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C’era una volta…

Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.

Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.

Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno: ma un burattino maraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino: che ve ne pare?

Lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna. Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il padre, Pinocchia la madre e Pinocchi i ragazzi, e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina. (Carlo Collodi – Le avventure di Pinocchio)

Cari Lettori, nonostante la nostra non poca esperienza di vita e professionale che dovrebbe prepararci a realtà di ogni genere, una di quelle riflessioni che, maggiormente, irritano la nostra mente ogni volta che osserviamo “anomalie comportamentali” (eufemismo per significare i vari tipi di scorrettezze e le varie manifestazioni di maleducazione) riguarda la doppia bestemmia che si rivolge a quell’ipotetico Padreterno che, Tutto, avrebbe creato.

La prima, nel momento in cui ci si allontana dai dettami del più elementare rispetto del senso civico, etico e morale.

La seconda quando, addirittura, si pretende di dimostrare la piena ragione delle proprie azioni.

L’acume è la perfezione della ragione, mentre la furbizia è una specie di istinto che porta a cercare solo il proprio interesse” (Joseph Addison).

Poco tempo fa, abbiamo avuto modo di ascoltare una giovane adolescente confidarci: “Io non sopporto mio padre perchè è un bugiardo cronico pur dichiarando di essere onesto e, quando, qualche volta, riusciamo a smascherarlo in maniera inequivocabile, prima si arrabbia e ci accusa di volerlo svilire e, poi, conclude che si è trattato soltanto di uno scherzo!”.

Predicare bene e razzolare male…

Coloro che si autodefiniscono persone “a modo”, si presume che siano in grado di comprendere il concetto di onestà interiore. Il fatto è che, sempre quell’ipotetico Padreternoci ha dotato di un meccanismo di “preavvio” (che dovrebbe funzionare solo per i primi tempi) chiamato Egocentrismo narcisistico.

In pratica, una sorta di assenza morale per riuscire a chiedere anche l’impossibile, pur di restare in vita: pensiamo a quanta dedizione sia necessaria per “custodire” un bimbo. Purtroppo per tutti, però, la maturazione verso il riconoscimento del rispetto reciproco, non procede, automaticamente, percorrendo la via dell’accrescimento anagrafico.

Per migliorare, infatti, partendo da buoni “Modelli Operativi Interni” (corretto legame fra genitori e figli e adeguati sistemi educativi), sono richieste dosi quotidiane di “sane porzioni” di frustrazioni. Nei confronti delle quali, però, ognuno prende le distanze.

Con un simile, immaturo, modulo software, ciascuno resta convinto di essere nel giusto, anche di fronte a qualsiasi richiesta o azione a danno altrui.

In pratica, si finisce col restare invischiati in una sorta di magma colloidale che, orientandosi verso le gradazioni dei disturbi narcisisitici di Personalità, sfiora, come una meteora, anche gli ambiti “antisociali” colorandosi di disonestà (e relative menzogne), irresponsabilità e mancanza di rimorsi.

In ogni tempo si sono sempre fatti spazio, in ambito sociale e in particolare, in politica i furbi che parlano di sacrificarsi per il bene comune ma in realtà badano a curare il proprio “particulare”.

Dominano per un po’ la scena finché la loro stessa inefficienza, prima o dopo, li porta, in vario modo, a dover abbandonare il potere.

Oggi chi arriva a comandare usa le tecniche in vigore in questo tempo. Un uso abile e furbo assai dei media per far breccia nel popolo sovrano, che è frastornato e imbambolato da decenni di tv edonistica e spesso banale.

Nei momenti di crisi particolarmente acuti il cittadino avverte un malessere fisico, culturale e sociale che non sa come curare.

Volendoci rifare al passato remoto,  “disturbiamo” la Bibbia e riportiamo quanto scrive il Profeta Michea : 

I capi governano solo in vista dei regali, i sacerdoti insegnano solo per lucro, i profeti emettono oracoli solo per denaro. Una società in cui si crea un vero e proprio stravolgimento dei valori.

Come commento a questa degenerazione, che spesso ci vede conniventi, il Profeta Isaia scriveva:

Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che scambiano la tenebra per luce e la luce per tenebra, che mutano l’amaro in dolce e il dolce in amaro.

In una Società capitalistica come la nostra, dei cosiddetti “vuoti a perdere mentali” è apprezzata in sommo grado la sarcastica affermazione ottocentesca del poeta Vincenzo Padula“chi non ha, non è!”

Oggi, i Profeti sono per lo più quegli intellettuali (volendoli così definire, per comodità) inseriti nel libro paga dei vari potentati, avendo il compito di presentare e pubblicizzare ogni cosa nel modo che, ai rispettivi datori di lavoro, più aggrada.

Il politico furbo elabora un suo percorso e poi con abilità ci convince che è il nostro percorso da fare per raggiungere il bene, la sicurezza, addirittura la felicità.

Per fare ciò è costretto a disseminare il terreno di bugie che, all’inizio, per la tradizionale credulità dei più, vengono prese per oro colato.

Un famoso psicologo statunitense, il contemporaneo Howard Gardner sostiene che ci deve essere un equilibrio tra l’impegno, l’etica e l’eccellenza per poter diventare grandi professionisti.

Non si raggiunge l’eccellenza se non si pensa di superare la soddisfazione del proprio ego, delle proprie ambizioni e della propria avarizia. E, soprattutto, se non ci si impegna in obbiettivi che vanno oltre le proprie necessità, che guardano alle esigenze di tutti. Questo esige etica perché, senza principi etici, si può diventare ricchi o tecnicamente preparati, ma non eccellenti.

La correttezza prevede o, meglio, dovrebbe prevedere, situazioni di reciproco scambio (termine molto inflazionato, ed utilizzato quasi sempre, e a torto, in un’accezione negativa) attraverso le quali, questa, deve, necessariamente, estrinsecarsi nella sua migliore espressione.

Purtroppo, sono veramente rari i casi in cui, nei rapporti intersoggettivi, tale criterio viene proposto nella sua nobiltà di concetto. Ormai, troppo spesso nel teatro della nostra vita, assistiamo alla rappresentazione folcloristica della realtà dei furbacchioni. Pare, addirittura, che, il regista di questo “spettacolo”, abbia grosse difficoltà ad arginare il flusso di attori e comparse che, quotidianamente si offrono volontari per salire sul palcoscenico, al fine di poter recitare qualsiasi parte.

E senza bisogno di copione alcuno!

L’italiano ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno (Giuseppe Prezzolini)

Ritornando all’argomento principe di questo editoriale, possiamo scrivere, attenendoci alla realtà che ci circonda, che la correttezza non è, di certo una delle cose più conosciute di questo mondo, o per meglio dire, è molto conosciuta e, per questo, molto evitata. Per comodità!

Infatti, a conferma di quanto proposto, vi invitiamo ad osservare e ad ascoltare un furbetto, uno di quelli che, ogni tanto, viene smascherato da programmi televisivi come “Le Iene”! Dinieghi, giustificazioni, teorie fantasiose fino a giungere, finanche, alla creazione di versioni spazio – temporali assurde, calate in contesti eterei che, per taluni aspetti, portano a sconfinare in disturbi borderline (o peggio).

Purtroppo di frustrazioni, nell’arco di una sola giornata, ne dobbiamo subire tante, ed ecco uno dei motivi dei molti gesti inconsulti che apprendiamo dalle fonti d’informazione; gesti, nella maggior parte dei casi, frutto di esasperazione.

Ma c’è di più.

Infatti, con considerevole frequenza, assistiamo al coniugio di comportamenti spregevoli e mancata riconoscenza: un binomio che costituisce uno dei momenti più bui della vita di un essere umano.

A conferma di ciò, e cioè, della pregnanza dell’argomento, riportiamo un’antica massima sempre più attuale: “Non fare del bene se non sei preparato a ricevere il male”.

Ma come ci si può difendere da tutto ciò?

La bellezza della vita risiede nel fatto che è precaria e, tutto sommato, breve (anche quando ci sembra lunga).

L’uomo si sente nei decenni di operatività, specie quando è in buona salute, forte ed “eterno”, quasi fosse un Dio.

Chi, poi, per diverse strade giunge al potere avverte, se ha un pessimo carattere, un delirio di onnipotenza.

Da parecchi decenni non si assisteva nel mondo democratico occidentale a delle uscite “folli” da parte di chi ha un potere grandioso.

Sapevamo che, per esempio, il presidente USA gestisse molto potere, ma eravamo rassicurati dal fatto che c’erano dei contrappesi (Congresso, Alta Corte etc) che svolgevano bene il loro ruolo. Ora, invece, siamo in un momento storico in cui la democrazia è in forte crisi e la tecnocrazia la fa da padrone.

Chi viene eletto con regolari elezioni pensa ai nostri giorni che è legittimato a fare tutto.

Per noi, dicono queste figure, non valgono le leggi, perché noi siamo stati scelti dal popolo e al popolo, se ci ha votato, evidentemente non interessa se abbiamo rubato, fatto violenze di vario tipo, preso soldi dalla Comunità Europea.

C’è poco da ridere. Questo modo di pensare sta avendo successo negli USA e in alcuni Paesi europei. È il momento del populismo, del sovranismo.

Che fare? Seguire il consiglio del vecchio proverbio che in italiano suona, più o meno, “abbassati giunco, che sta arrivando la piena del fiume”?

Evidentemente, no.

Sforziamoci di fare quello che è giusto, invece di quello che ci conviene. Educhiamo i figli ad essere onesti, non furbi. (Tiziano Terzani)

Per quanto riguarda l’Italia, la Costituzione è costata ai nostri padri “lacrime e sangue” e non si può assistere indifferenti al suo smantellamento.

L’attacco ad uno dei tre poteri (quello giudiziario) mira a trasformare il sistema in un regime autoritario, il cui sogno è eliminare la libertà.

Il momento è purtroppo delicato perché molti media fanno grancassa a favore di chi lavora per instaurare un potere autoritario.

Per noi è sempre più fastidioso seguire le bugie delle fonti di informazione che entrano in casa nostra, violentandoci.

Una volta era più facile sopportare il potere autoritario, perché il potere era distante e se ne sentivano gli effetti alla lontana. Pensiamo ad alcuni sanguinari imperatori romani.

Caligola nominò senatore il suo cavallo. Orrore! Ma i cavalli sono intelligenti, molto molto di più di qualche Senatore che oggi, tramite la tv, ci vomita stolidità ad ogni piè sospinto.

Questi “tracotanti” ci mortificano ma, ogni giorno che passa, va contro di loro che, senza averne consapevolezza, si avviano (come natura esige) verso la vecchiaia, la malattia, la morte.

I sanguinari dittatori ebbero tutti la stessa fine: la morte.

Alcuni, come Nerone, si mossero con pavidità, altri, non tollerando di cadere nelle mani nemiche, si sono suicidati. Un finale squallido, dopo una vita di soprusi.

E una volta morti, la storia volta pagina, mentre gli storici si sforzeranno di spiegare il perché di decisioni violente nei riguardi di interi popoli.

Gli antichi Romani (gente concreta nella sua essenzialità) ricordavano al Generale che festeggiava una sua grande vittoria che anche lui era, comunque, destinato a morte:

Ricordati che devi morire!

Se pensiamo a questo, ci rassereniamo un po’ perché siamo costretti a prendere atto di un dato inconfutabile: ognuno, prima o poi, “leva il disturbo”.

Certo, un uomo violento e autoritario che ha potere su tanti altri uomini procura dolore e differenze a molti. Contrastandolo, nei modi a noi possibili, dobbiamo trovar forza dal convincimento che, il potente, prima o dopo cadrà dal suo piedistallo e, mentre starà per chiudere gli occhi per sempre, capirà che tutti i suoi crimini saranno ricordati con esecrazione.

Se gli uomini ambiziosi e crudeli tenessero conto di ciò, il mondo ne guadagnerebbe.

Ho spesso visto persone diventare infelici per essersi accontentate di risposte inadeguate o sbagliate ai problemi della vita; cercano la posizione, il matrimonio, la reputazione, il successo esteriore o il denaro, e rimangono infelici anche quando hanno ottenuto tutto ciò che cercavano. Persone del genere, di solito, sono confinate in un orizzonte spirituale troppo angusto: se fossero vissuti in un’epoca, in un ambiente nel quale l’uomo attraverso i miti era ancora in rapporto con il mondo ancestrale e, quindi, con la natura sperimentata realmente e non vista solo dall’esterno, avrebbero potuto evitare questo disaccordo con sé stessi. È fin troppo chiaro che se il singolo non è realmente rinnovato nello spirito neppure la società può rinnovarsi poiché essa consiste nella somma degli individui. (Carl Gustav Jung – “Ricordi, sogni, riflessioni”)

Cari Lettori, in questo Universo, poche sono le cose certe. Ad esempio, gli scienziati convinti che tutto si basasse su poche particelle elementari, sono franati di fronte alla presenza di energia e materia oscura che scombina la possibilità di prevedere reazioni future.

Eppure, nonostante questa evidenza, ci possiamo difendere dai colpi dei “parassiti”, di certo, non isolandoci, visto che l’essere umano ha bisogno di relazionarsi con la realtà che lo circonda.

Molto più adeguato il coltivare l’immenso campo della propria personalità ed ottenere, come conseguenza logica, la propria evoluzione maturativa o, come dicono alcuni autori anglosassoni, una adeguata “Mentalizzazione”.

Attenzione, però, senza un impegno severo e continuativo, si potrà puntare, al massimo, a scimmiottare personaggi di collodiana memoria, antesignani della diversa abilità.

E, rifacendoci alla particolare immagine di copertina, proviamo ad analizzare il messaggio che Carlo Lorenzini (alias Collodi) ha tentato di inviare all’Umanità attraverso il suo Pinocchio. Il nome, Pinocchio appunto, deriva dalla composizione delle parole “pino” e “occhio”. Il pino è l’albero i cui frutti, i pinoli, hanno la stessa forma della ghiandola pineale, che nella tradizione esoterica rappresenta appunto il “terzo occhio”.

E chi non ricorda il gatto e la volpe che, con i loro raggiri, cercano di distrarre il burattino dal suo percorso di trasformazione in essere umano attraverso un meccanismo di “scavo” e “consapevolizzazione” interiore, provando a diventare i suoi falsi amici fuorvianti, carichi di menzogne e false promesse?

E il processo che vede condannato Pinocchio pur essendo parte lesa (in quanto derubato dai due lestofanti summenzionati)?  

Se ad una prima osservazione la conclusione potrebbe sembrare paradossale, approfondendoci nelle riflessioni, si evidenzia l’allusione al fatto che siamo noi, i soli e unici responsabili di quanto ci accade.

Questa bella storia rappresenta, quindi, il percorso verso il risveglio dell’essere, attraverso il bisogno di essere “individuati” da un simbolico Padre che, attraverso il suo simbolico “riconoscimento” ci dimostra il suo Amore.

Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello che diamo, ma quanto amore mettiamo nel dare (Madre Teresa di Calcutta)

Purtroppo, da che mondo è mondo, la Storia (come ci ricorda Elsa Morante nel romanzo che porta proprio quel titolo) è stata contrassegnata da violenze a ripetizione, intervallate da momenti di pace, preparatori di nuovi drammi e dolori.

Pensando a ciò, si sarebbe indotti a lasciar perdere e, quasi, ad unirsi a chi vive in modo indegno e crudele.

Ma è il pensiero di un momento, perché dobbiamo impegnarci sempre più per allungare i periodi di pace, sapendo purtroppo che c’è gente che, mentre noi lavoriamo per la pace, si impegna con tutti i suoi mezzi per favorire la guerra (a parole gridando però che ama la pace!).

Bisogna aguzzare la vista per saper distinguere il lupo dall’agnello, la colomba dal falco.

Noi siamo dalla parte delle colombe, colombe noi stessi.

E il vecchio Pinocchio di legno dove si sarà nascosto?

Eccolo là . rispose Geppetto: e gli accennò un grosso burattino appoggiato a una seggiola, col capo girato sur una parte, con le braccia ciondoloni e con le gambe incrocicchiate e ripiegate a mezzo, da parere un miracolo se stava ritto.

Pinocchio si voltò a guardarlo; e dopo che l’ebbe guardato un poco, disse dentro di sé con grandissima compiacenza:

Com’ero buffo, quand’ero un burattino! e come ora son contento di esser diventato un ragazzino perbene!… (Carlo Collodi – Le avventure di Pinocchio)

Cari Lettori, come di consueto vorremmo accomiatarci lasciando che le nostre e le vostre emozioni vengano colorate da opportuni spunti giunti attraverso musica e parole. Questa settimana, immaginando il significativo dialogo fra Geppetto e Pinocchio nella delicata immagine di copertina, abbiamo scelto un testo e un video che, a soffermarsi un po’ ti fanno chiedere: “Ma come ho fatto a non capirlo prima?”

Vorrei che tutti gli esseri umani camminando, potessero guardare in basso per aiutare chi è caduto e, sempre e comunque, in alto verso il cielo, per capire fin dove si può arrivare, insieme. (Cit)

Viva la Vita

E non conta, se non ci credi che siamo un momento tra “sempre e mai più”

Come una poesia dentro l’eternità per una botta e via

Sarà che una bugia dice la verità più della verità

Ma com’è limpida, com’è domenica

Viva la vita così com’è, viva la vita questa vita che

È solo un attimo, un lungo attimo

Viva la vita finché ce n’è

Viva la vita questa vita che è solo un battito,

Un lungo battito, a darsi il cambio, ad aiutarsi

A consumarsi al vento, assomigliarsi

Pelle e ossa, stesso fuoco dentro

Insieme, due paralisi faranno un movimento

Insieme non si perderanno mai

E dimmi una bugia: la mezza verità, che tanto poi si sa…

Che cosa vuoi che sia

Su tutti i lividi farà da anestesia

E se ci brucerà, e se ci porta via…

Viva la vita così com’è

Viva la vita, questa vita che

È solo un attimo, un lungo attimo

Viva la vita finché ce n’è, viva la vita questa vita che

È solo un battito, un lungo battito

A darsi il cambio, ad aiutarsi

A consumarsi al vento, assomigliarsi

Pelle e ossa, stesso fuoco dentro

Insieme, due paralisi faranno movimento

Insieme, due romantici alle porte dell’inferno

Viva la vita così com’è

Viva la vita, questa vita che è solo un attimo, un lungo attimo

Ma, in fondo, tu lo sai che quello che sento

È vivere davvero ogni momento

E’ sempre il più furbo che, alla fine, pagherà per tutti, invecchiando sotto il pezzo di carcere che lo ha sepolto (Vincenzo Andraous)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese -Direttore La Strad@

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per la collaborazione

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