Caro dottore, come è triste essere vuoti di dentro. Fuori c’è tanta musica, tanta aria da respirare e l’immobilità del cuore è la cosa più arida e inumana che esista.” (Lettere al dottor G – Alda Merini)
Cari Lettori, molti di noi si sono trovati attratti dall’immagine di un personaggio cattivo e sfortunato interpretato da Paolo Villaggio nella sua rappresentazione del “tragico” Fantozzi.
A distanza di anni, ci è apparso chiaro che oltre a riconoscere, in questa maschera, l’emblema della considerazione che si ha dell’essere umano da parte di chi dovrebbe tutelarne i diritti, c’è il rivedere noi stessi, nella parte più vulnerabile: quella, mnemonica, del bambino vilipeso dalla fretta e dalla mentalità degli adulti.
E quindi, attraverso una sorta di identificazione proiettiva, si odia o si ama questa sorta di metafora del mondo nevrotico (o, peggio, al confine con le psicosi “più spinte”) in cui la meritocrazia non è contemplata e la burocrazia regna incontrastata e opprime continuamente senza concedere, però, il colpo di grazia.
Preferisce, infatti che si resti in vita, per poter continuare a spremere.
Carl Gustav Jung ci ricorda:
La domanda decisiva per l’uomo è questa: egli è rivolto all’infinito oppure no? Questo è il problema essenziale della sua vita. Solo se sappiamo che l’essenziale è l’illimitato, possiamo evitare di porre il nostro interesse in cose futili, e in ogni genere di scopi che non sono realmente importanti
Tanto più corriamo dietro a falsi beni tanto più insoddisfacente sarà la nostra esistenza.
In sostanza, ci comunica Jung, “contiamo qualcosa solo grazie a ciò che di essenziale possediamo e, se non lo possediamo, la vita è sprecata”.
Per questo dobbiamo recuperare, nel mondo del virtuale e del (falso) villaggio globale, legami autentici con gli altri per guardarci negli occhi, capire gli orrori dei nostri giorni e INSIEME fare o almeno cercare di fare qualcosa.
Certo dobbiamo sintonizzarci sulla realtà, anche se ciò non è facile, come ci ricorda il filosofo Giorgio Agamben nel suo inquietante “Che cos’è reale?”
E la realtà oggi è ciò che ci veicola qualunque device (TV, Smartphone, tablet, etc.) che, collegato alla “rete”, ci inonda di marmellate di idee prodotte (si fa per dire) da “gruppi cammellati” che rispondono a interessi planetari al centro dei quali non ci sono gli Esseri Umani ma denaro, guadagno: lo sfruttamento più raffinato e, come tale, più subdolo e insidioso.
Ad esempio. Siamo stati mediaticamente coinvolti in una guerra strana che ha andamenti talmente inquietanti da lasciare interdetti.
In poche settimane con le sanzioni UE avremmo dovuto (per tornare a “Italiche memorie”) spezzare “le reni” alla Russia. E, invece, quest’ultima appare andare per la sua strada avendo avuto, come “complici”, gli stessi cha avrebbero dovuto redarguirlo.
E risparmiamoci, almeno qui, gli orrori su Gaza….
I resoconti di queste guerre alle porte della nostra coscienza, parlano di qualcosa che durerà per un tempo che non si può stimare.
Ma sembra evidente che, non appena qualche esperto inviato cerca di fare resoconti seri e sottolinea stranezze, è come se subisse un’attenuazione del “volume” …
E siccome la gente “beve” i vari TG e i commenti sui Social, se questi non parlano di qualcosa, questo qualcosa è come se non esistesse.
Il nostro amico Amedeo, qualche tempo fa ci ha segnalato un interessante film, che ci sembra utile riproporre: Concursante (traducibile in italiano in “Il concorrente”) scritto e diretto da Rodrigo Cortes, all’esordio nella regia di un lungometraggio.
La pellicola, del lontano 2007 (mai distribuita nel circuito Italiano), descrive la storia di Martín Circo, professore di Storia dell’Economia che, avendo vinto un quiz in materie economiche, inizia una vita di lusso ma scopre, ben presto, quali siano i costi reali della ricchezza.
Questo lavoro tocca numerosi temi di Economia, dal punto di vista delle teorie del complotto del “Signoraggio” (in cui si sostiene che, le attività istituzionali di emissione e di gestione di una moneta e il reddito prodotto, da parte delle Banche Centrali, sarebbero svolte, in realtà, a danno dei cittadini, a favore di una trama di vari poteri oscuri e occulti)
Cari Lettori, giusto per capire quello che intendiamo dire, di seguito riportiamo il dialogo forse più significativo dell’intera opera…
Il debito eterno…
“Cosa vuole?”
“Voglio sapere”
“Partiamo con esempi di facile comprensione. Io ho delle galline e lei un orto di pomodori. Se io voglio pomodori e lei, invece, uova, risolviamo con uno scambio”
“Un uovo per un pomodoro”
“Così era all’inizio. Ma, alle volte i suoi pomodori erano buoni e alle volte no o, magari, volevo un cavallo non sapendo quante uova servissero in cambio. Ma se usiamo come riferimento, per esempio, un po’ di oro…
Lo useremo per fare una tabella di conversione. Se una dozzina di uova vale quanto una pepita d’oro e un cavallo vale 100 pepite, allora servirebbero?”
“100 dozzine di uova…”
“Facile, vero? L’oro diventa, così, una moneta di scambio. Per semplificare”.
“Infatti, non si può comprare un cavallo con delle uova!”
“Quindi, si cambiano le uova con monete… ed è risolto. Questo è il primo passo, tutto resta più o meno uguale. Ma, a quel punto ci serve l’oro per comprare tutto quello che non produciamo direttamente: latte, carne, vestiti, utensili… La persona che ha ideato il sistema, ha un posto dove conserva l’oro che noi possiamo ottenere. La Banca Centrale. Lui è chiaramente un altruista: non vende l’oro, lo presta. Per esempio, mi dà 10 monete d’oro in prestito per 12 mesi. Mi chiede, logicamente, un piccolo interesse: diciamo, un 10%. Siccome lui rischia il suo oro mentre io non rischio nulla, logicamente gli servirà una garanzia nel caso io non rispettassi l’accordo. Nel suo caso, se vorrà dell’oro, dovrà ipotecare il suo orto ottenendo il prestito di 10 monete. In cambio delle sue carote?”
“Non credo”
“No, infatti. Queste rimarranno a lei per poter continuare il suo commercio. Dovrà solo restituire 11 monete, alla sua banca, entro 1 anno. Le 10 che le hanno prestato, più l’interesse. Come farà?”
“Possiedo l’orto, potrò vendere i miei prodotti!”
“Lei ha un anno di tempo, se non mantiene l’impegno, la Banca prenderà il suo orto. Tutto chiaro? Non c’è problema!”
“Qual è il problema?”
“Supponiamo che la Banca possieda un totale di 100 monete d’oro… Ecco, questa è la quantità di monete che esistono. Non una di più. Oltre a lei, però, esistono altre 9 persone che necessitano di denaro in prestito. Quindi avremo 10 monete, in prestito, per un totale di 100 monete… si è perso qualche passaggio?”
“No…”
“Il Banchiere ci ha dato tutto il suo oro, con assoluta generosità… in cambio di un semplice 10%. In sostanza in cambio di una moneta a persona…”
“Però…”
“Esatto, esiste un però! 11 monete a testa sono 110 monete. Ma, in tutto, in circolazione esistono soltanto 100 monete. Come si fa? A questo punto, la Banca, ci chiederà di pagare solo la rata di interessi e non la quota capitale. E noi restiamo, quindi, con 9 monete. Prosegua lei!”
“Ma se restiamo solo con 9 monete, come faremo a pagarne 11?”
“Esatto! Quindi, ripetendo l’operazione per 10 anni di seguito, alla fine non avremo più i soldi neanche per pagare l’interesse. La Banca avrà, a quel punto, recuperato tutto l’oro che ci aveva prestato mentre noi resteremo senza liquidità perchè quel denaro, semplicemente, non esisterà più! Quindi, perderemo tutto quello che avevamo dato in garanzia. E noi, resteremo schiavi della Banca. Per Nulla in cambio di NULLA!”
Ora, il discorso un po’ troppo semplificato, potrebbe continuare attraverso la contrazione di nuovi prestiti o l’emissione di nuova valuta (con conseguente svalutazione e, quindi, perdita di valore) oppure, con l’aumento del lavoro personale, a detrimento della qualità della propria vita.
A quel punto, forse, si sarà riusciti a restituire il debito (oltre agli interessi) ma senza raggiungere l’obiettivo di partenza: un Futuro migliore. Qualcuno ci avrà illuso, rubandoci i Sogni, le Speranze il Tempo e la Vita!
La guerra, dunque.
E, proprio su questo argomento, Alda Merini ha scritto i seguenti versi terribili e desolati:
O uomo sconciato come una fossa, in te si lavano le mani i servi, i servi del delitto che ti cambiano veste parola e udito, che ti fanno simile a un fantasma dorato. Viscidi uccelli visitano le tue dimore, sparvieri senza volto ti legano i polsi alle vendette degli altri che vogliono dissacrare il Signore. O guerra, portento di ogni spavento, malvagità inarcata, figlia stretta generata dal suolo di nessuno, non hai udito né ombra: sei un mostro senza anima che mangia la soglia e il futuro dell’uomo”
Noi, da tanti decenni in pace, ci troviamo coinvolti all’interno di tanti di quei conflitti armati, da aver suggerito a Papa Francesco, l’idea di una Terza Guerra Mondiale, combattuta a pezzetti…
A loro agio sono, paradossalmente, gli USA che, con il bizzarro Istrionico e “disturbato” amorale Donald Trump, saltano da una parodia all’altra descrivendo un Mondo nel quale l’assurdo è diventato una tragica realtà, come l’offensiva idea del resort costruito sulle rovine di Gaza….
Daltronde, dagli anni cinquanta del secolo scorso, lontano da casa loro, “esportano” Democrazia e Libertà.
Jodif Brodskij (uno dei maggiori poeti Russi, Nobel nel 1987) si è espresso significativamente:
Su tutto fiammeggia, come al festino di Baldassar (Principe sacrilego N.d.R.), la scritta Coca Cola. Nel giardino del kursaal, gorgoglia piano una fontana. A tratti, una brezza lenta, non riuscendo a cavare dalle sbarre la più semplice roulade, scuote un giornale incastrato dentro il cancello, indubbiamente fatto di vecchie spalliere di letti. Afa. Appoggiato sul moschetto, il Milite Ignoto si fa ancora più /ignoto (…) .
Probabilmente solo la poesia oggi può aiutarci non solo a mantenere vivo il senso del bello ma a favorire una igiene mentale necessaria per “capire “.
Noi, ormai, siamo obbligati a conoscere il mondo tramite la rete di Internet, sostanzialmente impediti di fare reale esperienza del mondo.
È reale questo modo di vivere? Certamente no.
Ci ricorda, infatti, Umberto Galimberti che “frequentando assiduamente, quando non esclusivamente, il virtuale, corriamo il rischio di incorrere in un pericoloso processo di de – realizzazione, dal momento che, osserva il linguista Raffaele Simone, nel virtuale ci si limita a simulare cose che non si possono o non si vogliono fare “.
Le case, ove tutti noi abitiamo, non hanno più ormai nulla che valorizzi i reali rapporti tra esseri umani. Le nostre abitazioni, é stato amaramente osservato, sono purtroppo solo dei container per i collegamenti via cavo, via telefono, via etere (5 G, satellite, etc.)
La realtà che riguarda i rapporti coi nostri cari si allontana e perde calore e colore, mentre prendono la scena (e tutto condizionano) le cose lontane, con la loro pericolosa virtualità.
Stando in poltrona, camminiamo nel mondo ma non camminiamo dentro noi stessi per ripensare quale, realmente, sia la genuina autenticità dei rapporti umani.
Meditiamo, osserviamo, analizziamo per fare i primi timidi passi alla ricerca di una salvezza possibile.
Giungendo a conclusioni che, a volte, ci fanno paura.
Ciò che tutti apparentemente temiamo, affetti da depressione da dipendenza o meno (in piena luce del giorno o tormentati da allucinazioni notturne) è l’abbandono, l’esclusione, l’essere respinti, banditi, ripudiati, abbandonati, spogliati di ciò che siamo, il vederci rifiutare ciò che vogliamo essere. Temiamo che ci vengano negati compagnia, amore, aiuto. Temiamo di venir gettati tra i rifiuti. (Zygmunt Bauman)
Come già scritto in altri nostri lavori, una parte della psicoanalisi (a partire dal padre fondatore, Sigmund Freud) ha spiegato che l’essere umano manca di un programma istintuale capace di orientare la sua esistenza nel Mondo. E proprio su questo “difetto” che prende corpo il programma dell’Inconscio.
In pratica, l’esigenza di muoversi in un ambiente sconosciuto, porta a costruire strategia di risoluzione, attingendo al grande serbatoio di quell’Inconscio collettivo di Junghiana memoria.
Ma siamo realmente liberi nel decidere i nostri percorsi di vita?
In linea di massima, la risposta potrebbe essere affermativa nel senso che basterebbe poter scegliere ciò che più piace e verso cui ci sentiamo più “legati”. Nella realtà dei fatti, qualunque attività decidiamo di intraprendere, dovremo sopportare dei costi pur traendone dei vantaggi.
Quali potrebbero essere questi costi?
Innanzitutto, il tempo da dedicare per prepararci ad affrontare una determinata professione; poi, le difficoltà da affrontare per inserirsi in un circuito lavorativo dignitoso; inoltre, c’è da considerare le frustrazioni con cui, inevitabilmente, ci si scontra durante un percorso occupazionale; infine, non si può trascurare la necessità di sapersi barcamenare tra il tempo da dedicare al lavoro e quello da utilizzare per dare alla propria vita una dimensione di completezza ed equilibrio (affetti, amicizie, tempo libero, miglioramento personale, etc.)
E inoltre, cos’altro dobbiamo patire?
L’uomo è vittima di un ambiente che non tiene conto della sua anima (C. Bukowski)
Qualche anno fa, una giovane trentenne, ci ha espresso la sua frustrazione circa la consapevolizzazione che, la propria generazione, non avesse più alcuna speranza di realizzarsi in un lavoro e non potesse, di conseguenza, garantire alcunché ai propri figli (per chi avesse il coraggio di averne, ovviamente, a queste condizioni).
Questo ragionamento, purtroppo, è crudo e corretto e, per giunta, aggravato dalle incertezze del particolare momento storico.
Ma esiste un “filo di Arianna”… Dobbiamo ricordarci dell’epopea del salmone.
In pratica, questo pesce, dai fiumi scende fino al mare per diventare forte abbastanza per risalire nuovamente i fiumi, in un lungo e faticoso viaggio controcorrente, e andare a deporre le uova in acque fredde e basse, in mezzo ad una ghiaia ben ossigenata.
Al termine di ciò, esaurito il suo compito ed essere scampato ad aggressioni di vario genere (pescatori, orsi bruni, ostacoli naturali di ogni tipo, etc.) si avvia a morire.
Questo, nonostante le apparenze, è legato ad un programma che va oltre l’interesse del singolo, pur considerando, quest’ultimo, di primaria importanza. Il salmone, infatti, serve da nutrimento per la “catena” che incontra sulla propria strada, da elemento riproduttore (indispensabile per il mantenimento della specie) e da fertilizzante, durante la decomposizione (perché porta elementi fondamentali, acquisiti in mare, che garantiscono il proliferare di specie vegetali che si trovano lungo le acque di fiumi, povere di azoto, fosforo, etc.).
E anche per noi, in fondo, dovrebbe essere così.
Ognuno di noi, infatti, cammina verso un progetto specifico (molte volte condizionato da interventi esterni) che lo porta a recitare sul palcoscenico della vita in maniera da crescere, lavorare, avere dei figli, aiutarli a diventare adulti, a cercare un lavoro e quindi… la storia si ripete di generazione in generazione.
Il nostro problema nasce nel momento in cui, a differenza di altre specie animali, siamo in grado di porci la domanda: “Che senso ha, tutto ciò, su questa Terra?”
Il “Fenomeno” Pepe Mujica
José Alberto Mujica Cordano, nato a Montevideo il 20 maggio 1935, è stato un politico uruguaiano, conosciuto con il nome di Pepe Mujica.
Presidente dell’Uruguay dal 1º marzo 2010 al 1º marzo 2015, con un passato da guerrigliero nei Tupamaros ai tempi della dittatura, fu eletto deputato, senatore e, tra il 2005 e il 2008, divenne Ministro dell’Allevamento, Agricoltura e Pesca.
Il 30 novembre 2009 vinse le elezioni presidenziali, battendo al ballottaggio Luis Alberto Lacalle.
Il 20 ottobre 2020, con le dimissioni dal Senato, ufficializzò il suo ritiro a vita privata.
La sua morte, avvenuta qualche giorno fa, offre l’occasione per una riflessione sulla vita e l’agire politico di una personalità unica nel panorama mondiale.
Ha avuto una vita intensa, contrassegnata da uno stile di volontaria semplicità.
Rivoluzionario autentico, fu anche Presidente dell’Uruguay (dal 2010 al 2015), vivendo in maniera semplice e autenticamente “felice” donando, sotto forma di contributi umanitari, il 90% del suo stipendio, di per sé, volutamente modesto: all’incirca, 800 Euro al mese.
Non mi lamento. È una cifra superiore al reddito di molti Uruguaiani.
Le condizioni di grande povertà del popolo, lo addoloravano fortemente ed erano state, infatti, alla base del suo passato rivoluzionario.
.Egli riteneva che la “filosofia” mondiale fosse contrassegnata dalla civiltà dei consumi che metteva al centro di tutto l’avere e non l’essere.
Contadino, per guadagnarmi da vivere nella prima parte della mia vita, mi sono dedicato alla lotta per cambiare la Società non appena ho potuto. In questo momento mi trovo nella condizione di Presidente ma non dimentico che, domani, come qualsiasi altro uomo, sarò un cumulo di vermi e scomparirò nel nulla.
In carcere ho avuto molto tempo per riflettere e ho scoperto che, o siamo felici con poco (perché capiamo che la felicità è dentro di noi), oppure non otterremo niente.
Ci siamo inventati una montagna di consumi superflui: bisogna ininterrottamente comprare, gettare e ricomprare. Ma, quello che stiamo sprecando è tempo della nostra vita. E l’unica cosa che non si può comprare è, appunto, la vita.
Personaggio unico del panorama mondiale, era seguito con simpatia, ma considerato “anacronistico” in base al modo di vita (sbagliato) cui sostanzialmente tutti siamo abituati.
Il contadino povero, che imbarazzava i Potenti.
Un po’ come Francesco d’Assisi che meravigliava per la sua “santa simplicitate”, anche se quasi tutti si guardavano bene dall’imitarne il modo di vita.
E, a guardarci bene, così in fondo è per noi che, a parole, siamo toccati dall’esempio di un uomo come José e ammiriamo la sua vita semplice e l’amore per il mondo della natura ma, poi, in realtà siamo prigionieri di un “progresso tecnologico” che ci sta portando, su una via di cui non vediamo il prosieguo.
Nonostante ciò, riflettere sull’ esempio di questo grandissimo uomo di un piccolo Paese è un dovere basilare, perché può darsi che “da una favilla gran fiamma seconda”.
Non ha voluto l’aereo presidenziale perché, al suo posto, ha preferito fare acquistare un elicottero attrezzato per le emergenze mediche, collocandolo in punti strategici per avere un pronto soccorso volante veloce in caso di necessità.
Si può vivere con molta più sobrietà e allocare risorse per cose davvero importanti per la Società. E, questo, è il vero senso della Democrazia che si è perso nella Politica.
È difficile cambiar modo di vivere ma è sempre auspicabile che vi siano dei miglioramenti se si riflette su chi ha vissuto in modo semplice e sobrio e ha dichiarato con benevola tenerezza di essere stato, per quanto permesso ad un uomo, felice.
Cari Lettori, tra le parole più toccanti che abbiamo avuto modo di incontrare lungo il nostro percorso di vita ci sono quelle di Albert Camus quando scrive che “Nessuno sa che alcuni compiono sforzi immensi, semplicemente per sembrare persone ordinarie”.
Ecco, è proprio qui che risiede la vera sofferenza che, di fatto, diventa Grandezza: cercare di accordarsi con un mondo che non vibra alla stessa profondità del nostro “Essere”.
Cari Lettori, né più né meno del messaggio trasmesso da José Alberto Mujica: la speranza del “volo”, nonostante la pioggia.
Se è vero che le condizioni sono, comunque, sempre il risultato di una azione fatta di vari momenti di “presente” (Il Presente del Passato, attraverso la Memoria; il Presente del Futuro, mediante Intuizione e Speranza; Il Presente del Presente, grazie all’Azione di fatti concreti), allora…
“È meglio perdersi sulla strada di un viaggio impossibile che non partire mai” (Giorgio Faletti).
Deportee (Disastro aereo a Los Gatos)
I raccolti sono tutti caricati e le pesche stanno marcendo
Le arance sono tutte impacchettate in ammassi di creosoto
Vi stanno riportando indietro in volo verso il confine messicano
perchè voi poi spendiate tutto il vostro denaro per guadare di nuovo
Addio Juan, addio Rosalita
Addio amici miei, Jesus e Maria
Non avrete un nome quando sarete su quel grande aeroplano
Il solo nome che vi daranno sarà deportati
Il padre di mio padre guadò quel fiume
Gli presero tutto il denaro che aveva guadagnato nella sua vita
I miei fratelli e le mie sorelle lavoravano nei frutteti
Guidando i grossi autocarri per tutta la vita
Addio Juan, addio Rosalita
Addio amici miei, Jesus e Maria
Non avrete un nome quando sarete su quel grande aeroplano
Il solo nome che vi daranno sarà deportati
L’aereo prese fuoco sul Los Gatos Canyon
Una sfera infuocata di lampi che fece tremare le colline
Chi sono questi compagni che son morti come foglie secche
Alla radio sento dire che sono solo deportati
Addio Juan, addio Rosalita
Addio amici miei, Jesus e Maria
Non avrete un nome quando sarete su quel grande aeroplano
Il solo nome che vi daranno sarà deportati
Abbiam trovato la morte tra le vostre colline e nei vostri deserti
nelle vostre valli e nelle vostre pianure
sotto i vostri alberi e nei vostri cespugli
Su entrambe le rive del fiume abbiamo trovato eguale morte
Addio Juan, addio Rosalita
Addio amici miei, Jesus e Maria
Non avrete un nome quando sarete su quel grande aeroplano
Il solo nome che vi daranno sarà deportati
Alcuni di noi sono clandestini, altri indesiderati
Il nostro contratto di lavoro è terminato e dobbiamo trasferirci
Ma ci sono seicento miglia dal confine Messicano
Ci danno la caccia come fuorilegge, come ladri di bestiame, come rapinatori
Addio Juan, addio Rosalita
Addio amici miei, Jesus e Maria
Non avrete un nome quando sarete su quel grande aeroplano
Il solo nome che vi daranno sarà deportati
E’ questo il modo migliore con cui possiam far crescere i nostri frutteti
E’ questo il modo migliore con cui possiam far crescere la buona frutta
morire come foglie secche e marcire sul terreno
ed esser conosciuti con nessun nome se non “deportato”
Addio Juan, addio Rosalita
Addio amici miei, Jesus e Maria
Non avrete un nome quando sarete su quel grande aeroplano
Il solo nome che vi daranno sarà deportati
“Non è tuo ciò che stringi ma è tuo ciò che tieni stretto al cuore“. (Cit.)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”
Un particolare ringraziamento ad Eugenio Filice per la segnalazione della canzone “Deportee” e ad Amedeo Occhiuto per la segnalazione del film “Concursante”
