Penso, agli ultimi istanti andati. Arriva dritta un’onda di malinconia e, anche se poco mi appartiene, diventa subito mia.
C’è qualcosa che mi sfugge, cerco di afferrare il senso, è difficile questa volta. Appena la sento nelle dita, scivola senza farsi trattenere, lasciandomi un vuoto nelle mani.
E ancora una volta ti ritrovi a chiedermi da dove nasce la solitudine.
Che strano, pensavo di averlo detto più e più volte. Prende vita quando sei in mezzo alla gente, si insinua nelle anse a raffreddare, blocca ad impedire all’aria di entrare a respirare. È una condizione dell’anima che niente e nulla potrà mai colmare. Neanche lo stare bene con se stessi.
Perchè un sottile velo di malinconia?
Lo vedo nei tuoi occhi e mi specchio. Sento il tuo dolore e lo soffro come fosse mio. Vado e torno nello stesso tempo. Mi soffermo nella profondità dei tuoi occhi inquieti, che non riescono a non fermarsi e leggo una storia, da dove è cominciata, la strada seguita, dove sta dirigendosi ora, se andrà oltre o qui si fermerà.
Ma quali sono i reali bisogni della vita?
Appagare i desideri, godere dei piaceri, il senso. Questa ricerca del senso da dare che, a volte, ci costringe a girare vorticosamente senza riuscire ad aggrapparsi, a fermarsi per vedere dove si è arrivati, se ancora c’è da andare o se è arrivato il momento di rallentare.
Una fuga dalla quotidianità. La necessità di ritrovarmi con me stessa, come da tempo non succede, nella luce nuova del giorno che si prepara a diventare un’altra stagione, nuova e pronta da vivere.
Quando è successo che la porta si è chiusa, cosa è stato che l’ha determinato? Forse una improvvisa folata di vento freddo, che ha bloccato ogni tentativo di tendere la mano a cercare, non solo un sostegno, ma anche un piacevole desiderio di condividere le cose più nascoste. E così si finisce per barricarsi a proteggersi.
Gli ultimi istanti della stagione calda mi rincorrono. Presto! Vado via presto e correndo raggiungo quell’ultimo angolo da dove posso vedere in lontananza, dove posso allungare lo sguardo fino a che mi è permesso e dove mi piace emozionarmi.
Come è possibile ritrovarsi l’uno dentro l’altro senza nemmeno averlo chiesto, senza aver fatto nulla affinché succedesse? Forse la risposta è tutta qua, niente per impedirlo e, così facendo, si è arricchito in ogni momento di trascorso, ad ogni sguardo partito inavvertitamente.
Nasce il desiderio di tornare. Vorrei far sentire la mia presenza, vorrei non aver paura di invadere un terreno poco calpestato, vorrei lasciare le mie tracce per farmi raggiungere e afferrare.
Corro, su quel lungo rettifilo che congiunge strade un po’ tortuose. L’aria fresca accarezza i miei capelli, mi sollevo lentamente e mi lascio attraversare. Trovo il punto giusto, là dove tutte le forze insieme danno l’equilibrio e sollevo le mie mani. Assaporo sorridendo la libertà che mi appartiene e penso di volare.
Incontro i tuoi occhi ritrovandoli. Un po’ di confusione mi trattiene, libero ogni gesto senza troppo usare la ragione e chiedo osando.
Quanto difficile è liberarsi dalle catene del passato!
Ci prepariamo tenendoci per mano verso quell’esplosione di colori che più preferiamo. Avanziamo un po’ timidamente ma sicuri di aver preso la giusta strada. Sicuri?…
Abbassi lo sguardo e un velo di malinconia si disegna sul tuo viso. Non rassegnato, ma consapevole di avere la risposta. Annuisci con tristezza e provi a trasferirmi il tuo pensiero.
Nella notte più profonda, coi tuoi sogni da inventare, nella quiete del silenzio. Mi sollevo piano, raggiungo quella solita finestra, la spalanco abbracciando l’aria. Che mi accoglie.
Fernanda (28 settembre 2011)
Biologa CNR, Counselor. Responsabile “gestione area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line