Pubblicato su Lo SciacquaLingua
I verbi “finire” e “cominciare” sono accompagnati – molto spesso, per non dire sempre – dalla preposizione “per”, in luogo di quella corretta “con”.
L’uso della preposizione “per” al posto di “con” può sembrare naturale in alcuni contesti, ma nel nostro idioma non rispetta le regole grammaticali e stilistiche.
La preposizione “per” designa, solitamente, un obiettivo, una causa o un periodo di tempo, e non è “adatta” a esprimere il collegamento diretto tra due azioni (eventuali) in sequenza.
La preposizione “con”, oltre a essere l’unica autorizzata dalla norma grammaticale ad accompagnare i verbi suddetti, è fondamentale per rendere la frase scorrevole e naturale. Vediamo, succintamente, i motivi per i quali è d’obbligo l’uso della preposizione “con”.
Il verbo finire è pari pari il latino finire, derivato di finis (cessazione, limite) e significa “portare a termine” o “concludere”. Anche cominciare ha radici nel verbo latino *cominitiare (cum+initiare, ‘dare inizio’) e vale “iniziare insieme”. Ambi i verbi, dunque, implicano un processo di transizione da uno stato a un altro, e l’uso della preposizione “con” mette in evidenza il collegamento con l’ (eventuale) azione successiva.
Qualche esempio con il verbo finire: “Finì con l’arrendersi.” (Designa il fatto che l’azione finale è stata arrendersi); “la lunga discussione finì con un compromesso.” (La conclusione della discussione portò a un compromesso). Con cominciare: “Cominciò con il chiedere scusa.” (L’azione iniziale fu chiedere scusa); “la giornata cominciò con una passeggiata.” (L’inizio della giornata fu caratterizzato da una passeggiata).
Per concludere. L’uso di “finire” e “cominciare” con la preposizione “con” è una peculiarità della nostra lingua che sottolinea la fluidità e la continuità delle azioni.
Questo uso rende la frase più naturale e scorrevole, evidenziando il collegamento diretto tra due azioni consecutive. Adoperare “per” al posto di “con” non solo suona meno naturale, ma può anche alterare il significato della frase.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.