C’era una volta un ragazzo, nato nel cuore di Napoli, che si inventò un nuovo genere musicale, commistione e sintesi tra jazz, rock , blues e la sua stessa tradizione partenopea… (e ne avevo già parlato qui)
Questo ragazzo amava la musica sin da bambino e ci credeva tanto, da dedicarcisi totalmente, studiando la chitarra da autodidatta.
Dopo diverse esperienze come chitarrista (con Napoli centrale), ebbe la sua personale occasione. Un giorno, del lontano 1979, la EMI italiana gli offrì il suo primo contratto discografico e, quella notte, lui e tutti i suoi amici musicisti con cui collaborava, dormirono (tutti insieme!) in un’unica stanza d’albergo… finalmente felici!
Si era aperta una porta! Iniziava l’era di un mito che sarebbe diventato immortale.
Così cominciò la carriera di “quel ragazzo” che pensava a fare, della musica, la sua vita regalandola alla gente.
Ci fu una volta in cui Pino dimostrò la sua grandezza nella sua semplicità. Era ancora all’inizio della sua lunga carriera, stava suonando a Pescara e, tra un brano e l’altro, si rivolgeva al pubblico col suo accento napoletano dandogli del tu, come se fosse un unico spettatore.
Dalla folla qualcuno gli gridò: ”Impara a parlare”. Beh…la sua risposta rimase nella storia…. Disse serafico: “Còmme? Ah beh, l’importante è sape’ súna!”.
Ecco, è di questo PINO che amo soffermarmi a parlare, il Pino che, seppur per pochi anni, ho conosciuto personalmente, frequentato e con cui ho lavorato.
Tutti possono conoscere la sua storia, ma pochi hanno avuto modo di viverlo da vicino, nel suo quotidiano (che lui proteggeva come una “cosa sua” nonostante la sua popolarità).
Pino era un gigante buono…
L’ho sempre considerato un maestro…e di cose me ne ha insegnate… lui, di cui ero una fan appassionata sin da ragazza e che il destino aveva voluto farmi “vivere” da vicino.
Aveva cominciato la sua carriera producendo una musica che faceva dialogare la modernità con la tradizione. Era bravo nel cercare nuove culture (anche dei paesi più disparati), nuovi modi di comporre e fonderli con la sua anima da “nero a metà”!
Nel periodo in cui io iniziai a lavorare con lui, si prospettava l’arrivo, sul fronte musicale internazionale, della etnomusic e la sua idea era quella di produrre un nuovo gruppo (gli “Orixas” di cui facevo parte) che rappresentasse la sintesi tra la tradizione calabrese e quelle di varie culture etniche (conditi sempre da un po’ del suo rock).
In quello stesso periodo, sulla stessa scia, uscì anche il suo “Mascalzone Latino” (in cui fui vocalist) e che presentava caratteristiche simili al nostro disco.
Quello fu il periodo professionalmente più ricco della mia vita, un sogno ad occhi aperti!
Mi insegnò che si canta senza leggere perchè “O pensi a leggere o pensi a cantare”.
Mi insegnò che, nel canto, si privilegia sempre l’emozione, che non devi mai perdere la grinta e l’entusiasmo… Era solito “aiutarmi” ballando al di là del vetro della sala di regia per darmi la giusta carica.
Vivo è ancora il ricordo di quando mi invitò a sedermi di fronte a lui e, con la sola chitarra e voce, mi fece ascoltare in anteprima “Ammore scumbinato”. Quando finì, alzò lo sguardo e mi vide piangere e disse agli altri: “Chest’è scem’… Chiagne!” e poi mi sorrise.
Pino era un genio, consapevole di esserlo, che non perse mai la sua semplicità e la sua immediatezza. Poteva parlarti di musica e suonare per ore, ma anche raccontarti gli aneddoti della sua vita, affascinarti con i racconti dei suoi viaggi alla scoperta di nuovi mondi musicali e nuove culture.
Però lui era anche padre, compagno, amico, collega, ”famiglia”. Io conservo la sua immagine di quando lo incontrai, ormai in veste di amica, prima di un concerto, nella mia città. Mi parlò a lungo della sua nuova famiglia e, come avrebbe fatto qualunque padre, mi mostrò, con orgoglio, le foto dei suoi figli (nati dal suo secondo matrimonio) che teneva nel portafogli.
Pino era così! Portava fuori ciò che aveva dentro, ma il modo in cui gli riusciva meglio era uno solo: attraverso le sue canzoni.
Ci ha lasciato troppo presto …
Manca a tutti coloro che, come me, lo hanno amato e seguito, mentre, grazie alla sua musica, anche le nuove generazioni (che non lo hanno mai conosciuto) si innamorano di lui, dell’eredità che ci ha lasciato, della bellezza che scaturisce dalla contaminazione e dall’incontro tra diversità.
Ascoltarlo, ancora oggi, fa sentire l’aria di Napoli, l’odore del mare e, dentro, quell’emozione… quella che, per lui, stava sempre al centro di ogni cosa.
Attraverso i suoi brani, ci regala tante sfaccettature di sé… ma tra quelle che preferisco c’è quella di colui che scrive Ninnananinnanoè per fare addormentare la sua bambina… ed è così che mi piace ricordarlo…
Grazie, Pino!

Stefania Labate, musicista/vocal coach, autrice/ compositrice, counselor, life coach, si occupa principalmente della formazione di giovani talenti. In passato è stata prodotta come cantante da PINO DANIELE ed è stata sua vocalist. Attualmente, oltre alle sue attività principali, collabora con LASTRADAWEB scrivendo articoli musicali e poesie.