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Come uno squalo bianco.


Counseling – 22

“Per capire e raggiungere ciò che vuoi comincia a scartare ciò che non vuoi” (Mark Twain)

..E’ come uno squalo bianco, dicono la specie di squalo più pericolosa per l’uomo, che coglie d’improvviso alle spalle mentre si nuota in un mare di desiderato e quasi afferrato benessere.

In principio ci si tuffa in un oceano che, un po’, spaventa: è straordinariamente immenso, di un blu che si ama per svariati motivi, non lo si conosce bene perché non ci si è mai tuffati prima, ma affascina perché è la novità che si desidera far diventare regola di vita.

“Assaporare la libertà di provare”..

L’oceano di cui dico è la serenità, è l’equilibrio, è la gestione del conflitto, è la sua risoluzione, è la conquista della ragionevolezza.

Per anni si sente parlare di questo mare e, dapprima, se ne ha paura, perché è qualcosa che non si è mai realmente conosciuto e, dunque, come tutte le novità della vita, spaventa perché non si sa di cosa tratti, cosa possa dare e dove porterà; poi, a furia di sentirne parlare, si diventa curiosi: per vedere se è tutto vero quello che si racconta di questo mare, per il desiderio di sperimentare di persona la gioia delle tappe che, tramite esso, si possono conquistare. Infine, dopo attente riflessioni, stupidi sbagli, altre riflessioni e altri sbagli, si avverte che l’attrazione è incontenibile e, dopo aver preso la giusta rincorsa, ci si tuffa, entusiasti e spaventati al tempo stesso, nel blu in cui si vuol nuotare e in cui, divertiti, si desidera far capriole e immersioni profonde per goderne sensazioni che invadano ogni parte del corpo e ciò che invade il corpo giunge alla psiche e ciò che invade la psiche giunge al corpo, perché l’una influisce sull’altra.

Prima di tuffarsi si sa bene che l’oceano è freddo e che intorno non si hanno i pesciolini rossi che compri nelle fiere di paese, si sa bene che non si sa nuotare perfettamente e che se non si riposa un po’ “a morto” , i crampi sono in agguato pronti a paralizzare.. ma tutto ciò non impedisce di tuffarsi, perché ormai è quello ciò che si desidera e niente distoglierà dalla voglia di fare la nuotata più bella della propria vita: quella in cui non solo si tuffa la propria vita nell’oceano dell’equilibrio e della razionalità ma dove esistenza ed oceano si fondono divenendo un’unica potente energia, quasi sterile in principio, fertile e prodiga di frutti in seguito.

Quando ad un tratto, ciò che si sapeva ci fosse, ma si trascurava avvenisse, rovina l’incantevole nuotata!

E’ il terrore degli oceani: lo squalo bianco, sorprende alle spalle con orrore, gira attorno e, nel frattempo che si spera cambi idea o preda, si vuole allontanarlo, sapendo perfino che potremmo essere noi a spaventarlo afferrandolo con tenacia e decisione – fuggirà via per inabissarsi sconfitto – ma non ci si riesce o, forse, non lo si desidera abbastanza..

Allora, per ciò che, inizialmente, si ritengono incomprensibili motivi di cui non ci si sa dare spiegazione solo perchè ciò che di misterioso e intrigante accade all’interno della nostra mente, nella costruzione delle idee e nell’estrinsecazione dei pensiaeri non è ancora alla nostra portata, e non si è ancora scoperto che, infondo, agendo sulle idee di base depositate in memoria, possiamo modificare quello che non va.. allora, dicevo, si permette che lo squalo attacchi ferocemente e ci si lascia sbranare, inorriditi non da ciò che accade ma dal “perché” non si è impedito accadesse. L’oceano della razionalità è, così, insanguinato dall’aggressività dello squalo; e, nel contesto a cui mi riferisco, la parola “aggressività” non è intesa nell’accezione ad essa correttamente attribuita di “movimento”, come insegna la derivazione dal latino della parola ag-gredior (mi muovo in avanti); no, è intesa come potente attacco di ira che invade quasi tutti i neuroni del cervello, generando rancori e rabbie feroci, delusioni e toni minacciosi, lacrime di dolore e lacrime di tremori; in una sola frase: inutile spreco di energia.

Quella meravigliosa fonte di risorse infinite: l’energia. In pochi istanti è avviluppata dall’aggressività e si trasforma nei denti dello squalo. Azzanna e morde dolorosamente, cinge come se volesse dire “sei mio, ingenuo Essere Umano, credevi di sfuggirmi? Non mi sfuggirai mai perché, infondo, ami il dolore dei miei morsi, ti piace avvertirli proprio quando senti che accade qualcosa di ingiusto nei tuoi confronti ..”

Ma ogni cosa ha la sua fine e, così, anche lo squalo, quando termina di sbranare, va via, in cerca di altre prede.

E quell’Essere Umano aggredito cosa fa?

E’ lì: sanguinante e morente, in collera con se stesso per aver permesso che venisse sbranato, e per aver permesso lo spreco di quell’energia che poteva essere investita in creatività, in opere.. Morente, vorrebbe mandare all’aria innumerevoli ragionamenti, pensando che, forse, l’oceano dell’equilibrio “non è mare per lui”.. ma non ce la fa, non ci riesce. Dapprima non ne capisce il motivo, poi si accorge che, forse, lo capisce, ma non lo comprende ancora. Morente riprende il nuoto, verso l’orizzonte o verso riva? Verso riva. Bisogna sanare le ferite, è ancora in vita: lo squalo poteva sbranarlo non lasciandone traccia, ma è stato “cortese”.

Giunto a riva, l’Essere Umano riflette. Lo squalo è andato via: la rabbia è passata; ma il dolore rimane: il sangue scorre. Vuole solo riposare, è sfinito ma, sul bagnasciuga, continua a trattenere i piedi nell’oceano, non ce la fa ad uscirne completamente fuori, non ce la fa a non avvertirne seppur minimamente il contatto. Desidera esser bagnato da quel mare e attende, impaziente di immergersi nuovamente per riprendere il nuoto. Ha fallito, ma non riesce ad arrendersi perché ora che ha conosciuto quell’oceano, non desidera altro che sguazzarvi dentro e.. nuotare, nuotare, nuotare.

Ragionare, ragionare, ragionare..