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Pubblicato su Lo SciacquaLingua

Il lemma “alloquio” non è attestato nei vocabolari dell’uso corrente e non compare nelle principali opere lessicografiche. Risale al latino ‘alloquium’, derivato dal verbo ‘alloqui’, composto da ‘ad-’ (a, verso) e ‘loqui’ (parlare). In epoca latina il sintagma in oggetto si riferiva a un discorso rivolto direttamente a qualcuno, un atto di comunicazione intenzionale e diretto. Sebbene il termine non sia entrato nell’uso consolidato dell’italiano moderno, esso conserva un fascino e una profondità che – secondo chi scrive – meritano di essere recuperati.

Riscoprire “alloquio” sarebbe un gesto di valorizzazione del patrimonio linguistico, poiché questo lemma potrebbe arricchire il lessico italiano con sfumature che lo distinguono dalle più comuni alternative, come “colloquio” o “discorso.” La sua solennità offre un tocco di raffinatezza e di significato in particolari contesti. Pensiamo, per esempio, a un incontro diplomatico: “L’alloquio tra i capi di Stato si è svolto all’insegna di una rinnovata amicizia, gettando le basi per un futuro accordo commerciale.” Qui, il termine aggiunge una sorta di “gravità” che amplifica l’importanza dell’evento.

Anche in una narrazione storica o epica, “alloquio” potrebbe richiamare immagini di momenti intensi e simbolici: “L’alloquio tra il comandante e le sue truppe, alla vigilia della battaglia, risuonò come un forte richiamo alla gloria e al coraggio.” In questo caso il termine non descrive solo un dialogo, ma sottolinea il valore emotivo e l’urgenza del momento. In ambito accademico o filosofico il sintagma in oggetto potrebbe essere impiegato per esplorare concetti di introspezione e riflessione profonda: “Nel suo ultimo saggio, l’insigne docente ha definito l’alloquio come una forma di dialogo interiore, in cui l’anima si rivolge alla propria coscienza.” Questo uso accresce la dimensione speculativa e meditativa, conferendo profondità al contenuto.

Per quanto attiene all’ambito artistico, “alloquio” potrebbe essere reintrodotto come termine pregno di significati e sfumature letterarie: “Nel romanzo, l’alloquio tra la regina e il poeta si fa veicolo di verità nascoste, sussurrate in un linguaggio colmo di simbolismi.” Oppure, in una scena teatrale, il suo utilizzo potrebbe arricchire l’atmosfera e il tono della rappresentazione: “Protagonista A: Come osi, ministro, dissimulare i fatti? Protagonista B: Oserei ben altro, signore, se l’alloquio fosse franco e privo di reticenze!” Questo uso elevato del termine conferisce al dialogo una sfumatura arcaica e solenni accenti drammatici.

La lingua italiana, insomma, nella sua ricchezza e complessità, trova la propria bellezza nella varietà e nella capacità di reinventarsi. Riportare in auge “alloquio” rappresenterebbe non solo un atto di recupero culturale, ma anche un invito ad ampliare il ventaglio espressivo disponibile per gli scrittori, i poeti e i conferenzieri di oggi. Un piccolo gesto che potrebbe valorizzare maggiormente la profondità della nostra lingua, invitando a una riscoperta delle sue radici e offrendo nuove possibilità creative per il futuro. Sarebbe una dimostrazione di amore per la parola e per le sue infinite sfumature.

A cura di Fausto Raso

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