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Il nostro ordinamento giuridico prevede la possibilità di far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza necessità dell’intervento del giudice, con un’espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco, da parte dei coniugi interessati, che sia incompatibile con lo stato di separazione (art.157 codice civile). Ciò si verifica quando i coniugi ricostituiscono la “convivenza” familiare, intesa quale comunione materiale e spirituale tra di loro (c.d. riconciliazione).

In proposito la giurisprudenza, in più occasioni, ha precisato che la riconciliazione è riscontrabile ove i coniugi riprendano i rapporti caratteristici della vita coniugale, riacquistando reciproca stima, interessamento e comprensione, mentre non sono ritenuti sufficienti, a tal fine, la semplice ripresa della coabitazione o il ripristino di frequenti rapporti sessuali.

Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n.12314/2007, precisando che il ritorno alla coabitazione dopo la separazione tra due coniugi non deve indurre necessariamente il giudice a presumere la riconciliazione. Tuttavia, perchè il ripristino della convivenza non valga come riconciliazione, il coniuge che ha interesse a negarla è tenuto a fornire la prova contraria alla riappacificazione.

Nella valutazione del singolo caso concreto, assumono rilevanza essenziale gli “elementi esteriori oggettivamente ed inequivocabilmente diretti a dimostrare la seria e comune volontà dei coniugi di ripristinare la comunione di vita, piuttosto che a quegli stati d’animo che, appartenendo alla sfera dei sentimenti, sono tanto più difficili da accertare in quanto permeati di soggettività”, sicchè il valore presuntivo della ripresa della coabitazione, per la sua idoneità a dimostrare la volontà dei coniugi di superare lo stato di separazione, può essere superato dimostrando che il ripristino della vita sotto lo stesso tetto, per accordi intercorsi tra le parti o per la modalità di svolgimento della vita familiare, non era tale da integrare una ripresa di quel complesso di rapporti caratterizzanti il matrimonio come comunione di vita materiale e spirituale, e, quindi, da configurarsi come evento riconciliativo.

Il principio è stato ribadito anche nelle più recenti sentenze: “Il coniuge che ha interesse a far accertare l’avvenuta riconciliazione, dopo la separazione, ha l’onere di fornire una prova piena e incontrovertibile della ricostituzione del consorzio familiare, che il giudice di merito è chiamato a verificare, compiendo un apprezzamento insindacabile in sede di legittimità, in presenza di una motivazione adeguata ed esaustiva” (Cassazionen.27963/2022); “…la mera coabitazione non è sufficiente a provare la riconciliazione tra coniugi separati, essendo richiesto il rispristino della comunione di vita e d’intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale” (Cassazione n. n.17596/2023).

Erminia Acri-Avvocato

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