Mi ricordo qualche anno addietro, un incontro con una classe di scuola superiore, ragazze soprattutto, il tema la violenza, il bullismo, la prevaricazione.
Rammento bene che allora come nel presente lo strumento della violenza era inteso allo stesso modo: mi difendo da sola, se accade che mi vogliono fare del male mi trovano.
Quando l’incontro terminò, ricordo alcune ragazze che mi sono venute incontro per stringermi la mano, una in particolare ha aperto la borsa e mi ha fatto vedere che deteneva un coltello.
Ero esterrefatto nonostante il pelo sullo stomaco, mi sono tranquillizzato quando mi ha detto che forse era meglio se lo dava a me. Insomma il tempo passa, noi cambiamo, la violenza rimane lo strumento di offesa e difesa a nostro piacimento intercambiabili a seconda delle nostre attitudini comportamentali, improntate a rimanere un passo avanti agli altri costi quel che costi.
Ieri la maschera da indossare stava nello spray al peperoncino, il tirapugni, la sedia scagliata dalla finestra, oggi non è più nascosto il freddo di quella lama al fondo della tasca, esibita come una canna tra le labbra, un segno tangibile del non conoscere e appropriarsi del valore della relazione, ascoltarsi e ascoltare l’altro, ma proprio in quel coltello impugnato in fretta, senza riconoscere alcuna scossa tellurica della propria coscienza perchè azzoppata dalle banalità virtuali rispetto alle responsabilità reali che non consentono rappresentazioni teatrali prive di un qualsiasi copione.
Infatti l’altro c’è, esiste, e come, ma se la vita è un campo minato, di battaglia, di sfida e di scommessa, persino la morte diventa un nemico accessibile, che è possibile illusoriamente battere e vincere.
Non può più essere attenuante prevalente alle aggravanti sostenere che una lama in tasca, è una sorta di rito di passaggio all’età adulta. Il covid, la solitudine imposta dalle conseguenti restrizioni, oppure è colpa dei migranti.
Mi pare più comprensibile un disagio sociale che sta sovvertendo la nostra capacità di analisi, di educare al bello e al bene senza fare ricorso alle filippiche nazional popolari, alle ammende, alle pene più aspre e certe, facendo finta di non sapere che in galera non esci migliore di quando sei entrato ma assai peggiore.
Per esperienza caro il mio adolescente imbizzarrito posso dirti che il serramanico, il coltello a scatto, la lama, non fa di te un duro, non farà di te un eroe di cartone, più semplicemente uno dei tanti grissini che si spezzano al primo imbocco, uno dei tanti perdenti che sopravvivono in una galera. Pensaci.
Counselor, Tutor e Responsabile Servizi Interni e Lavori Pubblica Utilità presso la Comunità Casa del Giovane di Pavia Comunità “Casa del Giovane” Pavia