Posted on

Pensieri, emozioni, stati d’animo di adolescenti (gli alunni dell’IIS “Lucrezia della Valle” di Cosenza) dedicati ai propri nonni, “testimoni del passato, garanzia del presente ed eredi del futuro” attraverso una intervista immaginata: “Cosa avresti voluto chiedere e cosa ti saresti voluto sentire rispondere?

Non tutti hanno sei nonni. Alcuni li ho conosciuti, altri li ho solo sentiti nominare, qualcuno l’ho scoperto solo da grande, come una sorpresa tardiva, di quelle che fanno un po’ male e un po’ bene. Oggi, che nessuno di loro è più qui, sento il bisogno di scrivere. Di ricordare. E soprattutto, di chiedere.

Ci sono cose che non ho mai avuto il coraggio di domandare: per alcune ero troppo piccola, per altre non ho mai avuto la possibilità. E allora oggi farò così, con le parole scritte. Perché, anche se non possono rispondere davvero, forse, in qualche modo, so già cosa mi direbbero.

Quando ero piccola, tre di loro erano vivi.  Solo col tempo ho capito che ognuno di loro, anche quelli che non ho mai potuto abbracciare, rappresentava un pezzo della mia storia.

A nonna Concetta

D: Mi raccontavano che venivi da una famiglia poverissima, che coltivavate il tabacco per vivere. Che un giorno, a malincuore, hai lasciato andare tua figlia, mia madre, per darle un futuro migliore.

Hai pianto quel giorno?

R: Fino all’ultima lacrima. Ma ogni madre sogna qualcosa di grande per sua figlia, anche se per ottenerlo deve rinunciare a stringerla tra le braccia.”

D: E poi, quando ci siamo incontrate per la prima volta, tanti anni dopo… mi hai riconosciuta? Hai capito che c’era un legame, anche se nessuno l’aveva ancora detto?

R: “Sì. Non servono le parole, certe cose si sentono a pelle.”

A nonno Antonio

D: Tu eri un vero signore d’altri tempi. Professore, ingegnere, ordinato in ogni cosa. Mi raccontavi che sfuggivi alle bombe come se fosse un’avventura, ma so che non era un gioco.

Hai avuto paura?

R: “Sì, tantissima. Ma avevo anche una gran voglia di vivere, che era più grande della paura.”

D: “Hai mai pensato che tua moglie, mia nonna, non fosse in grado di essere madre? Che la sua malattia potesse farle, e farci, male?

R: “Pensavo solo che aveva bisogno d’amore. E che avrei fatto qualsiasi cosa per proteggerla, anche nascondendo una verità.”

A nonna Caterina

D: Non ricordo più la tua voce. Non ricordo più che profumo lasciavi dietro di te, o come ridevi. Ma dicono che eravamo uguali. Non so se è vero, ma mi piace pensarlo. È il mio modo di sentirmi vicina a te; mi manchi tremendamente!”

R: “Avrei tanto voluto vivere di più per tuo padre, per te e i tuoi fratelli. Ti avrei insegnato a osservare le cose con attenzione, a parlare poco, ma bene. Ti avrei amata come solo chi osserva da lontano può fare.”

D: “Eri davvero così fredda come dicono?

R: “No. L’amore non è sempre fatto di abbracci, a volte è nei silenzi pieni.”

A nonno Giuseppe

D: Tu eri la mia roccia. Mi volevi sempre con te, mi raccontavi storie, mi riempivi di attenzioni. Ti brillavano gli occhi ogni volta che mi guardavi.

Perché con tuo figlio, mio padre, non hai fatto lo stesso?

R: “Perché con lui ho sbagliato. E con te ho provato a rimediare. Non è giusto, lo so. Ma l’amore a volte arriva tardi e quando arriva, si dà tutto.”

D: “Hai mai chiesto scusa alla nonna, prima che morisse?

R: “Non a parole. Ma ogni giorno, da quando se n’è andata, ho vissuto come se volessi farmi perdonare.”

Vorrei potervi vedere tutti intorno a un tavolo e ascoltarvi raccontare, litigare, ridere. Vorrei farvi domande, guardarvi negli occhi, dirvi grazie.

A modo vostro, anche nei vostri errori, mi avete lasciato qualcosa.

Mi porto dentro le vostre radici. Sono profonde, complesse, ma autentiche.

E oggi, finalmente, vi ho parlato!

Maria Stella (16 anni)

A cura di Maria Felicita Blasi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *