Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.
Perché, conoscersi e comprendersi, aiuta senz’altro a vivere meglio.
Lo vuoi sapere come mi sono fatto queste cicatrici? Mio padre era un alcolista e un maniaco e, una notte, va fuori di testa ancora più del solito. Mamma prende un coltello da cucina per difendersi ma a lui questo non piace neanche… un… pochetto. Allora, mentre io li guardo, la colpisce col coltello, ridendo mentre lo fa. Si gira verso di me e dice ‘perché sei così serio?’ Viene verso di me con il coltello. ‘Perché sei così serio?’, e mi ficca la lama in bocca. ‘Mettiamo un bel sorriso su quel faccino!’ (Heath Ledger – Joker)
Partendo da questo toccante passaggio (estrapolato dal film “Joker), se volessimo dare una definizione, del Disturbo Antisociale di Personalità, potremmo dire che ci pone di fronte a una manifestazione comportamentale caratterizzata da indifferenza patologica per i diritti degli altri e dall’incontenibile desiderio di violare norme sociali e diritti altrui.
Le personalità “antisociali”, con molta probabilità, sono fra quelle più studiate tra le tanti varianti dei Disturbi di Personalità, e sono caratterizzate da menzogne, inganni, furti, minacce e, in genere, da qualsiasi comportamento altamente irresponsabile.
L’esperienza clinica suggerisce che l’etichetta “antisociale” è applicata a un ampio spettro di pazienti: da quelli totalmente non trattabili a quelli che sono curabili, a determinate condizioni.
Si è parlato di psicopatia e sociopatia: termini che, in Psichiatria, sono stati tradizionalmente associati a incurabilità.
Nel passato, dalle prime pubblicazione del 1941, lo psicopatico veniva considerato come un individuo non completamente psicotico ma con comportamenti così caotici e così scarsamente aderenti alle richieste della Società, da indicare la presenza di una psicosi di fondo.
Nei decenni successivi, il termine psicopatico è andato progressivamente in disuso e, per un certo periodo, è stato utilizzato il termine Sociopatico, che sottolineava le origini sociali piuttosto che psicologiche “endogene”.
Dalla pubblicazione, nel 1968, del DSM 2 (il Manuale Diagnostico e Statistico dell’American Psychiatric Association), l’espressione “Personalità antisociale” è diventata la denominazione maggiormente utilizzata.
Le persone che presentano questo disturbo hanno, di solito, una lunga storia di comportamenti antisociali.
Per riuscire a delineare una diagnosi di disturbo antisociale, è necessario che la persona analizzata abbia compiuto almeno diciotto anni, anche se, nella quasi totalità dei casi, i sintomi e i comportamenti tipici di questa alterazione di personalità, si evidenziano molto prima.
L’infanzia di questi soggetti è, di solito, segnata da piccoli furti, comportamenti menzogneri e truffaldini e frequenti scontri con i rappresentanti dell’autorità.
L’adolescenza è stata connotata da episodi di abuso di alcol e droghe, azioni aggressive contro persone o animali e molto altro ancora.
Una volta adulte, queste persone appaiono incapaci di assumersi responsabilità, trovare e conservare un’occupazione, mantenere relazioni affettive in maniera stabile.
Il modo di rapportarsi agli altri è caratterizzato da superficialità e mancanza di rispetto per i sentimenti e le preoccupazioni di chi li circonda, dal momento che, sentimenti ed emozioni, vengono vissute in relazione a sé stessi e, mai, tenendo presente gli altri.
Tanto per fare qualche esempio, sembrano non conoscere la gratitudine, il rimorso o i sensi di colpa, mentre provano costantemente sentimenti di disprezzo, rabbia e noia.
Somigliando molto ai Narcisisti, sono prepotenti, incapaci di amare e portati a sfruttare chiunque possa soddisfare i loro bisogni.
E, sempre come i Narcisisti, assumono atteggiamenti svalutanti e denigratori nei confronti degli altri.
Però, mentre i narcisisti (tranne i “maligni”) difficilmente arrivano a infliggere volutamente e consapevolmente dolori psichici o fisici, gli antisociali hanno comportamenti aggressivi che degenerano anche in gravi atti di violenza.
Per rendere l’idea, basta andare con la memoria alle gesta di personaggi immortalati in opere cinematografiche del calibro di “Romanzo criminale”, “Gomorra”, “Suburra”, “Scarface” e simili.
Criteri diagnostici (DSM-V)
A. Una modalità pervasiva (che si diffonde come un gas) di indifferenza e di violazione dei diritti altrui, che si verifica dall’età di 15 anni, come indicato da tre (o più) dei seguenti criteri:
I. impossibilità a conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il comportamento legale, come indicato dal ripetersi di condotte suscettibili di arresto;
2. disonestà, come indicato da ripetute menzogne, uso di falsi nomi o truffe a danno di altri per profitto o piacere personale;
3. impulsività o incapacità di pianificazione;
4. irritabilità e aggressività, come indicato da ripetuti scontri fisici o aggressioni;
5. negligenza per quanto riguarda la sicurezza propria e degli altri;
6. costante irresponsabilità, come indicato da una ripetuta incapacità di mantenere in modo continuativo un lavoro o di onorare gli obblighi finanziari;
7. mancanza di rimorso, come indicato dall’essere indifferente o dal trovare giustificazioni per aver fatto del male, maltrattato o derubato qualcuno.
B. Il soggetto ha almeno 18 anni.
C. Evidenza di un disturbo della condotta con esordio prima dei 15 anni.
Epidemiologia.
Individui con questo disturbo si ritrovano più comunemente nelle aree urbane impoverite e, molti di loro, interrompono gli studi prima di giungere al diploma della scuola secondaria di secondo grado.
In genere si riscontra un progressivo scendere verso il baratro, per ciò che riguarda la vita degli individui antisociali, i quali tendono a guadagnare e a perdere denaro in maniera ciclica fino a che non manifestano le problematiche più gravi, raggiunta la mezza età, spesso con quadri di grave alcolismo o altri comportamenti che, poi, possono portare anche al ricovero coatto tramite Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) o all’arresto.
Normalmente si pensa che i soggetti con problemi antisociali siano perlopiù di sesso maschile. E in effetti, nel disturbo antisociale di personalità il rapporto fra uomini e donne è circa di quattro a uno.
Una possibile spiegazione è data dal fatto che, il genere, potrebbe svolgere un ruolo importante nel favorire lo sviluppo (in individui con tendenze di personalità isterica e istrionica), di una personalità antisociale o di un disturbo da somatizzazione.
A questo punto, sarebbe opportuno domandarci: ma perché si diventa Antisociali?
Affronteremo questo argomento nella prossima puntata
La violenza non risolve mai i conflitti, e nemmeno diminuisce le loro drammatiche conseguenze. (Papa Giovanni Paolo II)
Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale ci occuperemo di capire, appunto, come e perché, si diventa “Antisociali”
Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale.
Buona “degustazione”
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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