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Ricorre frequentemente, nella prassi, che l’acquirente di un immobile di nuova costruzione stipuli il contratto preliminare in assenza del certificato di agibilità (che attesta la sussistenza di determinati standard di sicurezza e igienico-sanitari di un immobile), in attesa del decorso dei tempi tecnici per il rilascio di detto documento da parte del competente comune.

Talvolta si verifica che il venditore non è in grado di produrre il certificato al momento fissato per la stipula dell’atto pubblico di acquisto, e che, conseguentemente, l’acquirente si rifiuti di concludere il contratto definitivo per inadempimento del venditore.

Sul punto si è espressa in più occasioni la Corte di Cassazione, asserendo che la mancata presentazione del certificato di abitabilità/agibilità riferito ad un immobile di nuova costruzione deve considerarsi inadempienza così grave da giustificare il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva. Infatti, come precisato dalla Corte con sentenza n.25040/09, nella vendita di beni immobili viene in rilievo l’interesse dell’acquirente a conseguire la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere una determinata funzione economico-sociale e quindi a soddisfare i concreti bisogni che inducono il compratore all’acquisto, sicchè il certificato di abitabilità/agibilità è essenziale ai fini del legittimo godimento del bene e della commerciabilità dello stesso.

Analoghe considerazioni si ravvisano nella sentenza della Corte di Cassazione n. 14899 del 6 luglio 2011, in cui si afferma che il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità/agibilità e di conformità alla concessione edilizia è giustificato, pur se il mancato rilascio dipende da inerzia del Comune, in quanto l’obbligo di ottenere tali certificazioni spetta, per legge, al venditore. Nello stesso senso la sentenza n. 24317 del  5 agosto 2022.

In particolare, la violazione di tale obbligo, che costituisce grave inadempimento del venditore, può legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto sia quella di risarcimento del danno.

Erminia Acri-Avvocato