L’espressione “diritti degli animali” si riferisce all’estensione alle specie animali di alcuni dei diritti fondamentali dell’uomo quali il diritto di vivere in libertà o di non soffrire inutilmente. Il termine “diritto” viene qui inteso sia in senso morale che legale.
Nella cultura occidentale, l’idea di “diritti animali” viene fatta risalire, dai suoi propugnatori, al settecento, secolo in cui si pronunciarono a favore di un’etica animalista, pensatori come Voltaire e Jeremy Bentham.
Ma e’ soprattutto con Peter Singer che, nella seconda metà del novecento, si sviluppa un dibattito filosofico sul “diritto animale” e sul concetto di antispecismo, in opposizione all’utilizzo degli animali come cibo, come cavie ed in qualunque altro contesto, da parte del genere umano. Egli, tra i padri del movimento per i diritti animali, è inventore anche dell’espressione liberazione animale.
I “diritti degli animali” secondo Singer, tuttavia, non sono dei veri diritti in capo agli animali analoghi a quelli in capo alle persone (fisiche o giuridiche), poiché non sono classificabili in nessuna delle due tradizionali categorie dei diritti soggettivi, ossia quella dei diritti assoluti e quella dei diritti relativi: infatti essi non sono diritti di credito, e per giunta sono attribuiti con generalità alla totalità del mondo animale e non al singolo particolare individuo (quindi non sono relativi), ma pur avendo molte delle caratteristiche di “diritti fondamentali” possono essere fatti valere solo nei confronti delle azioni dell’uomo (quindi non sono assoluti) e non di quelle di altri animali (ad esempio, secondo questa filosofia, l’uomo non può uccidere un animale, neanche per cibo: ma l’animale può essere ucciso da un altro animale, quindi non possiede il vero e proprio diritto a non essere ucciso).
Per questo motivo, da un punto di vista giuridico e di filosofia del diritto, molti ritengono più corretto parlare di “doveri dell’uomo nei confronti dell’animale”, piuttosto che di “diritti degli animali.
I diritti animali in filosofia
Le origini dell’idea di diritto animale
Le radici dell’etica animalista nel pensiero occidentale si possono ricondurre fino all’antichità. Fra i più antichi pensatori a essersi espressi contro la violenza nei confronti degli animali viene ricordato soprattutto Pitagora, il quale, a ben vedere, è da considerarsi un vero e proprio antesignano; il rispetto per gli animali e l’adozione di una dieta vegetariana sono fra gli elementi costitutivi del pitagorismo, e influenzarono numerosi autori successivi come Plutarco:
«Tu chiedi in base a quale ragionamento Pitagora si sia astenuto dal mangiare carne: io invece domando, pieno di meraviglia, con quale disposizione, animo o pensiero il primo uomo abbia toccato con la bocca il sangue e sfiorato con le labbra la carne di un animale ucciso, imbandendo le tavole con cadaveri e simulacri senza vita; e abbia altresì chiamato “cibi prelibati” quelle membra che solo poco prima muggivano, gridavano e si muovevano e vedevano. Come poté la vista sopportare l’uccisione di esseri che venivano sgozzati, scorticati e fatti a pezzi, come l’olfatto resse il fetore? Come una tale contaminazione non ripugnò al gusto, nel toccare le piaghe di altri esseri viventi e nel bere gli umori e il sangue di ferite letali? »
Nel Settecento il dibattito sugli animali divenne serrato. Thomas Tryon difese le ragioni etiche del vegetarianismo, mentre David Humescrisse:
«È ridicolo negare una verità evidente, così come affaticarsi troppo a difenderla. Nessuna verità sembra a me più evidente di quella che le bestie son dotate di pensiero e di ragione al pari degli uomini: gli argomenti sono a questo proposito così chiari, che non sfuggono neppure agli stupidi e agli ignoranti.»
Condillac pubblicò un Trattato sugli animali (1755) in cui attribuiva ad essi tutte le facoltà umane e confutava così la teoria cartesiana dell’automatismo degli animali; egli voleva in pratica mostrare che negli animali le abitudini considerate naturali sono in realtà dovute all’esperienza (cioè acquisite), quindi l’istinto può essere assimilato all’intelligenza.
Charles Bonnet, nella sua opera biologico-filosofica, Contemplazione della natura (1764), descrisse le abitudini industriose degli animali, accordando loro un’anima immortale.
Jean Jacques Rousseau, nell’Emilio (1762), consigliò un’alimentazione vegetariana per adulti e bambini, come pratica di educazione alla vita pacifica e al rispetto per gli animali. Anche William Paley e Voltaire sostennero il valore etico del vegetarianismo.
Il primo filosofo a parlare esplicitamente di “diritti” fu il fondatore dell’utilitarismo moderno, l’inglese Jeremy Bentham, che scrisse: “verrà il giorno in cui gli animali del creato acquisiranno quei diritti che non avrebbero potuto essere loro sottratti se non dalla mano della tirannia“. Bentham sostenne anche che non si devono trarre conclusioni morali dall’apparente mancanza di razionalità degli animali:
«Si potrà un giorno giungere a riconoscere che il numero delle gambe, la villosità della pelle, o la terminazione dell’osso sacro sono motivi egualmente insufficienti per abbandonare un essere sensibile allo stesso fato. Che altro dovrebbe tracciare la linea invalicabile? La facoltà di ragionare o forse quella del linguaggio? Ma un cavallo o un cane adulti sono senza paragone animali più razionali, e più comunicativi, di un bambino di un giorno, o di una settimana, o persino di un mese. Ma anche ammesso che fosse altrimenti, cosa importerebbe? Il problema non è “Possono ragionare?”, né “Possono parlare?”, ma “Possono soffrire?”.»
Tuttavia i diritti cui Bentham faceva riferimento erano diritti generali (alla libertà, al non sfruttamento economico, ed in generale alla conservazione della propria natura) parimenti applicabili all’uomo, e che per questo non prevedevano il vegetarianismo né il rifiuto della sperimentazione scientifica, che erano invece accettate.
Arthur Schopenhauer sostenne che gli animali hanno la stessa essenza degli esseri umani, e – pur reputandoli mancanti della facoltà della ragione – ammise in loro emozioni e sentimenti. Egli giustificò l’uso di animali come cibo, ma sostenne anche che la morale dovesse prendere in considerazione gli animali, e si oppose alla vivisezione. La sua polemica nei confronti dell’etica di Kant conteneva un’articolata (e a tratti furiosa) polemica contro l’esclusione degli animali dal suo sistema morale: “sia dannata ogni morale che non vede l’essenziale legame fra tutti gli occhi che vedono il sole“.
Nel 1871Giuseppe Garibaldi fondò la prima associazione animalista in Italia per la protezione degli animali che tutt’ora esiste: l’ ENPA.
Nel 1892, il riformatore sociale inglese Henry Salt pubblicò un libro che ebbe una notevole influenza: Animals’ Rights: Considered in Relation to Social Progress (I diritti animali considerati in relazione al progresso sociale). In quest’opera – apprezzata anche dal Mahatma Gandhi – Salt si faceva sostenitore del vegetarianesimo, mostrando il proprio sconcerto per la crudele condizione patita dagli animali d’allevamento, tanto da osservare:
«Le vittime dei carnivori umani sono nutrite, allevate, predestinate sin dall’inizio alla finale macellazione, così che il loro intero modo di vita è programmato a tal fine, è alterato dal suo standard naturale ed esse non sono più nient’altro che carne animata.»
L’anno precedente Salt aveva fondato la Humanitarian League, fra i cui obiettivi – in tutela sia dei diritti umani, sia dei diritti animali – vi erano la riforma del sistema carcerario, l’abolizione della pena di morte e l’abolizione della caccia.
Di diritti animali, nella prima metà del XX secolo, parlò con energia il Premio Nobel per la Pace Albert Schweitzer, promuovendo un’etica filosofica non limitata solo all’uomo, ma estesa appunto anche agli animali. Sulla stessa linea l’italiano Piero Martinetti, che scrisse:
«Gli uomini riconosceranno che vi è fra tutte le creature un rapporto ed un’obbligazione vicendevole ed estenderanno, senza sforzo, a tutti gli esseri viventi quei sensi di carità e di giustizia, che ora considerano come dovuti soltanto agli uomini»
Nello scritto, pubblicato nel 1926, Piero Martinetti aveva sottolineato che gli animali possedevano intelletto e coscienza e, in generale, una vita interiore, come emergeva dagli “atteggiamenti, i gesti, la fisionomia”; questa vita interiore è “forse estremamente diversa e lontana” da quella umana” ma “ha anch’essa i caratteri della coscienza e non può essere ridotta ad un semplice meccanismo fisiologico”.
Si deve ad uno studio di Cesare Goretti del 1928 l’affermazione controversa che gli animali sono veri e propri “soggetti di diritto” e che l’animale ha una “coscienza giuridica” e una percezione del giuridico, anticipando, in tal modo, tematiche proprie della bioetica e dell’etologia.
Nel 1952 Aldo Capitini fondò la Società vegetariana italiana. Egli affermava:
«Non sono lontano dal pensare che gli uomini arriveranno veramente a non uccidersi tra di loro, quando arriveranno a non uccidere più gli animali.»
Il tema dei diritti animali fu poi trattato nel 1971 da Stanley and Rosalind Godlovitch e John Harris, con il libro Animals, Men and Morals (Animali, uomini e morale). Il testo era una raccolta di articoli che affrontava il tema dei diritti animali con argomenti filosofici potenti e profondi; esso rinvigorì il movimento per i diritti animali e ispirò numerosi altri autori. Fu in una recensione di questo libro che il filosofo australiano Peter Singer, ora professore di bioetica all’Università di Princeton, coniò l’espressione «liberazione animale».
Anche il filosofo del diritto, prof.Norberto Bobbio, in un saggio pubblicato nel 1994, parlò dell’estensione del principio di uguaglianza agli animali:
«Mai come nella nostra epoca sono state messe in discussione le tre fonti principali di disuguaglianza: la classe, la razza ed il sesso. La graduale parificazione delle donne agli uomini, prima nella piccola società familiare e poi nella più grande società civile e politica è uno dei segni più certi dell’inarrestabile cammino del genere umano verso l’eguaglianza. E che dire del nuovo atteggiamento verso gli animali? Dibattiti sempre più frequenti ed estesi, riguardanti la liceità della caccia, i limiti della vivisezione, la protezione di specie animali diventate sempre più rare, il vegetarianesimo, che cosa rappresentano se non avvisaglie di una possibile estensione del principio di eguaglianza al di là addirittura dei confini del genere umano, un’estensione fondata sulla consapevolezza che gli animali sono eguali a noi uomini, per lo meno nella capacità di soffrire? Si capisce che per cogliere il senso di questo grandioso movimento storico occorre alzare la testa dalle schermaglie quotidiane e guardare più in alto e più lontano. »
Jacques Derrida ha parlato altresì di un cambiamento radicale che deve essere messo in atto, come necessità “ontologica” e dovere “etico”, nei rapporti tra uomini e animali.
Liberazione Animale
Con Liberazione Animale si intende l’obiettivo finale dell’animalismo, cioè una società ideale dove viene eliminata ogni forma di sfruttamento animale. I più celebri sostenitori di questo concetto sono l’australiano Peter Singer e lo statunitense Tom Regan.
Entrambi sostengono che l’adozione di una dieta vegana e l’abolizione di tutte le forme di sperimentazione animale siano imperativi morali urgenti per l’umanità.
Peter Singer
Nel 1975, Singer (che si può considerare il fondatore del moderno movimento per i diritti animali) pubblicò il celebre saggio “Liberazione Animale”, in cui introdusse il principio della pari considerazione degli interessi. Secondo tale principio, le nostre deliberazioni morali devono tener conto di tutti gli interessi simili di tutti coloro che sono influenzati dalle nostre azioni:
«Se un essere soffre, non ci può essere una giustificazione morale per rifiutare di prendere in considerazione questa sofferenza. Non importa quale sia la natura di questo essere, il principio d’uguaglianza richiede che la sua sofferenza sia valutata alla pari di sofferenze simili – nella misura in cui è possibile fare queste comparazioni – di qualsiasi altro essere.»
Discriminare gli animali rispetto a questa considerazione, per Singer, sarebbe infatti infondato e ingiustificabile, e quindi puro specismo. Per dimostrare l’insostenibilità delle posizioni che discriminano gli interessi animali come irrilevanti o secondari, Singer fa appello soprattutto a due argomenti:
Argomento degli esseri umani marginali. Per concludere che tutti e solo gli esseri umani meritano uno status morale pieno ed eguale, gli esseri umani dovrebbero avere una qualche proprietà esclusiva che li distingue dagli altri animali. Tuttavia, le proprietà considerate esclusive della specie umana (per esempio la razionalità o l’uso della parola) mancano ad alcuni esseri umani (i “casi marginali”) quali i neonati o certi tipi di malati di mente. Viceversa, tutte le proprietà comuni a tutti gli uomini senza eccezione (quali la capacità di provare dolore) risultano condivise anche dagli animali.
Argomento non egalitario raffinato. Oltre a utilizzare l’argomento degli esseri umani marginali, Singer muove un’altra obiezione alla tesi comune secondo cui razionalità, autonomia, capacità di agire moralmente e così via possano giustificare la discriminazione degli animali sul piano morale. Infatti, secondo l’autore, se tali elementi fossero la base su cui fondare il giudizio morale su un soggetto, se ne potrebbe ricavare un sistema di discriminazioni verso gli esseri umani, strutturalmente analogo al razzismo o al sessismo, secondo cui un essere umano dotato di maggiore razionalità (o autonomia, o moralità) sarebbe portatore di uno status morale superiore ad altri esseri umani meno dotati.
Tom Regan
Nel libro The Case of Animal Rigths, Regan sostenne che alcuni animali devono avere diritti in quanto “soggetti di una vita” (subjects-of-a-life), sebbene non necessariamente nello stesso grado degli umani. Il ragionamento di Regan si può sintetizzare come segue:
- solo gli esseri con valore intrinseco hanno diritti (il valore intrinseco è il valore di un soggetto al di là del suo valore in rapporto con altre persone)
- solo i “soggetti di una vita” hanno valore intrinseco
- solo gli esseri autocoscienti, con desideri e speranze, attori deliberati con possibilità di pensare un futuro, sono “soggetti di una vita”
- tutti i mammiferi mentalmente normali sopra l’anno d’età sono “soggetti di una vita” ed hanno quindi diritti.
Trattare un animale come un mezzo per un fine significa violare i suoi diritti:
«…gli animali sono trattati, di routine e sistematicamente, come se il loro valore fosse riducibile alla loro utilità per gli altri, di routine e sistematicamente sono trattati con mancanza di rispetto, e anche i loro diritti vengono di routine e sistematicamente violati»
Questa posizione può essere vista come una estensione agli animali dell’idea kantiana di legge morale. Sebbene Regan ponga per motivi pratici, e in senso provvisorio, un arbitrario confine nel regno animale (“tutti i mammiferi sopra l’anno d’età”), la sua posizione è tendenzialmente assolutista; qualsiasi azione che violi i diritti (naturali) degli animali è ipso facto sbagliata a prescindere da qualsiasi altra valutazione. Non a caso Regan critica la posizione utilitarista di Singer argomentando che essa si concentra sul soggetto sbagliato, gli interessi, invece di pensare al vero soggetto, gli individui portatori di diritti.
Il ruolo delle emozioni
Alcuni autori hanno suggerito che un limite degli approcci di Regan, Singer e altri sia quello di cercare di fondare l’etica del comportamento verso gli animali prescindendo da elementi di tipo emotivo. Sentimenti come la compassione e la simpatia per gli animali, o la repulsione verso le sofferenze imposte loro dall’uomo, non hanno fondamento razionale ma potrebbero essere elementi significativi nell’impostazione di un sistema morale. In questo senso, il paradosso rappresentato da coloro che condividono razionalmente le argomentazioni dei sostenitori dei diritti animali, e continuano a mangiare carne, sarebbe da ricondursi al fenomeno generale della responsabilità mediata nel mondo moderno.
Altre posizioni
Un altro pensatore influente è Gary Lawrence Fracione che nel libro Introduction to Animal Rights sostiene la visione abolizionista per cui gli animali dovrebbero avere almeno il diritto fondamentale di non essere trattati come proprietà degli esseri umani, presupposto fondamentale per la definizione di qualunque altra forma di diritto animale.
L’abolizione del concetto di proprietà applicato agli animali è quindi, per Francione, il primo obiettivo che il movimento per i diritti animali dovrebbe perseguire; e ignorare tale obiettivo significa essere, nella migliore delle ipotesi, solo sostenitori dell’animal welfare.
Francione osserva anche che una società che considera cani e gatti come “membri della famiglia” e contemporaneamente uccide mucche, galline e maiali per nutrirsene è “moralmente schizofrenica”.
Critiche ai diritti animali
Fra gli avversari dei diritti animali, molti (in particolare i pensatori della scuola neokantiana) sostengono che solo un essere morale (ovvero dotato di un proprio senso della morale) possa avere diritti da un punto di vista morale; al più, gli animali si possono trattare in modo “umano” (compassionevole).
In realtà alcuni autori si spingono più in là dichiarando che i nostri doveri si estendono al di là del divieto di ledere la proprietà altrui, e che abbiamo anche il dovere di non essere crudeli verso gli animali perché:
«facendo il nostro dovere verso gli animali rispetto alle manifestazioni della natura umana, indirettamente facciamo il nostro dovere verso l’umanità. Possiamo giudicare il cuore di un uomo dal suo trattamento degli animali»
(Kant)
Essere crudeli nei confronti degli animali dunque è sbagliato perché riflette una indifferenza verso la sofferenza che può manifestarsi anche nei rapporti con altri esseri umani.
Nel libro Una carezza per guarire, l’oncologo Umberto Veronsei ha riassunto le principali critiche ai diritti animali, fornendo ad esse delle concise risposte secondo il punto di vista singeriano:
«Proviamo a sintetizzare perché per molti il principio dell’eguaglianza tra uomini e animali non è accettabile: 1. Gli esseri umani hanno una complessa struttura neuropsichica che li porta a soffrire enormemente di più di quanto soffrirebbe un animale in circostanze simili. 2. Tra gli uomini esiste un dolore e una sofferenza indotta… che non è esistente, o è minima, nella gran parte degli animali a causa della loro rudimentale struttura affettivo-sociale. 3. La coscienza e consapevolezza della propria esistenza, e del proprio futuro, porta gli uomini, in caso di sofferenza, a condizioni di angoscia che gli animali non possono provare. 4. Gli animali sono aggressivi tra di loro… Perché rispettare regole che gli animali per primi non rispettano? 5. Esiste una legge naturale, darwiniana, secondo la quale il più forte e il più intelligente ha la meglio sul più debole… L’uomo… farebbe bene, proprio per rispetto alle leggi naturali, a non cambiarla. I nuovi filosofi rispondo a queste obiezioni in modo semplice e, nel complesso, convincente. Riguardo ai primi tre punti si fa notare che anche nella specie umana vi sono condizioni il cui livello di elaborazione psichica della sofferenza e di capacità di percezioni esistenziali e di angoscia sono nulle o minime (neonati, ritardati…) ma nessuno riterrebbe tali condizioni sufficienti per uccidere questi esseri o per usarli per esperimenti. Alla quarta obiezione si risponde che proprio questi comportamenti sono quelli che vengono definiti “bestiali” e che certamente non vanno presi come guida morale (Singer). Inoltre, gli animali spesso non sono in grado di considerare possibili alternative e soprattutto non hanno princìpi etici sul modo di alimentarsi. Per quanto riguarda l’ultimo punto, è facile obiettare innanzitutto che è sbagliato pensare che il consumo di animali sia parte del disegno evolutivo naturale. In secondo luogo, quand’anche lo fosse, sarebbe giusto correggere, come si è fatto in molte altre circostanze, una legge naturale ingiusta e iniqua.»
Leggi sui diritti animali
Le prime leggi della storia a tutela degli animali sono probabilmente costituiti da alcuni degli editti di Asoka, emanati in India sotto l’Impero Maurya (III secolo a.C.), e ispirati ai principi del buddhismo.
Negli anni trenta del XX secolo la Germania emanò una serie di provvedimenti in tema di diritti degli animali (la legislazione nazista in tema di animali è comunque oggetto di accesa controversia, sebbene tali leggi siano ancora in vigore nella Germania democratica). Dopo tale parentesi, fino all’inizio degli anni novanta, nessun altro ordinamento giuridico occidentale ha più contemplato l’attribuzione di veri e propri diritti agli animali. Nel 1992, la legislazione svizzera fu modificata per riconoscere agli animali lo status di esseri anziché cose. Nel 2002, il parlamento tedesco votò per aggiungere le parole “e degli animali” alla clausola della costituzione che obbliga lo stato a rispettare e proteggere la dignità degli esseri umani. Quasi tutti gli altri paesi hanno leggi contro la crudeltà o il maltrattamento di animali, per la regolamentazione delle condizioni in cui gli animali vengono allevati, e così via, ma senza menzione esplicita di alcuna forma di “diritto”. In Italia la norma di riferimento attualmente è la legge n.189/2004 in materia di Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate (L. 20 luglio 2004, n. 189. Dal 2022 anche la Costituzione contiene un riferimento ai diritti animali, indicando che la Repubblica
«Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.»
(Articolo 9, comma 3)
I diritti animali in pratica
I fautori dei diritti animali utilizzano spesso l’arma del boicottaggio nei confronti delle industrie che usano gli animali, ovviamente a partire dall’industria dell’allevamento. In genere adottano una dieta vegetariana o vegana ed evitano di acquistare indumenti fatti di pelle animale o prodotti cosmetici o farmaceutici che contengono cosiddetti sottoprodotti di origine animale o che sono stati sperimentati sugli animali.
Giornata Internazionale per i Diritti degli Animali
Nel 2007 il 10 dicembre è stato proclamato da un’associazione animalista inglese, la “Uncaged”, Giornata Internazionale per i Diritti degli Animali.

Iscritta all’Albo degli Avvocati del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, Patrocinante in Cassazione, esercita la professione di avvocato in materia di diritto civile, in particolare diritto di famiglia, del lavoro e della previdenza, diritto dei consumi, recupero crediti. Dal 1995 è Giurista d’Impresa. Dal 2006 al 2012, presso varie emittenti radiofoniche e televisive locali, ha partecipato come ospite fissa in trasmissioni di informazione giuridica. Dal 2015 si dedica alla tutela degli animali, rappresentando cittadini privati e associazioni animaliste sia in processi civili che, come parti civili, nei processi penali (Abilitazione all’esercizio della professione di avvocato conseguita in data 29/06/1998). Iscritta all’Albo dei Giornalisti- Elenco pubblicisti dal 26/10/2002.