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L’empatia attraverso i suoni…



Approfondimenti tecnici

“Vieni a giocare con me” le propose il piccolo principe, “sono così triste…”

“Non posso giocare con te disse la volpe, “non sono addomesticata”.

“Ah scusa”, fece il piccolo principe.

Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: “Che cosa vuol dire addomesticare?”

… ” é una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…”

“Creare dei legami?”

“Certo”, disse la volpe”. Tu fino ad ora per me non eri che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”.

“Comincio a capire”, disse la volpe. C’è un fiore… credo che mi abbia addomesticato…”

“è possibile” disse la volpe”… “La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata.

Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo mi farà uscire dalla tana come una musica. (…)

“Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe.(…)

“Che cosa bisogna fare?” domandò il piccolo principe.

“Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu siederai un po’ lontano da me, così nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti più vicino…”

(Antoine de Saint Exupèry, Il piccolo principe)

La musicoterapia è un processo sistematico d’intervento all’interno del quale è possibile distinguere un processo di tipo estetico-musicale ed uno tipo relazionale. Gli elementi musicali e gli elementi relazionali possono combinarsi tra loro in vari modi, determinando la prevalenza dei primi rispetto ai secondi o viceversa. Secondo la distinzione proposta da K. Bruscia la musica può essere utilizzata come terapia oppure in terapia . Quando la musica è usata come terapia, la musica viene usata come stimolo primario o come mezzo di risposta per sollecitare direttamente l’attivazione sensoriale, emotiva, cognitiva e comportamentale del paziente. In questo caso l’enfasi viene posta sul paziente che si mette in relazione con la musica, mentre il terapista diventa una guida che ha il compito di facilitare tale relazione. Le relazioni intermusicali e interpersonali che si sviluppano tra terapista e paziente servono a stimolare e sostenere le relazioni intramusicali e intrapersonali che si sviluppano nel paziente. Nella musica in terapia, la musica non viene utilizzata come unico o principale agente terapeutico, ma viene per facilitare il cambiamento all’interno di un’altra modalità di trattamento. In questo caso l’enfasi viene posta sulla relazione che si sviluppa tra paziente (o gruppo) e terapista, e la musica serve a facilitare la relazione.

Le attività in cui predomina l’elemento musicale sono prevalentemente svolte da musicisti, mentre le attività in cui a predominare è l’elemento relazionale sono prevalentemente svolte da medici, psicologi, o psicoterapeuti. In Italia vengono utilizzati due diversi termini per distinguere le diverse competenze dei professionisti che operano nel campo della musicoterapia: musicoterapista e musicoterapeuta. Il musicoterapista è l’esecutore, il tecnico, che possiede le competenze pratiche per utilizzare la musica in senso terapeutico e/o riabilitativo, mentre il musicoterapeuta è la figura con maggior responsabilità e formazione. In genere si tratta di un laureato (di solito in psicologia o medicina) in grado di fare la diagnosi, decidere la terapia e a conclusione del trattamento valutare il raggiungimento degli obiettivi prefissati. In altri paesi europei non esiste questa distinzione terminologica: ad esempio, nella lingua tedesca si usa semplicemente il termine musiktherapeut. Lo stesso vale per i paesi di lingua inglese: esiste un unico termine, musictherapist.

In ogni caso, all’interno di qualsiasi intervento musicoterapico, sia esso messo in atto da un musicoterapista o da un musicoterapeuta, si struttura un tipo di relazione basata sullo sviluppo di emozioni profonde, ed il valore dell’elemento sonoro-musicale viene considerato in base al legame suono-relazione: la componente musicale non è mai svincolata dal contesto relazionale. Si potrebbe affermare che la qualità della relazione cambia il modo di sentire e fare musica, così come il modo di sentire e fare musica incide sulla qualità della relazione.

In musicoterapia il lavoro consiste nel selezionare “attentamente la musica o l’attività musicale da utilizzare con un particolare paziente, basandosi sulla conoscenza degli effetti della musica sul comportamento comportamento umano, dei particolari punti di forza e delle di quel particolare cliente, e degli scopi terapeutici. Il musicoterapeuta gioca spesso anche un ruolo molto attivo nell’aiutare il cliente ad ottenere, dal suo coinvolgimento nella musica e nelle attività musicali, un’esperienza terapeutica. Creando un’atmosfera orientata al successo, senza minacce, stabilendo con il paziente un rapporto per promuovere la crescita, e strutturando l’ambiente per aiutare il paziente a raggiungere certi scopi terapeutici, il musicoterapeuta trasforma una semplice attività musicale in musicoterapia” (J. S Peters).

L’esperienza musicale induce una gratificazione sensoriale ed estetica, e consente di mantenere un contatto con modalità espressive e comunicative primitive ma persistenti tutta la vita. Tale contatto propone alla persona “il rapporto con un’altra mente che si pone in sintonia con lui e gli restituisce in forma modificata il messaggio che esso manda…questo contatto può consentire lo sviluppo di un certo grado di reciprocità sociale” (Zappella).

Il gesto, il suono, il vocalizzo, la scarica ritmica saranno rielaborati e restituiti al paziente; la risposta del musicoterapista ha l’obiettivo di attirare l’attenzione, vuole ordinare il mondo del bambino proponendo elementi costanti e tratti distintivi, cerca di connotare di un possibile senso e di una possibile forma ciò che in apparenza ne è privo (G. manarolo, F. Demaestri). Tali obiettivi saranno perseguibili solo se l’operatore sarà in grado di modularsi sui tempi e sui modi propri di ciascun caso, e di utilizzare la propria musicalità per cercare un punto d’incontro risultante da un sentire comune. Le produzioni sonore saranno quindi organizzate, variate amplificate o destrutturate in relazione all’obiettivo e alle strategie prefissate.

Il paziente diventa per il musicoterapista una sorta di “partitura” da interpretare, all’interno della quale selezionare e privilegiare gli elementi che appariranno maggiormente connotati di senso e di valore espressivo, scartando ed escludendo quelli che ne sono privi. L’improvvisazione del paziente verrà valorizzata sotto il profilo estetico, comunicativo e relazionale, dando vita a quello che comunemente viene definito dialogo sonoro-musicale.


Uno degli aspetti che conferisce maggiore importanza alla musicoterapia è la possibilità di trasmettere l’empatia in maniera immediata. L’empatia infatti, non richiede l’analisi e la comprensione dei significati che si trasmettono, ed è un’abilità rintracciabile anche in tenerissima età. Ad esempio i bambini molto piccoli possono reagire ad un turbamento altrui come se fosse proprio, piangendo alla vista delle lacrime di un altro bambino. L’empatia quindi, è strettamente legata agli aspetti non verbali della comunicazione, e si sviluppa prevalentemente in maniera inconscia. Di conseguenza si può ben comprendere che è possibile metterla in pratica in tutte quelle discipline terapeutiche a mediazione non verbale proprio come la musicoterapia. La musica può essere intesa come una forma espressiva che permette la condivisione delle emozioni in una dimensione di senso, senza oggettivarle, e quindi senza rischiare di alienarle di significati.

Il musicoterapista può riprodurre una proposta del paziente suonando nello stesso momento in cui quest’ultima viene realizzata (in questo caso si parla della tecnica del sincronizzare), oppure dopo che la proposta sia stata già prodotta ( tecnica dell’imitazione), focalizzando l’imitazione su qualsiasi suono, intervallo, melodia, movimento o espressione facciale. L’imitazione è una tecnica che può essere usata per stimolare il paziente a rivolgere l’attenzione sulle sue stesse azioni, per rafforzare la sua capacità di reagire e comunicare, per trasmettere quali aspetti delle sue risposte sono importanti, per trasmettere ascolto e accettazione, e per sviluppare la turnazione all’interno dell’interazione (K. Bruscia). Il terapista può utilizzare un qualsiasi elemento melodico o ritmico proposto dal paziente senza riproporlo in maniera identica, ma trasformandolo e modificandolo (tecnica dell’incorporare), oppure può semplicemente armonizzarsi con il suo livello di energia usando la sua stessa velocità ed intensità (tecnica dell’andare al passo) .

Bibliografia



  • Bruscia K. E., Modelli d’improvvisazione in musicoterapia, Ismez Editore, Roma, 2001.
  • Bruscia K. E., Definire la musicoterapia, Ismez Editore, Roma, 1996.
  • Gaggero G., Esperienza musicale e musicoterapia, Mimesis, Milano, 2003.
  • Manarolo G., L’Angelo della musica-musicoterapia e disturbi psichici– , Omega Edizioni, Milano, 1989.
  • Manarolo G. La musicoterapia recettiva, in Musica e terapia, Edizioni Cosmopolis, Torino, gennaio 2001.
  • Postacchini P., Ricciotti A., Borghesi M., Musicoterapia, Carrocci,Roma, 2004.
  • Manarolo G. e Demaestri F., in “Musica e terapia”, Edizioni Cosmopolis, Torino, luglio 2000.