Posted on

Quando abbiamo la prova del fatto che abbiamo valicato quel promontorio che ci fa lasciare alle spalle l’età della spensieratezza e ci mette di fronte la responsabilità dell’adulto? Forse, nel momento in cui, guardandoci intorno e notando operose formiche (gli altri che si danno da fare, insomma) intente agli affanni quotidiani, ci domandiamo, con un sottofondo di angoscia: “Come riuscirò, senza più la coperta dei miei genitori, a risolvere i problemi?”. Qualche notte fa, su Rai 1 Maurizio Costanzo nel suo S’è fatta notte, in compagnia di Enrico Vaime e Bruno Vespa, invitava gli Italiani a puntare sull’entusiasmo, per uscire dal tunnel della crisi in cui siamo piombati. Questo termine, entusiasmo, appunto, deriva dal Greco e significa, più o meno, essere pieni di un Dio e, quindi, divinamente ispirati per dare impeto all’azione. Da qui discende il fatto che, di solito, quando le troppe frustrazioni non ci opprimono, naturalmente sentiamo sgorgare quella forza che ci spinge ad andare verso qualcosa che non conosciamo ma da cui ci sentiamo attratti. È questo che ha consentito il cammino dell’umanità. A questo punto, una considerazione sul mondo della politica contemporanea. Al di là di ogni critica espressa finora, la peggiore azione messa in atto …dagli amministratori della cosa pubblica è, senz’altro, l’averci disumanizzato, rendendoci succubi della ricerca spasmodica di risorse economiche per provare a sopravvivere e, soprattutto, per sostenere tasse e balzelli impostici per tenere in piedi i conti di uno stato, da loro spogliato. Hanno spento il piacere della tutela della vita, della libertà e la ricerca della felicità. Tre principi fondamentali (diritti inalienabili dell’Uomo) riportati nella dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, scritta da Thomas Jefferson e sostituiti con i principi (immorali) che rispondono a globalizzazione, mercato e moneta.

Quello che più colpisce è, senz’altro, il continuare a perseguitarci nonostante i nostri proventi si siano ridotti a causa delle calamità da loro determinate. Neanche il più stolto dei mafiosi continuerebbe a chiedere il pizzo ad una vittima ormai dissanguata!

Riflettiamo un attimo

L’essere umano si è trovato, da sempre, nella necessità di appagare delle esigenze, a cominciare da quelle indispensabili fino a tutto ciò che consente di sviluppare la propria identità, correttamente (mettendolo in condizione di capire se stesso). Per fare ciò, si è sempre lavorato e sofferto per provare a conquistare sistemi di vita adeguati a ciò che rende gratificante il senso della propria permanenza sulla Terra.

Spesso, si è rimasti con l’amaro in bocca.

Infatti, perché l’obiettivo sia raggiunto, bisogna conoscere a fondo l’essere umano e consapevolizzare realmente ciò di cui ha bisogno.

Per fare ciò, abbiamo due possibilità: chiedere se in giro ci sia qualcuno in grado di indicarci la strada giusta da percorrere, oppure cercarla da soli.

Nel secondo caso, bisogna dirigere la propria attenzione (e il meglio delle proprie capacità) nell’osservazione di quello che è giusto, distinguendolo da quanto sia, invece, scorretto, per non avere la percezione di girare a vuoto “insensatamente”.

Allora, diviene naturale ricondurre lo sguardo a tre ambiti fondamentali, per ogni consorzio definito “civile”:

  • La Società (che è l’insieme di tanti esseri umani);
  • La Morale (che consente di convivere in una dimensione di equidistanza, rispetto al positivo e al negativo);
  • La Politica (che rappresenta la gestione della conduzione degli esseri umani nella Società).

Da qui la necessità di migliorare gli esseri umani, il che porta, logicamente, allo sviluppo positivo della Società attraverso una politica che tenga conto, anche, delle indicazioni morali.

La politica, oggettivamente, la si può immaginare come un dialogo nelle leggi sociali, che miri a creare le condizioni necessarie indispensabili, affinché i cittadini vengano messi in grado di capire come appagare ciò di cui hanno bisogno. Nel rispetto delle leggi.

Eppure, di fatto, lo scenario rispecchia quello proposto dall’immagine sotto riportata.

L’esperienza, però, ci insegna che non torna utile contestare e demolire. I “ricostruttori”, infatti, spesso hanno peggiorato l’opera dei predecessori!

Perchè puntare l’indice sulla politica definendola sporca ed amorale quando, la stessa, è il prodotto di un dato momento storico ed il risultato di un operato molte volte scorretto di menti pensanti che la utilizzano a proprio uso e consumo?

La politica infatti, originariamente era nata per “disciplinare gli ordinamenti umani” , come sosteneva il grande Filottete, per cui avrebbe dovuto essere al servizio dell’intera Umanità al fine di migliorarne la qualità della vita.

La politica era fatta da “grandi uomini e da grandi menti al servizio degli uomini e della loro libertà”: questo era il pensiero di Astianatte.

A questo punto una riflessione è doverosa: se è così facile puntare il dito o sparare nel mucchio, altrettanto non è guardarsi dentro per capire quanto si è contribuito e quanto si è responsabili al persistere di una situazione così, apparentemente, frustrante!

Ci siamo mai domandati quale sia stato il nostro contributo per provare a cambiare le cose, partendo dalle piccole cose?

Perché abbiamo smesso di interessarci alle scuole di pensiero che formavano le menti alla politica e per la politica, che abbondavano nella antichità?

Eppure, a differenza del passato, oggi, poeti e concorrenti di X Factor (e compagnia cantando) esprimono germi che contaminano l’interiorità di adolescenti e adulti, rendendola più profonda…

Quando si pensa a scuole di formazione, il pensiero corre a quegli enti (accreditati o meno) che, molto spesso, cercano, per sopravvivere, di aggiudicarsi appalti finanziati con lo scopo di realizzare corsi di qualifica o di aggiornamento per consulenti di cui la Società (e il “Dio” mercato) non sente affatto il bisogno!

Ma, come si può parlare di idee nuove, se queste sono figlie del vecchio che, seppur sotto vesti diverse, si ripropone?

“Il contadino ara sempre lo stesso terreno ed incontra sempre le stesse difficoltà perché utilizza sempre gli stessi strumenti….ma non è colpevole perché non ne conosce altri”. Così scriveva Charles Willson Peale ai primi del ’700 in Inghilterra in piena rivoluzione industriale.

E allora?

Bisognerebbe fornire strumenti diversi e più efficienti per ricavare, dallo stesso terreno, un prodotto migliore. Il terreno potrebbe rappresentare l’essere umano, gli strumenti la formazione corretta, il prodotto… perchè no… il politico adeguato e onesto. Soprattutto con se stesso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *