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NON UN GIORNO SENZA UNA RIGA” (Plinio il Vecchio).

Definizione di salute (OMS,1987) “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo l’assenza di malattia o infermità”. L’attenzione al benessere significa mettere in primo piano l’importanza imprescindibile della persona, delle sue condizioni di vita intrecciate indissolubilmente con quelle sul suo posto di lavoro, e dei suoi riflessi, nell’ambito sociale e familiare.

Il lavoro, insieme alla salute e agli affetti, rappresenta uno dei tasselli più importanti nella vita di ogni essere umano in quanto permette una gratificazione economica e personale. Attraverso il lavoro e l’impegno nel lavoro l’uomo si innalza dalla condizione “animale”, permette a sé stesso di esplicitare le proprie abilità, competenze e creatività, creando qualcosa in più all’interno della società… lasciando al mondo una traccia di sè.

Eppure, proprio questo grande strumento di libertà in alcuni casi e ad alcune condizioni può diventare una gabbia. Dal primo gennaio 2011 la legge italiana prevede l’obbligo per i datori di lavoro di “misurare” lo stress dei propri dipendenti provvedendo a rendere la loro vita più a misura corretta. Se la tensione è eccessiva, l’equilibrio psicofisico si altera in maniera non più tollerabile.

In Italia soffrono del cosiddetto “stress da lavoro” 4 milioni di Italiani (40 milioni in Europa, cioè il 22% dei lavoratori).Le cause? Precariato, tempo “esagerato” di impegno nell’attività lavorativa, scarse gratificazioni personali e/o economiche rispetto all’attività svolta, demotivazione, clima relazionale non propositivo e costruttivo… tutto ciò e tanto altro ancora può portare a “stress da lavoro” o “burnout”, le più diffuse “patologie dei lavoratori” caratterizzate da disturbi psicofisici che derivano dall’incapacità di sostenere lo stress accumulato.

I sintomi sono molto simili a quelli che l’organismo produce sotto stress.

  1. A) Dal punto di vista psicologico: esaurimento emotivodepersonalizzazionecinismosentimento di ridotta realizzazione personale, tendenza a sfuggire l’ambiente lavorativo, assenteismo, frustrazione, insoddisfazione, perdita di entusiasmo e di interesse, depressione.

B)Dal punto di vista fisico: insonnia, disturbi gastrointestinali, disturbi cardiovascolari.

I disagi si avvertono dapprima nel campo professionale, ma poi vengono con facilità trasportati sul piano personale: l’abuso di alcol, di sostanze psicoattive ed il rischio di suicidio sono elevati nei soggetti affetti da burnout.

Cosa fare?

Ogni attività presenta aspetti gratificanti e lati frustranti. Il segreto consiste nel valorizzare i primi, metabolizzare i secondi e sfruttare le opportunità per migliorarsi.

“Le tre regole di lavoro:

  1. Esci dalla confusione, trova semplicità.
    2. Dalla discordia, trova armonia.
    3. Nel pieno delle difficoltà risiede l’occasione favorevole. “Albert Einstein

 Come fare?

  1. Se il lavoro non consente una gratificazione personale e si ha la possibilità di cercare ciò che si ritiene più in linea con le proprie competenze, si può pensare di abbandonare il lavoro.
  2. Prima di prendere questa soluzione drastica, comunque, si può pensare ai propri meccanismi di adattamento. Già, perché se è vero che il lavoro dei sogni non esiste, è vero in quanto OGNI attività lavorativa che si intraprende comporta stress perchè mette l’individuo in condizione di dover risolvere dei problemi, cercando le strategie appropriate. Quando i problemi sono tanti, si corre il rischio che gli elaborati risentano della produzione di tossine per troppo lavoro: questo ci fa perdere di vista quello che è più importante e non riusciamo a distinguerlo da quello che è meno importante, non siamo in grado di accorgerci della priorità di eventi da portare avanti rispetto ad altri elementi che possiamo tralasciare o, comunque, rimandare. Se poi aggiungiamo che, per tutto ciò di cui non riusciamo a trovare una soluzione, per i motivi che le ho appena citato, rimane la fatica mentale per la ricerca della strada migliore per portarlo a termine, noi avvertiamo il fastidio di questa attività che non smette: è come chiedere ad un computer di eseguire più operazioni contemporaneamente, l’apparecchio ne risente, rallenta il lavoro e, a volte, può anche bloccarsi.

Per affrontare e per migliorare le proprie competenze in tal senso e costruire sei meccanismi di adattamento più efficaci ed efficienti si può usufruire della competenza specifica di figure professionali come i Career Counselor in grado di

  • Supportare psicologicamente l’individuo nel momento di disagio
  • Ripristinare una progettualità e una scala di priorità che permetta al cervello di non sovraccaricarsi per “troppo” lavoro e, quindi, generare meno conflitti
  • Aiutare le aziende nella gestione dei cambiamenti organizzativi (piani strategici, ricerca e sviluppo, razionalizzazione e organizzazione sostenibili
  • Ridurre i tempi di ricollocazione della persona, supportandola con successo nella ricerca di nuove opportunità professionali (attitudini a confronto con le esigenze del sociale, elaborazione curricula, aggiornamento su offerte di lavoro, business plan)
  • Cercare di raggiungere la conciliazione con sè stessi per arrivare ad un benessere psicofisico e all’auto autoaffermarsi.

“Chi è maestro nell’arte di vivere distingue poco fra il suo lavoro e il suo tempo libero, fra la sua mente e il suo corpo, la sua educazione e la sua ricreazione, il suo amore e la sua religione. Con difficoltà sa cos’è cosa. Persegue semplicemente la sua visione dell’eccellenza in qualunque cosa egli faccia,
lasciando agli altri decidere se stia lavorando o giocando. Lui pensa sempre di fare entrambe le cose insieme”.
(massima Zen)

Bibliografia

 Ansa.it

La Strad@ Webmagazine

Wikipedia.org

Emanuela Governi – Assistente Sociale specialista, Counselor, Mediatore Familiare