Ogni volta che mi trovo a dover “confessare” il mio percorso di analisi, di fronte avverto perplessità, incredulità accompagnate da una sorta di meraviglia che però nasconde una velata paura.
La domanda che quasi sempre mi viene posta è la seguente: “E come fai? Io non ci riuscirei, ci vuole un gran coraggio!” E allora ritorno con la mente un po’, ma non troppo, indietro nel tempo e cerco di ricordare…
No, non credo sia una questione di coraggio!
La disponibilità a mettersi in discussione semmai. A volte è come se ci bloccassimo sulle cose, si diventa poco flessibili, così presi a risolvere quello che sembra di primaria necessità si finisce per perdere di vista l’obiettivo fondamentale.
Prima di propormi delle cose impiego un po’ ad elaborarle ed accettarle. È come quando ho deciso di smettere di fumare, non è stata una scelta poco sofferta e il tempo di convincimento è stato abbastanza lungo, circa un anno. Ogni sigaretta si accompagnava al gusto della gestualità, alla richiesta di nicotina accanto ad un bel senso di colpa, che diveniva via via più grande proporzionalmente alla quantità di fumo inspirato. Finché un bel giorno presa da una violenta faringite mi sono ritrovata sprovvista in casa e naturalmente nessuno delle persone a me più care era disposto a contribuire ad inquinare le mie vie respiratorie. Ma, ahimè questo lo sanno bene tutti i più accaniti fumatori (come lo sono stata io per oltre 20 anni), ciò non costituisce un ostacolo, perché anche se sei bloccato dal colpo della strega, febbricitante, oppure in balia delle più violente vertigini, se ti manca il pacchetto nulla e nessuno ti impedirà di uscire ed arrivare al più vicino distributore. Quella volta non fu così, mi recai sul mio balcone, perché ho sempre odiato l’odore del tabacco fra le mura domestiche, e accesi la mia ultima sigaretta.
Erano le 13.25 circa del 18/gennaio/2004, questa data non la dimenticherò più!
A fatica e lasciandomi convincere un po’ raggiungo uno dei punti più alti di questo grande scoglio che vive nelle acque cristalline di uno dei posti più rinomati della nostra Calabria. I presupposti sono attraenti per poter gustare uno dei tramonti di fine estate che servirà a nutrire la voglia di aria libera che accompagnerà le serate invernali. Seguendo la dolce e lenta discesa di questo sole che volge all’arancio cerco di fotografare quanto più posso, ma spesso mi fermo e mi distraggo. Non riesco a concentrarmi sull’aspetto tecnico della foto, la magia di questa visione è catturante, ti entra fin dentro l’anima. Ne ho parlato tantissimo, ma è una sensazione troppo forte che voglio trasmettere tutte le volte che la sento, anche se finisco per ripetermi. Dopo qualche minuto di silenzio sei così parte dell’ambiente che perdi un po’ il senso della posizione nello spazio e sei in perfetta simbiosi. Volgo lo sguardo dalla parte opposta e vedo che timidamente fa capolino uno spicchio elegante di luna argentata. Si adagia il buio ed entrano in scena le stelle.
Ma sarà poi vero che il tempo fortifica i rapporti?
Mi accorgo che passa troppo velocemente e per esorcizzarlo sono sempre alla sua ricerca, non per farlo trascorrere ma più spesso per riempirlo. Quanto è contraddittorio questo concetto: sento l’angoscia quando le ore si susseguono troppo rapidamente, ma nello stesso tempo ho necessità di colmarlo per poterlo vivere. In fondo ho solo desiderio di non sprecarlo, così facendo però spesso mi perdo… L’equilibrio.
Da cosa è sostenuta la voglia di appartenere, il piacere della condivisione, il desiderio di un abbraccio?
Beh, forse le tre cose non sono disconnesse ma legate le une alle altre. Nessuna può fare a meno della successiva e l’ultima della prima, così il ciclo si ripete all’infinito. Appartenere è nella natura dell’uomo sia che si tratti di una cosa inanimata sia che si parli di sentimenti. Fa parte del senso del possesso, l’impulso ad avere e sentirsi di qualcuno, forse per tornare a casa alla sera e non dover trovare sul divano il peso della solitudine. Il piacere della condivisione lo avverto soprattutto nelle allegrie dei momenti, mi è capitato di provare benessere anche solo condividendo uno spicchio di spiaggia davanti un tramonto dorato e rimanere lì fino alla fine. Il desiderio di un abbraccio trova l’origine nel calore che può trasmettere un contatto fra gli esseri umani, quando si ha bisogno di un affetto tangibile, che si può toccare con le mani, con le dita, proiettandosi con le braccia e trasferendo molto di se stessi.
In questo settembre di confusione e di malinconie cerco di recuperare ed organizzare le energie perdute durante le giornate insignificanti e le ore sprecate, sforzandomi di trovare una spiegazione ad una delusione che ingombra e che asseconda un pensiero. Aspettando il piacere dei primi brividi di freddo mi porto avanti a fatica, occupando la mente e placando l’inquietudine…
…ma pur sempre vivendo la vita.
Fernanda (26 settembre 2007)
Biologa CNR, Counselor. Responsabile “gestione area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line