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Oggi compio 80 anni! Lo sanno soltanto i miei familiari, forse pronti ad allestirmi una torta che stasera metteranno sul tavolo con nove candeline, di cui otto di misura più grande per rappresentare ognuna dieci anni, ed una più piccola che vale un solo anno che dovrebbe cominciare domani. Io per la verità stamani non pensavo a questa data e mi sono messo a scrivere soltanto quando Giuseppe, mio nipote, mi ha telefonato per farmi gli auguri.

La macchina per scrivere è poggiata sul davanzale della finestra che dà sul viale, sul quale, essendo a doppio senso, si nota un fitto brulicare di macchine che vanno e vengono per la città, provenienti da Rende e verso Rende. Il semaforo, posto a pochi metri dalla mia abitazione, provoca una interminabile fila quando le auto sono costrette a fermarsi una dopo l?altra per dare la precedenza a quelle a cui viene segnalato il verde posto sui lampioni dell?incrocio di Via Negroni, a Cosenza.

Il rombo dei motori non mi infastidisce, perché le mie orecchie ormai sono assuefatte al dolce e monotono rumore che mi accompagna ogni volta che mi pongo a scrivere qualcosa sul tema della vita e della morte, cosa questa, che dai settant?anni in poi è divenuta assillante e che mi impegna in maniera determinante nel trascorrere delle ore.

Ho fornito ai miei amici, specie a Mario, tutto quello che sono riuscito a scrivere sulle vicende che la vita conserva a ognuno di noi, ed in ogni mia soggettiva interpretazione, ho trovato sollievo alle asserzioni degli altri, talora confacenti col mio modo di pensare altre volte in maniera aleatoria, ed altre con assoluto diniego. Ed io attingo da ognuno quanto mi viene detto e contraddetto, perché da tutti c?è sempre da apprendere, appunto perché è ferma la mia convinzione che anch?io non ho punti fermi di riferimento per dimostrare che le mie tesi sono esatte.

Infatti, quando sostengo di essere alla ricerca di qualcosa che non riesco a trovare, gli amici fervidi credenti dell?esistenza di un essere che sta al di sopra di noi, e che ci governa, oppongono alle mie incredulità alcune teorie religiose alle quali non è facile rispondere, se non si vuole correre il rischio di essere tacciati di megalomania o di delirio di grandezza, quando invece io voglio soltanto approfondire alcune affermazioni, a cui si vuole imporre la categoricità assoluta. Ma, pure esprimendo profondo rispetto per questi sostenitori, agli stessi bisogna pur far capire che ad un certo punto non ci si può rifugiare nell?astrattismo e accettare supinamente le forme dogmatiche, soltanto per non volere discutere oltre.

Rileggo appassionatamente alcuni passi di un filosofo che, scrivendomi così mi dice : “Goditi i tuoi attimi fuggenti, perché la vita continua con tutte le sue bellezze, le sue baldorie, le sue avventure, comprese tutte le contraddizioni che caratterizzano questo mondo che, lo so, mi porta appresso come lacune non colmate, tutte le ingiustizie e le immense storture che hanno negativamente condizionato la vita di tutta l?umanità “. E poi dice ancora : ” Sperare, comunque, è doveroso. Cercare vie d?uscita è un compito che l?uomo deve accollarsi. Quando ti affacci dalla finestra rivolgi lo sguardo verso il cielo ! Può darsi che qualcuno lassù ci stia aspettando per raccoglierci a braccia aperte. Anch?io ho i miei dubbi . Ma… dimmi, tu, se esistono altri punti di riferimento. Il tempo trascorre anche per me ( ciò lo dice parlando dei miei ottant?anni ) dispensando perplessità e incertezze”

Come si evince dallo scritto, questo mio amico letterato, questo moderno e brillante filosofo, pur rimanendo attaccato alla sua fede religiosa, non ostenta le sue perplessità ed è pronto a discutere, forse anche con l?intento di convincere i suoi interlocutori, il che è cosa ammirevole per la fede che professa, con chi, come me , brancola nel buio e va alla ricerca di qualcosa che vorrei più concreta. Tutto qui !

Io la vita la amo con intensità perché è davvero bella, perché è un dono elargito certamente da mano sapiente che io vorrei però vedere, toccare, per esaltarne le doti sublimi, per decantare la maestosità di quest?opera.

Da questo loco, da questa finestra, spazio la vista verso il cielo e non trovo confini, tutto si sperde nell?immensità senza un punto fermo ed è lì, nello scenario fitto di misteri, che trovo un?evoluzione, questa si, delle cose terrene che ho toccato con mano, ove tutto è passato sotto i miei occhi nel corso di questi ottant?anni.

Forse il mio vivere su questo pianeta è durato a lungo, appunto perché se mi soffermo per un attimo e passo in rassegna tutte le vicende trascorse durante il periodo della mia esistenza, mi sembra quasi impossibile che tutto ciò si sia potuto realizzare. Eppure il mondo ha camminato, con le sue scoperte che hanno permesso man mano una vita migliore, con risparmio di tanti affanni. Da un’altra angolazione, però, tutto mi appare di breve durata; sembra che tutto sia volato in un baleno quando penso che la mia vita su questa terra si è molto accorciata, che la mia mente, il mio cervello, il mio corpo hanno cominciato l?ultimo giro che mi porta verso un traguardo che non vorrei mai tagliare. Eppure la morte arriva ! Mi si dice che devo morire perché sono nato. Ed è proprio a questo punto che subentra il mio travaglio e mi domando: perché debbo morire ? chi lo ha stabilito ? e se davvero , come si dice, la vita è nata per goderla, perché a questi godimenti viene messo un limite ? io vorrei vedere per sempre volare gli uccelli, vorrei vedere crescere sempre più alberi, vorrei sentire la musica infondermi gioia, armonia, amore; forse, questi, sono sentimenti che non ci è permesso di stringere nel proprio cuore per l?eternità: anch?esso, prima o poi, deve cessare di ritmare i palpiti iniziati nel ventre materno e smettere di battere… per sempre !

Giuseppe Verduci – 22 MAGGIO 2001