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Un’eredità di ricordi e di amore

Ci conosciamo da sempre, eppure siamo degli estranei. Possiedi più di ventimila ettari di terreno, dieci milioni di dollari, una moglie, due figli: tu ci possiedi ma non ci ami!”

A modo mio, credo…”

Nossignore! Tu non ami il tuo prossimo. Hai voluto nipoti da Gooper e ne vorresti da me. Perché?”

Perchè parte di me continui a vivere e non finisca tutto con una lapide! Guarda! Questo ha lasciato a me, mio padre: una vecchia valigia. E, dentro non c’era niente. Solo la sua vecchia divisa della guerra Ispano Americana. Solo questo, lasciò a me. Nient’altro! Ho creato tutto io, qui. Dal niente!”

Solo quello, ti lasciò?”

si, era un vagabondo, un abbonato dei carri bestiame. Oh, lavorava ogni tanto, come bracciante e, io, gli andavo dietro. I miei ricordi di quei giorni sono fame e vergogna. Vergogna di quel miserabile vagabondo. Dormivo sulla paglia, io! Non dovrai seppellirmi come ho dovuto fare io con lui. Gli scavai la fossa vicino alle rotaie della ferrovia…. Correvamo appresso a un treno merci e gli venne un colpo. Vuoi saperlo? Quel vagabondo morì ridendo”

Di che rideva?”

Di sé stesso, forse”

Forse rideva solo perché era felice, felice di aver vicino, te. Ti portava sempre con sé, non ti lasciava mai”

Ne abbiamo parlato abbastanza…. Si, lo amavo. Non ho mai voluto bene a nessuno coma a quel vecchio vagabondo”

E dici che non ti lasciò altro che una valigia con, dentro, una vecchia divisa della guerra ispano Americana…”

Anche dei ricordi…”

E amore”

La vita è trovare un significato in un universo senza senso, sfidare l’assurdità con coraggio e passione (A. Camus)

Cari Lettori, per qualcuno la vita si snoda in una battaglia con le parti più oscure del nostro animo, per altri è un percorso nel quale scoprire le nostre virtù e capire meglio il mondo che ci circonda.

Probabilmente, riprendendo il dialogo con cui abbiamo iniziato il nostro Editoriale, quello che ci accade può apparirci surreale o enigmatico, spesso assurda ma, a saperlo osservare, apre sempre le porte alla trasformazione e alle possibilità.

La gatta sul tetto che scotta, è un film del 1958 diretto da Richard Brooks, tratto dall’omonimo dramma teatrale di Tennessee Williams (con due pilastri del calibro di Elisabeth Taylor e Paul Newman) in cui si contrappongono tematiche difficili come il dolore nel rapporto fra padre e figlio, la paura della propria omosessualità, le incomprensioni del rapporto di coppia, la bramosia del denaro e il disturbo ossessivo compulsivo di personalità.

Il secolo scorso, tra le poche cose belle, è stato contrassegnato dal Cinema, che ci ha accompagnato non solo come momento ricreativo, ma, nei film più alti e significativi, come fase di riflessione e di pensiero.

Grazie alle peculiarità di un’arte che, al massimo, ha saputo dispiegare il fascino della grande illusione, abbiamo riso, abbiamo pianto, ci siamo lasciati prendere da tante storie ben congegnate. E ogni volta siamo usciti fuori dal locale diversi, turbati, talvolta, senza rendercene subito conto, arricchiti.

La magia del grande schermo è stata evocata in modo memorabile dal “Nuovo Cinema Paradiso”, un consuntivo struggente, che, mentre onora decenni di grandi spettacoli, prende atto con struggente malinconia “che tutto passa e quasi orma non lascia”.

Lo sviluppo tecnologico ha portato tutto nell’alveo dello spazio televisivo. Uno spazio molto accessoriato per pochi, senza la liturgia di essere molti in una sala oscura, tutti attratti dalle immagini del favoloso e grande lenzuolo bianco.

Si cerca di rilanciare i cinema, ma i locali diventano sempre più pochi e vengono frequentati per momenti eccezionali, non più nella quotidianità.

Per questo, ci troviamo malinconici a ricordare un periodo non più replicabile della società, avendo nella mente indelebili alcuni visi di attori che hanno accompagnato e illuminato la nostra esistenza.

Tra questi, nei primissimi posti, Paul Newman di cui, sul finire di gennaio del 2025, si è registrato il centenario della nascita.

Nella sua lunga e operosa vita (25 gennaio 1925-26 settembre 2008) Paul Newman ha interpretato film memorabili e diretto anche alcune pellicole di grande qualità.

Come tutti i grandissimi, ha avuto un rapporto “strano” con le giurie degli Oscar. Spesso “nominato”, ma poi mai premiato. Basti pensare che il primo Oscar lo ha avuto per la carriera.

Anni dopo ebbe il premio (cui tutti tengono per attore protagonista) ma, Paul, seccato da decenni di attesa, non andò di persona a ritirarlo.

A nostro giudizio, due sono i momenti tragici che hanno contrassegnato la sua esistenza, arricchendo la qualità della sua recitazione: il fungo atomico di Hiroshima e la morte, per overdose, dell’unico figlio maschio Scott Allan, ventottenne.

Proprio dopo questo tragico evento, si impegnò molto in iniziative volte a combattere il male della droga.

Del bagliore del fungo atomico non amava parlare. La mattina del 6 agosto 1945, Paul Newman si trovava su un aereo, in servizio come marconista e mitragliere, e fu testimone di quell’orrore che, noi, abbiamo tante volte rivisto nei filmati d’epoca.

Non è possibile nominare i tanti film di notevole qualità che ha interpretato.

Possiamo ricordare il primo che lo vede, nel 1961, idoneo protagonista nel ruolo di Eddie Felson, giocatore di biliardo, ne “Lo Spaccone”.

Pur dovendo competere con elementi come James Dean e Marlon Brando, si ritaglia uno spazio come “eroe moderatamente maledetto”: cinico ma non del tutto, conflittuale con le donne, in contrasto con l’autorità e dalla parte dei deboli (perché, in fondo, debole, vulnerabile anche se mai finito al tappeto senza più rialzarsi).

Maggiormente “specchio della sua anima”, lo ritroviamo in “Detectiv’s Story” e “Nick mano fredda”.

Esempio di eroe che invecchia come un umano ma meglio di un qualsiasi comune mortale, è in grado di vestire i panni dell’avvocato alcolizzato (Ne “Il Verdetto”) e, al tempo stesso, saltare in groppa al proprio destriero (in “Butch Cassidy” insieme a Robert Redford), destreggiarsi in un “Inferno di cristallo”, preparare la “Stangata” del secolo, o testimone de “Le parole che non ti ho detto” (con Kevin Kostner).

Cari Lettori, l’elenco dei suoi film (come attore o regista) è talmente lungo da correre il rischio di perdersi ma, partendo da quella sua sensibilità d’animo tipica di un figlio cha ha bisogno di ritrovare il proprio padre interiore, a noi piace immaginare un simbolico cerchio che inizia con “La gatta sul tetto che scotta” e termina con “Era mio padre”. In mezzo, un tenerissimo spot della Barilla

La vita privata di quest’uomo (che, in età matura, ha anche duellato in pista con piloti professionisti molto più giovani di lui) è stata caratterizzata dalla scelta di essere in prima fila nelle manifestazioni sui diritti umani e sui temi sociali progressisti.

Fedele al principio dell’Amore (sposato per oltre quarant’anni con Joanne Woodward), uomo colto e serio, può essere considerato il più grande personaggio del cinema del suo tempo.

Cari Lettori, probabilmente, lo scopo principale, nella vita, consiste nel trovarne il senso anche nelle circostanze più difficili, attraverso l’amore. Solo così, esistere diventa “creazione”: una tela su cui dipingere le nostre passioni, emozioni e sogni.

Il dolore che rende lucidi

No!”

Ma perché non vuoi?”

No!”

Ti calmerà un po’ il dolore!”

E ti rincretinisce. Se soffri, almeno sai di essere vivo. Il dolore sta passando, adesso. Quando si soffre, uno giudica meglio tante cose. Non voglio rimbambirmi con quella roba. Voglio la mente chiara. Voglio vedere e assaporare molte cose, ancora. Poi, che muoia pure. Io, ho il coraggio di morire. Quello che voglio sapere è se hai, tu, il coraggio di vivere”.

Non lo so”

Proviamo. Cominciamo con l’aiutarci nel salire, insieme, queste scale”.

Certo!”

La vita non riguarda la sua lunghezza, ma la sua qualità, insegnandoci a vivere bene e a lasciar andare con grazia”. (Seneca).

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per la collaborazione

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