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Che Dante sia stato, oltre che poeta, uno dei massimi intelletti letterari, filosofici e teologici di tutti i tempi, nessuno lo mette in dubbio; ma che si sia cimentato in un trattato di embriologia, connesso con la teologia dell’infusione dell’anima nel concepimento della vita umana, è un’ ulteriore prova dell’universalità del nostro MAGGIOR VATE che ci riempie, ancora oggi, di commozione e di ammirazione.

 Certamente, negli studi liceali, a pochi alunni è stata data l’opportunità di leggere, studiare ed approfondire il 25° canto del Purgatorio, considerata la delicatezza dell’argomento, sia dal punto di vista ginecologico che da quello teologico.

 Eppure, considerati gli attuali tempi e le cronache giornalistiche – traboccanti di sensualità, di sessualità sfrenata e di ogni degrado morale, che è alieno persino alla vita degli animali – non sarebbe insegnamento peregrino se ai nostri alunni delle scuole superiori venisse elargita una lezione così alta e sublime circa la dignità della vita e la sacralità del corpo umano.

 In questo canto, Dante fa parlare il poeta latino Stazio, incontrato fin dal canto 21° ( tanto che i commentatori della Divina Commedia indicano come “canti di Stazio” quelli che vanno dal 21° al 25°). Già,in precedenza, Virgilio, con somma modestia, evita di presentarsi a Stazio come il vate per eccellenza dei Latini; sarà Dante ad indicarlo come tale, suscitando il commosso inchino ed abbraccio del napoletano Stazio verso colui che aveva scelto come proprio modello poetico, ispiratore del poema ” La Tebaide”; è da aggiungere che Stazio visse nel I secolo d.C.

Ma, ritornando al tema principale, se ne ricavano due argomenti di altissimo interesse: come si forma il feto e quando avviene l’infusione dell’anima nel corpo.

 Dei due argomenti, non si può che rinviare alla lettura dei versi del 25° canto; quelli che vanno dal 33 al 108; qui preme sottolineare il tono sublime ed espressivo di Dante che riesce a dare spiritualità ad un argomento che potrebbe deragliare nella volgarità, o rinsecchirsi nell’arido linguaggio scientifico. Ed in questa parte della “Comedia”, che nobilita ed innova la scienza ostetrico-ginecologica ( visti anche i tempi), Dante si serve di forme poetiche originali e limpide, pur impegnato nella descrizione dei vari momenti del concepimento, quando indica lo sperma maschile comesangue perfetto, che poi non si beve da l’assetate vene…”, cioè, liquido superiore al sangue stesso, che non informa di sé il comune sangue che scorre nelle vene, perché destinato al concepimento, alla creazione della vita; quasi una delega divina data all’umanità, per come afferma San Tommaso nella sua opera Summa Theologia, parlando dello sperma, che così lo indica “…qui digestione quadam est praeparatus ad conceptum, quasi purior et perfectior alio sanguine…” ( ” che per una certa predisposizione è destinato al concepimento e, quindi, più puro e più perfetto dell’altro sangue “).

E Dante diventa ancor più pudico e delicato allorchè analizza la fecondazione dell’ovulo femminile “… ancor digesto, scende ov’è più bello – tacer che dire; e quindi poscia geme – sovra altrui sangue in natural vasello ...” e cioè: ” trasformatosi in seme, allorchè si deposita negli organi genitali maschili, lo sperma si congiunge, poi, nello spasimo d’amore, nell’utero“… Ed inizia la vita! Si sviluppano gli organi e si strutturano le grandi funzioni vitali! E nascono le facoltà vegetative e sensitive, comuni a tutte le forme animali.

Ma quand’è che si ha la metamorfosi da animale ad essere razionale? Ancora una volta, Dante tralascia la cattedraticità dello scienziato e ripiglia la veste di teologo, esprimendosi, così, attraverso l’interposta anima di Stazio : “… Come al feto l’articular del cerebro è perfetto, – lo Motor Primo a lui si volge lieto -sovra tant’arte di natura, e spira- spirto novo, di vertù repleto, che ciò che trova attivo quivi, tira in sua sustanzia, e fassi un alma sola, – che vive e sente e sé in sé rigira …” ( notare quello ” spiro ” che si lega a ” spirto “, quasi anticipando l’intuizione divina del Michelangelo quando, nella Cappella Sistina, ci dà l’immagine potente di Dio che trasmette la vita, l’anima, l’energia ad Adamo semiaddormentato ).

L’intuizione platonica delle tre anime (vedi il dialogo sul mito dell’auriga) e l’indissolubilità aristotelica di forma e materia trovano, inoltre, in Dante, il cantore della teologia tomistica.

Non so fino a qual punto io mi sia addentrato in una problematica che investe scienza, etica e teologia; mi resta solo la gioiosa rilettura di questa poesia che da oltre sette secoli tramanda uno dei misteri più affascinanti nei quali la ragione si ferma sbigottita, non avendo ancora spiegato il significato tra l’eternità dell’ ESSERE e l’infinità del DIVENIRE.

Giuseppe Chiaia (3 Marzo 2007)