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… tutto quello che compone il caos.


 

Pensieri degli anni difficili – 19

Interlinea 1.5, carattere Arial o Times New Roman, corsivo, blu, dimensione 14. Giustificato. Il contrasto fra il colore del carattere e il foglio bianco è netto, le sillabe che compongono le parole sono tondeggianti, sembrano seguire una successione non casuale ma dettata dal pensiero lineare e non contorto. Anche l’occhio vuole la sua parte. Dà l’idea dell’ordine e invece…

L’entropia.

Combatto quotidianamente contro l’ordine e il disordine. Due aspetti del mio carattere, del mio modo di essere che si fronteggiano indisturbati dentro me stessa, come se io non ci fossi nella speranza di poter convivere in armonia. Sempre ignorando i miei desideri. Ma il problema è proprio là. Spesso mi chiedo: “Ma io come vorrei essere e come in realtà sono?”


Ancora una volta il suggerimento dalla mia formazione. Due alleli codominanti, due forme alternative del gene (che specifica un carattere, in questo caso ordine/disordine) che risiedono su cromosomi omologhi e si esprimono entrambi, allo stesso modo.

E, come quando si scatena una risposta immunitaria all’interno del nostro organismo in seguito all’esposizione di un agente estraneo, allo stesso modo quando mi trovo di fronte una montagna di vestiti, libri, riviste, articoli e tutto quello che compone il caos si attiva dentro di me una serie di reazioni a cascata, che alla fine mi porta sempre al punto di partenza.

Come se non avessi imparato niente!

Mi aggiro per la casa e preoccupata mi guardo intorno. Vorrei lasciare le cose come stanno senza sistemarle, senza accomodarle, senza doverle affrontare e rimettere al loro posto. Cammino a fatica fra un cumulo di libri che minaccioso mi osserva dal basso del pavimento e sembra implorarmi. Non riesco a sentire se il loro desiderio è uno scaffale pulito e sistemato, spolverato ad intervalli regolari oppure se la loro collocazione è il tappeto. Ogni tanto ne raccolgo uno, lo sfoglio e me lo gusto. Mi piace leggiucchiare qua e là, qualcosa dall’uno e dall’altro, un appunto, un pensiero a volte per gli “anni difficili”, a volte solo per me e per pochi.

Passo gran parte del mio tempo a…telefonarmi! Peccato. Perdo tutti i miei telefoni e spesso anche i miei numeri. Beh, talvolta non solo li perdo, ma anche li do. D’altronde qualcuna a me molto cara e con la quale condivido il mio lato “delinquenziale”, mi ha suggerito che spesso è difficile dare solo i numeri necessari…

Eppure non esiste persona a me vicina che non pensi che in me predomini l’ordine.

La massima espressione di Fernanda risiede negli armadi. Basta tentare di aprirne uno, anche se di poco, e si scatena l’inimmaginabile. Dall’alto degli scaffali al pari di una valanga di neve si srotolano golf, magliette, jeans, sciarpe, cappelli e calze, deposti anzi ammucchiati direi in un ordine casuale. Là dove c’è uno spiraglio, uno sprazzo di spazio che possa contenerne uno. Per me non esiste il cambio stagionale, è tutto insieme, può essere sempre piena estate e inverno profondo.

Anche le mie bravi torri di cd giocano la loro parte. Sistemate con ordine maniacale una di fronte all’altra, facilmente raggiungibili da ogni parte della casa. La musica classica, il jazz, il cantautorato italiano, il rock. Qualche custodia aleggia nel tinello, là dove c’è un altro punto musica, oppure sulla scrivania, per poterne ascoltare un po’ quando sono immersa davanti al monitor del mio computer.

Che peccato che aprendone una, due o anche tutte risultano sfacciatamente vuote! E allora incomincia una caccia al tesoro, saranno disseminati in macchina, in cucina, nei luoghi meno probabili.

Il problema nasce quando mi scontro abbastanza spesso con quella confusione non visibile agli occhi, ma che vive all’interno della testa. Immagino una serie di connessioni nervose alimentate da impulsi che viaggiano in ogni direzione, alla velocità della luce. Ognuno porta un messaggio a ciascuna parte del corpo, ma non sono sincronizzati, per cui può accadere che nello stesso istante in cui sono impegnata in una qualsiasi attività semplice, una parte di me mi obbliga a fare un’altra cosa. E c’è da ridere non poco, perché può succedere che mentre mi lavo i denti sistemo per esempio il letto. Un braccio per ogni attività. Scrivo un sms mentre sciacquo una tazza, un bicchiere, chiacchiero tranquillamente al telefono alla fine della mia brava corsa quando è richiesto un po’ di stretching per allungare i muscoli e forse anche un po’ di concentrazione. Il livello soglia si raggiunge quando cerco di pensare a più cose contemporaneamente. E non distrattamente, ma intensamente.

Quando mi fermo e mi rilasso un momento, mi sorrido. E penso ai condizionamenti, è inevitabile non restarne coinvolti, ci si può illudere di vivere nella totale libertà di azione e ancor più importante di pensiero. Ma è nelle cose della normalità delle giornate che si fanno vivi ed impongono. Forse un modo potrebbe essere quello di fermarsi più spesso, essere attenti non solo a quel che riguarda la profondità delle situazioni, ma anche i piccoli gesti verso se stessi e quello che ci circonda.

Io adoro le montagne di libri che dal basso mi guardano implorandomi, i miei jeans disseminati per casa e fare tardi alla ricerca delle chiavi, del telefono, della sciarpa…

 

Fernanda