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Pubblicato su Lo Sciacqualingua

La lingua italiana è molto più di un semplice mezzo di comunicazione: è un ricco patrimonio culturale, una melodia che attraversa i secoli, una tela su cui si sono intrecciati storia, poesia e innovazione. Dal latino volgare ai neologismi (digitali) il lessico italiano ha attraversato un percorso complesso, fatto di cambiamenti e contaminazioni, ma sempre fedele alla sua natura espressiva.

La lingua di Dante e di Manzoni nasce dal latino volgare, parlato dal popolo romano, in contrapposizione al latino classico delle “élite”. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, il latino si frammentò in dialetti regionali, dando origine alle lingue neolatine. Nel Medioevo queste forme linguistiche continuarono a evolversi finché il fiorentino trecentesco, grazie a Dante, Petrarca e Boccaccio, divenne la base della lingua italiana. Dante, con la sua Commedia, dimostrò che il volgare poteva essere adoperato per la letteratura alta, “imprimendogli” dignità e autorevolezza.

Nonostante il prestigio della “lingua fiorentina” l’Italia rimase a lungo divisa linguisticamente: fino al 1861, anno dell’Unità d’Italia, la maggior parte degli italiani parlava dialetti regionali, spesso molto diversi tra loro. L’italiano era usato perlopiù dagli intellettuali e dagli scrittori, mentre il popolo continuava a comunicare attraverso i dialetti. Fu solo con la scuola obbligatoria, la diffusione dei mezzi di comunicazione e il “boom” economico del dopoguerra che l’italiano divenne realmente la lingua comune. Un grande contributo, in questo senso, lo diede la RAI con programmi educativi come quello del maestro Alberto Manzi, Non è mai troppo tardi, che insegnò l’italiano (scritto, soprattutto) a migliaia di nostri connazionali.

Oggi, la nostra lingua continua a evolversi influenzata da diversi fattori. L’uso dei dialetti, seppur ridotto, continua a caratterizzare la comunicazione in molte regioni, arricchendo il lessico con espressioni uniche. Dalle lingue straniere, soprattutto dall’inglese e dal francese, sono stati importati numerosi prestiti, mentre il linguaggio digitale ha portato nuove abbreviazioni e modi di dire. Anche l’italiano giovanile è in continua trasformazione, con nuovi termini e modi di esprimersi che influenzano il lessico comune e contribuiscono alla naturale evoluzione della lingua.

Il nostro idioma, oggi, si trova a un bivio. Da un lato, c’è il desiderio di preservare la bellezza della lingua e la sua ricchezza espressiva; dall’altro, c’è la necessità di adattarsi alle nuove forme di comunicazione globalizzate. L’Accademia della Crusca e altre istituzioni linguistiche monitorano e guidano questa evoluzione, cercando di mantenere un equilibrio tra conservazione e innovazione. La sfida sarà quella di accogliere il cambiamento senza perdere l’identità, garantendo che l’italiano continui a essere una lingua capace di raccontare la storia e la cultura di chi la parla.

La lingua italiana, dunque, con il suo suono melodico e le sue infinite sfumature, è destinata a evolversi ancora. Ma, proprio come è successo con Dante e Manzoni, sarà sempre la voce di un popolo, la sintesi perfetta tra passato e futuro, tra memoria e invenzione.

A cura di Fausto Raso

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