cercare, insieme a noi, la risposta ascoltando alcune particolari riflessioni interpretate da un Amico speciale, che ci aiuta nel nostro progetto SoS Alzheimer On Line.

SE POTESSI VIVERE DI NUOVO

Sarei rimasto a letto quando ero stanco, invece di pensare che il mondo sarebbe crollato senza di me

Avrei acceso la candela a forma di fiore prima che si sciogliesse restando inutilizzata.

Avrei invitato amici a cena anche se il tappeto era macchiato o il divano scolorito.

Avrei ascoltato con più attenzione le storie che mio padre raccontava sulla sua giovinezza.

Avrei riso e pianto di meno davanti alla televisione e, forse, di più, osservando la vita.

Mi sarei seduto sull’erba senza temere di sporcare i vestiti.

Quando chi mi vuole bene ha cercato il mio tempo, non avrei rimandato a momenti più propizi.

Avrei, certamente, detto “Mi dispiace: adesso sono qui! Non abbiate più paura!”

“Essere felici significa vedere il mondo come noi lo desideriamo, conoscere i nostri limiti, accettarli come dono e non come una sconfitta.” (Romano Battaglia)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso agli Amici Amedeo Occhiuto e Pino Gigliotti, per il grande aiuto nelle nostre opere a favore di chi soffre

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