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Un genitore che ascolta, legge, prende visione di Martina uccisa a 14 anni a colpi di pietra dall’ex fidanzato, penso debba avere coraggio e coerenza sufficienti per non guardare da un’altra parte, per non licenziare questa infamia con la certezza inossidabile che non accadrà mai nella sua famiglia,  perché vittime e carnefici stanno dall’altra parte della strada.

Rivedo nelle immagini che scorrono gli occhi di questa bambina, di questa principessa con la voglia di bruciare i tempi, di assumere il ruolo di donna capace di gestire la propria vita.

Una bambina che dice ti amo disconoscendone la presa in carico, che avanza con il corpo eretto senza alcuna difesa, una bambina tradita, umiliata, ferita a morte. Siamo un paese afflitto e condannato dalle assenze un giorno si e l’altro pure, donne derubate della propria libertà, rapinate della propria dignità, uccise senza compassione né pietà. Femminicidi, assassini dal nome padre, marito, fidanzato, rimangono le donne a terra, ricoperte degli scaracchi di un potere senza limite, senza vergogna.

La cultura eretta a totem è quella del possesso non più dei sentimenti dell’amore, quella cultura del comando si espande, varca i confini del lecito per inabissasrsi  nell’illegalità, nella violenza come strumento di rivincita.

Ecco allora che gli esempi non sono quelli che indicano la vita come qualcosa di eccezionale, da curare e avere attenzione a ogni passo concesso al presente già dentro al domani, ciò che ora viene elargito a piene mani a un giovanissimo è la mancanza di rispetto per libertà di ognuno e di ciascuno, anche della propria compagna che invece ha tutto il diritto di seguire la propria strada, di cambiare direzione alle proprie passioni, di mollare gli ormeggi quando questi diventano catene.

“Siamo tutti sconvolti, soprattutto per come è stata uccisa“, queste le parole ricorrenti.

Forse di ricorrente non c’è soltanto la modalità, la “banalità” di una sofferenza imposta, di ricorrente c’è la violenza inaudita, la follia lucida di ammazzare un amore sconosciuto, percepito e appreso dai social, dalle immagini veloci e scaricate senza emozioni a perdere.

Una bambina fragile affacciata al balcone della vita, in compagnia del suo ragazzo altrettanto fragile, dove è ricorrente la patente a punti, anche la stupefazione per tanto orrore.

Potrebbe essere un vero e proprio salvavita ritornare a occuparci degli orari, degli impegni, delle notti in cui rientrare e accorgerci se nostra figlio/a è nella propria stanzetta.

 L’amore questo compagno di vita che ci cammina a fianco, può non reggere più, sfiancarsi, rannicchiarsi nella propria solitudine, spesso può soltanto finire.  Forse è necessario senza più sterili polemiche fare cultura sentimentale e sessuale già all’inizio dei cicli scolastici.

Forse è arrivato il momento di fare aggiornamento a un mondo adulto che non sa più insegnare e apprendere il valore del rispetto per quell’umanità che significa avere davvero cura dell’altro.

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