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Cambiare il mondo, amico Sancho, non è follia né utopia, ma solo giustizia.” (Miguel de Cervantes,  Don Chisciotte della Mancia)

Cari Lettori, quand’è che abbiamo la prova di aver valicato quel promontorio che ci fa lasciare alle spalle l’età della spensieratezza e ci mette di fronte alle responsabilità dell’adulto?

Forse, nel momento in cui, guardandoci intorno e notando operose formiche (gli altri che si danno da fare, insomma) intente agli affanni quotidiani, ci domandiamo, con un sottofondo di angoscia: “Come riuscirò, senza più la coperta dei miei genitori, a risolvere i problemi?”. 

Un bel po’ di notti fa (prima della “pandemia”, per intenderci), su Rai 1 il compianto Maurizio Costanzo nel suo S’è fatta notte, in compagnia di Enrico Vaime e Bruno Vespa, invitava gli Italiani a puntare sull’entusiasmo, per uscire dal tunnel della crisi.

Questo termine, entusiasmo, appunto, deriva dal Greco e significa, più o meno, essere pieni di un Dio e, quindi, divinamente ispirati per dare impeto all’azione. 

Da qui discende il fatto che, di solito, quando le troppe frustrazioni non ci opprimono, naturalmente sentiamo sgorgare quella forza che ci spinge ad andare verso qualcosa che non conosciamo ma da cui ci sentiamo attratti: da ciò, il cammino dell’Umanità.

Non sarà mai tardi per cercare un nuovo mondo migliore se, nell’impegno, poniamo coraggio e speranza. ( Lord Alfred Tennyson)

La bussola che ci guida, probabilmente alberga nelle tracce genetiche, dove la Storia del “già vissuto”, si intreccia con il “Futuro previsto” (un po’ come l’Amore, “che move il sole e l’altre stelle” del Paradiso Dantesco) e tutto quello che si deve, ancora, determinare.

I Valori dai quali non ci “possiamo” (per fortuna) sottrarre, sono innervati in una specificità contestuale che ne esalta la validità e consente il raggiungimento di qualificati obiettivi.

È, questo, un compito non agevole perché non sempre è facile “leggere” il proprio tempo e individuare, con tranquilla fermezza, il da farsi.

La concreta realizzazione di un qualcosa di socialmente valido riveste un fascino particolare perché, dalla parola che “parla”, si deve passare alla parola che “fa”: dalla progettualità ideale si tende alla visibilità reale.

Per questo, tra i filosofi che si “sporcano” le mani e quelli che serenamente osservano il mondo e ne forniscono, al massimo, una morfologia, la nostra predilezione va ai primi e, in particolare, a Platone ricordando, in particolare, l’episodio dell’invito di recarsi a Siracusa per una importante problematica.

Egli ha già una certa età. Parimenti, non può deludere i discepoli. Nella “Settima lettera” scrive parole di una profondità senza pari: “Con questo pensiero e con questa ardita speranza salpai, non per la ragione che alcuni credevano ma, piuttosto, perché mi vergognavo molto di apparire, di fronte a me stesso, un uomo capace solo di parole”.

I grandi autori della psicoanalisi, hanno indicato nel ruolo materno, sia la capacità di generare pace e tranquillità (all’interno di un simbolico lago primordiale, lontano da ogni forma di frustrazione) che la spinta a procedere (consapevolizzando le capacità intrinseche) e nella funzione paterna colei che sa unire il desiderio e il rispetto della Legge.

Ci permettiamo di affermare che la Politica delle grandi rivoluzioni, avrebbe dovuto incarnare entrambe le figure, per diventare guida e faro da cui prendere spunto per il progresso dell’Umanità.

Ma…

Ragionando su alcune affermazioni di Raffaella Baritono (Docente dell’Università degli Studi di Bologna)  la Politica sembra incapace di dare risposte alle istanze provenienti dai processi di trasformazione epocali, che  stanno producendo un confronto con quello che Paul Claude Racamier, definiva “angoscia da lutto originario” e che rende quanto mai triste la percezione dell’impoverimento collettivo e delle disuguaglianze sociali ed economiche, e aggiunge un senso pervasivo di insicurezza derivante anche da una relativamente discutibile gestione “emotiva” di quegli anni di vita (2020, 2021, 2022…) che verranno ricordati come quelli “della Pandemia” e di questi, ancora più terribili (2023, 2024…), che ci hanno marchiato a fuoco con la percezione che, per decisione di qualche psicopatico antisociale, tutto può “finire” in qualsiasi momento.

Una volta analizzata impietosamente la realtà in cui viviamo, solo con la mente orientata su valori di solidarietà importante, possiamo superare la sensazione negativa di non sapere dove, ogni giorno, stiamo mettendo i piedi: “Il terreno – come scrive Roberto Calasso – è friabile, le linee si sdoppiano, i tessuti si sfilacciano, le prospettive oscillano”.

Si avverte con grande evidenza che ci si trova “nell’innominabile attuale”.

E qui le posizioni da potere assumere (o considerare) sono almeno due: o essere paurosamente astuti come il flamenco (di cui parla Montale) che “nasconde il capo sotto l’ala e crede che il cacciatore non lo veda” o con proporzione e misura, con ratio guardare la “realtà effettuale” (e non l’immaginazione di essa) insieme a tanti altri “tu” consapevoli, amanti di progetti realizzabili, per tentare di trasformare qualche bel sogno in lucente realtà.

Un po’ come dire: cercare di trasformare la fantasia in realtà o, secondo un criterio psicoanalitico /psicodinamico passare dall’Ideale dell’IO ad un “IO” ben strutturato.

Se è vero che la psiche si sviluppa per aprirsi al mondo, solo relazionandosi con gli altri ciascuno di noi si realizza e si qualifica come soggetto morale, civile, politico.

Come ha osservato Thomas Nagel:

Esistono per l’azione, come per il pensiero, dei requisiti razionali e, l’altruismo, è uno di essi.

In tale ottica, l’altruismo (altrimenti conosciuto come egoismo costruttivo e positivo) si presenta come elemento costitutivo della nostra “natura”, come un’esigenza dettata dalla ragione stessa.

Gli animi non sono conquistati dalle armi bensì dall’Amore e dalla Generosità. (Spinoza)

Eppure, forse, il peggior risultato ottenuto dagli amministratori della cosa pubblica, è stato quello di averci gradualmente disumanizzatorendendoci succubi della ricerca spasmodica di risorse economiche per provare a sopravvivere…

Se Tonino Guerra invitava a creare luoghi  per fermare la nostra fretta e aspettare l’anima, a noi hanno spento il piacere della tutela della vita, della libertà e della ricerca della felicità.

Tutela della Vita, tutela della Libertà, ricerca della Felicità

Tre principi fondamentali (diritti inalienabili dell’Essere Umano) riportati nella dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, scritta da Thomas Jefferson che sono stati sostituiti dai principi “immorali” che rispondono a Globalizzazione (quella che si priva dei Valori a favore del massimo profitto, ovviamente), Mercato e Moneta.

Riflettiamo un attimo

L’essere umano si è trovato, da sempre, nella necessità di appagare delle esigenze, a cominciare da quelle indispensabili fino a tutto ciò che consente di sviluppare la propria identità, correttamente (mettendolo in condizione di capire se stesso).

Per fare ciò, si è sempre lavorato e sofferto per provare a conquistare sistemi di vita adeguati a ciò che rende gratificante il senso della propria permanenza sulla Terra.

“Ogni vita non vissuta accumula rancore verso di noi, dentro di noi: moltiplica le presenze ostili. Così diventiamo spietati con noi stessi e con gli altri. (…)La vita che è stata perduta, all’ultimo, mi si rivolterà contro. Perciò, l’ultima cosa che vorrei dirle, mia cara amica, è che la vita non può essere, in alcun modo, pura rassegnazione e malinconica contemplazione del passato. È nostro compito cercare quel significato che ci permette ogni volta di continuare a vivere o, se preferisce, di rispondere, a ogni passo, il nostro cammino. Tutti siamo chiamati a portare a compimento la nostra vita meglio che possiamo”. (Carl Gustav Jung)

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel lontano 1946, ha definito il termine “Salute” come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non, semplicemente, l’assenza di malattia e di infermità” 

Ma questo non bastava, perché si è scoperto essere ancora più importante il riuscire a capire cosa farsene del proprio stato di Salute: come impegnare l’esistenza, quando non ci sono emergenze. In buona sostanza.

E allora, come descritto in altri articoli, durante la prima Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salutecon la Carta di Ottawa del 1984, si è arrivati ad una conclusione formidabile: “Grazie ad un buon livello di salute, l’individuo e il gruppo devono essere in grado di identificare e sviluppare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni, modificare l’ambiente e adattarvisi”.

Rendendo, in questo modo, come disse William Wordsworth“il Bambino, padre dell’Uomo”

Grandi acquisizioni che, (fin troppo) spesso, ci hanno lasciato l’amaro in bocca.

Infatti, perché l’obiettivo esistenziale possa essere raggiunto, bisogna conoscere a fondo l’essere umano e consapevolizzare realmente ciò di cui ha bisogno.

Allora, diviene naturale ricondurre lo sguardo a tre ambiti fondamentali, per ogni consorzio definito “civile”:

La Società (che è l’insieme di tanti esseri umani);

La Morale (che consente di convivere in una dimensione di equidistanza, rispetto al positivo e al negativo);

La Politica (che rappresenta la gestione della conduzione degli esseri umani nella Società). 

Da qui, la necessità di migliorare gli esseri umani che porta, logicamente, allo sviluppo positivo della Società attraverso una politica che tenga conto, anche, delle indicazioni morali.

La politica (come già scritto), oggettivamente, la si può immaginare come un dialogo nelle leggi sociali, che miri a creare le condizioni necessarie indispensabili, affinché i cittadini vengano messi in grado di capire come appagare ciò di cui hanno bisogno. Nel rispetto delle leggi.

Infatti, l’esperienza ci ha insegnato che non torna utile contestare e demolire. I “ricostruttori”, infatti, spesso hanno peggiorato l’opera dei predecessori…

Ci siamo mai domandati quale sia stato il nostro contributo per provare a cambiare le cose, partendo dalle “piccole” cose?

Gli uomini hanno delle grandi pretese e dei piccoli progetti. (MARCHESE DI VAUVENARGUES)

Perché, ad esempio, abbiamo smesso di interessarci alle Scuole di Pensiero che formavano le menti alla Politica (e “per” la Politica), così tanto presenti nei tempi antichi?

Eppure, a differenza del passato, quello che la Scuola, oggi, è in grado di offrire, esprime potenzialmente “germi” che contaminano l’interiorità di adolescenti e di adulti, rendendola più profonda…

Quando si pensa a scuole di formazione, il pensiero corre a quegli enti (accreditati o meno) che, molto spesso, cercano, per sopravvivere, di aggiudicarsi appalti finanziati con lo scopo di realizzare corsi di qualifica o di aggiornamento per consulenti di cui la Società (e il “Dio” mercato) non sente affatto il bisogno!

Ma, come si può parlare di idee nuove, se queste sono figlie del vecchio che, seppur sotto vesti diverse, si ripropone?

“Il contadino ara sempre lo stesso terreno e incontra sempre le stesse difficoltà perché utilizza sempre gli stessi strumenti….ma non è colpevole perché non ne conosce altri”. Così scriveva Charles Willson Peale ai primi del ’700 in Inghilterra in piena rivoluzione industriale.

E allora?

Bisognerebbe fornire strumenti diversi e più efficienti per ricavare, dallo stesso terreno, un prodotto migliore. Il terreno potrebbe rappresentare l’essere umano, gli strumenti la formazione corretta, il prodotto… perchè no… il politico adeguato e onesto. 

Soprattutto con sé stesso.

Non aspettare che arrivino i leader. Fallo da solo, persona per persona. (MADRE TERESA DI CALCUTTA)

Se è vero che Paul Harrys sosteneva che “nulla è più sconcertante dello sguardo assente di amici che non riescono a comprendere la tua speranza”, siamo del parere che, ciascuno di noi, possa con convinzione far proprio un famoso pensiero di Martin Lutero: “Anche se sapessi che la fine del mondo è per domani, io andrei ancora oggi a piantare un albero di mele”.

Cari Lettori, partendo dalla suggestiva immagine di copertina, riteniamo che non ci sia modo migliore di terminare questa passeggiata iniziata insieme con una toccante lettera scritta da George Jacob Jung, uno dei maggiori trafficanti di cocaina degli Stati Uniti negli anni settanta e ottanta nonché uno dei pilastri del cartello di Medellín.

Comprendere la Speranza, al tempo della Crisi

“Ciao, papà…

sai, mi ricordo una vita fa… quando ero poco più alto di un metro, pesavo al massimo 30 chili ma ero ancora tuo figlio.

Quei sabati mattina che andavo a lavorare col mio papà e salivo su quel grande camion verde. Mi sembrava che quello fosse il camion più grande dell’universo, papà. Mi ricordo quant’era importante il lavoro che facevamo… e che, se non era per noi, la gente sarebbe morta di freddo.

Per me tu eri l’uomo più forte del mondo, papà. Ti ricordi quei filmini quando mamma si vestiva come Loretta Young? E i gelati, le partite di football, Wayne e Tonno?

Ricordi, papà, quella volta che mi dicesti che i soldi non sono la realtà? Beh, vecchio mio, oggi ho 42 anni e, alla fine, ho capito quello che tentavi di dirmi… tanti anni fa… ora finalmente l’ho capito… Sei il migliore, papà.

Avrei solo voluto fare di più per te. Avrei voluto avere più tempo… Comunque… Che tu possa avere il vento in poppa, che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti in alto a danzare con le stelle… Ti voglio bene, papà. Un bacio.”

“C’È TEMPO”.

Dicono che c’è un tempo per seminare
E uno che hai voglia ad aspettare
Un tempo sognato che viene di notte
E un altro di giorno teso
Come un lino a sventolare

C’è un tempo negato e uno segreto
Un tempo distante che è roba degli altri
Un momento che era meglio partire
E quella volta che noi due era meglio parlarci

C’è un tempo perfetto per fare silenzio
Guardare il passaggio del sole d’estate
E saper raccontare ai nostri bambini quando
È l’ora muta delle fate

C’è un giorno che ci siamo perduti
Come smarrire un anello in un prato
E c’era tutto un programma futuro
Che non abbiamo avverato

È tempo che sfugge, niente paura
Che prima o poi ci riprende
Perché c’è tempo, c’è tempo c’è tempo, c’è tempo
Per questo mare infinito di gente

Dio, è proprio tanto che piove
E da un anno non torno
Da mezz’ora sono qui arruffato
Dentro una sala d’aspetto
Di un tram che non viene
Non essere gelosa di me
Della mia vita
Non essere gelosa di me
Non essere mai gelosa di me

C’è un tempo d’aspetto come dicevo
Qualcosa di buono che verrà
Un attimo fotografato, dipinto, segnato
E quello dopo perduto via
Senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata
La sua fotografia

C’è un tempo bellissimo, tutto sudato
Una stagione ribelle
L’istante in cui scocca l’unica freccia
Che arriva alla volta celeste
E trafigge le stelle
È un giorno che tutta la gente
Si tende la mano
È il medesimo istante per tutti
Che sarà benedetto, io credo
Da molto lontano
È il tempo che è finalmente
O quando ci si capisce
Un tempo in cui mi vedrai
Accanto a te nuovamente
Mano alla mano
Che buffi saremo
Se non ci avranno nemmeno
Avvisato

Dicono che c’è un tempo per seminare
E uno più lungo per aspettare
Io dico che c’era un tempo sognato
Che bisognava sognare

“Tutti hanno qualcosa di buono dentro di sé. Alcuni lo nascondono, altri lo negano, ma c’è.” (MADRE TERESA DI CALCUTTA)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per l’affettuosa disponibilità

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