Pubblicato su Lo SciacquaLingua
I verbi rimproverare e stigmatizzare sono ritenuti – nell’uso corrente – sinonimi l’uno dell’altro e adoperati indifferentemente. Ma a una attenta analisi non sono intercambiabili in tutti i contesti perché hanno delle sfumature diverse. Vediamole assieme.
Cominciamo con rimproverare, dal tardo latino “improperare”, vale a dire ‘redarguire’, ‘ammonire’ e simili. Questo verbo, dunque, esprime disappunto o critica verso qualcuno per un comportamento ritenuto scorretto. Il rimproverare, spesso, mira a correggere un comportamento sbagliato; un rimprovero, quindi, può essere costruttivo, anche se a volte può sembrare severo.
Vediamo qualche esempio per meglio chiarire il concetto. “Devi fare più attenzione ai compiti – dice l’insegnante all’alunno – altrimenti rischi di rimanere indietro”. Qui il docente rimprovera lo studente per non avere svolto correttamente l’esercizio, ma lo fa con l’intenzione di incoraggiarlo a migliorare.
Analizziamo ora stigmatizzare. Dal greco tardo “stigmatízein”, cioè ‘imprimere un marchio, un segno’ il cui uso figurato di ‘biasimare, rimproverare’ ricalca il francese “stigmatiser”. Stigmatizzare, quindi, significa figuratamente, imprimere un marchio negativo a una persona o a un gruppo a causa di una caratteristica, di un comportamento o di un’azione ritenuta inaccettabile.
Per meglio chiarire: consideriamo un adolescente che viene stigmatizzato a scuola perché ha difficoltà con l’apprendimento. I compagni lo prendono in giro e lo evitano, dicendo cose come “Non parlare con lui, è stupido”. Ciò può avere conseguenze durature sul benessere emotivo e mentale del ragazzo, molto più gravi di un semplice rimprovero per non aver completato un compito.
Concludendo. Il rimproverare mira a correggere un comportamento con l’intenzione di migliorarlo, lo stigmatizzare implica un giudizio negativo più ampio e duraturo che può portare a gravi conseguenze. Rimproverare, insomma, può essere visto come un atto di critica costruttiva, mentre stigmatizzare è un’azione che può causare danni profondi e duraturi negli individui.
A cura di Fausto Raso

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.