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Quando viene a cessare un rapporto di coppia uno dei problemi più spinosi è quello dell’attribuzione del godimento della casa ove si è svolta prevalentemente la convivenza del nucleo familiare.

Senza pretesa di voler fornire soluzioni complete, che richiedono necessariamente un esame approfondito delle circostanze ricorrenti nel singolo caso concreto, sembra utile esporre i principi fondamentali che regolano l’assegnazione della casa familiare.

In caso di separazione personale dei coniugi trova applicazione la disposizione dell’art. 337 sexies del Codice Civile, secondo cui: <<1. Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. 2. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all’altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto>>.

Lo scopo della disposizione è costituito dalla conservazione per i figli dell’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime la vita familiare. Proprio per questo la giurisprudenza limita l’ambito d’applicazione della norma in esame alla casa che sia stata ‘il centro di aggregazione’ della famiglia durante la convivenza, con esclusione di altri immobili usati per soggiorni temporanei o saltuari (ad es. le case nelle località di villeggiatura).

Inoltre, l’assegnazione della casa familiare al coniuge collocatario o affidatario dei figli non comprende solo l’immobile, ma anche i mobili, gli arredi, gli elettrodomestici ed i servizi, che sono strumentali al godimento dell’immobile stesso, con esclusione dei beni strettamente personali del coniuge privato del godimento della casa familiare.

La disciplina sopra descritta ha carattere eccezionale e consente al giudice di disporre l’assegnazione della casa familiare al coniuge cui siano affidati figli minori o al coniuge col quale convivano figli maggiorenni privi di redditi propri e, quindi, aventi diritto al mantenimento.

Al di fuori del caso previsto dalla suddetta norma, secondo la giurisprudenza, il godimento della casa familiare, di proprietà di entrambi i coniugi, può essere assegnato dal giudice della separazione anche al coniuge che non sia affidatario di figli minori quando tale attribuzione trovi giustificazione in sede di regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, in particolare quando sia stabilito l’obbligo al mantenimento di un coniuge a favore dell’altro.

Nel caso in cui non vi siano fili minori o figli maggiorenni conviventi con uno dei genitori ed entrambi i coniugi richiedano il godimento della casa familiare, di proprietà comune ad entrambi, i giudici sono orientati nel senso di respingere le domande di assegnazione, ove i due coniugi abbiano adeguati redditi propri e non vi sia un coniuge più debole -per condizioni economiche- da tutelare, demandando la questione agli accordi tra comproprietari, i quali, se non raggiungeranno un accordo, potranno chiedere la divisione dell’immobile.

Erminia Acri-Avvocato

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