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Affinchè I GIGANTI non abbiano più PIEDI D’ARGILLA…


La violenza dell’estremismo islamico dell’11.sett.2001 si lega, drammaticamente, alle grandi barbarie dell’umanità; ma non sarà per tale motivo che, oggi, viene rievocata quella strage, sperando, forse, che ciascuno, nella propria memoria, tenga accesa non la fiamma della vendetta e dell’odio, ma il desiderio di civiltà che l’occidente deve proporre a se stesso, agli islamici ed ai fondamentalisti di tutto il mondo.

Per chi ha avuto occasione di gustare quel meraviglioso film del grande regista Stanley Kubrick, dal titolo: “2001: Odissea nello spazio ” non potrà non convenire, con l’artista, che la prima manifestazione di società organizzata nacque con e dalla violenza; e la scimmia divenne, prima, “homo erectus”, per poi trapassare alla dignità del sapere; ma, certamente, nei cromosomi della razza umana, è stato trasmesso, fin d’allora, l’istinto bestiale dell’odio.


E se appena gettiamo rapidi e generali sguardi sulla storia, da quella antica e fino ai nostri giorni, non possiamo non convenire che l’intelligenza umana si è sempre contraddistinta più per le nefandezze che non per quella fraternità che dovrebbe caratterizzare la vita consociativa.



Tutti i mass-media sono impegnati, in questo periodo, nella rievocazione; e ciò è bene farlo! Ma la semplice cronaca, giornalistica o filmata che sia, non porta alcun beneficio alle proposte risolutive e pacifiche che molti auspicano; perché il messaggio di odio e dolore che si ricava da queste rievocazioni accentua sempre più il divario tra la civiltà occidentale e quella islamico-orientale.

Purtroppo dobbiamo resistere per un tempo pari ad una o due generazioni, perché l’unica strategia capace di combattere ed annullare il terrorismo, nelle sue varie matrici, sta nel chiamare a raccolta nelle aule del nostro paese, come in quelle degli altri stati europei, i figli, i bambini degli extracomunitari, la discendenza di una massa immensa di diseredati che hanno affrontato ed affrontano i rischi, a volte luttuosi, di un esodo epocale, lungo le rotte perigliose del mare o nei cassoni frigoriferi di TIR guidati da moderni negrieri.

Perché solo nella scuola, nella comunità degli studi, nel cameratismo istintivo che nasce tra i banchi fioriscono solidarietà, affetti, sorrisi; chi di noi, riandando al tempo della fanciullezza, non avverte un moto di nostalgia legato ad un episodio della vita scolastica, quando abbiamo marinato, in una mattinata di sole, un giorno di lezione; o ci siamo divisi, col compagno di banco, la colazione; oppure abbiamo rischiato severi richiami e conseguenziali punizioni per aver suggerito una risposta all’amico in difficoltà, durante un’interrogazione ?


Altro che politica segregazionista, altro che difesa della razza, altro che tutela di cristallizzati valori occidentali ! ! !

Se sapremo accogliere il piccolo tunisino, o l’algerino, o il nigeriano, o l’albanese, o il bulgaro, o il polacco, o l’indonesiano, o il cinesino dai dolci occhi a mandorla, il curdo o l’iracheno, non solo avremo contribuito a dotarli di cultura, non solo avremo sviluppato le loro potenzialità logiche, conoscitive, scientifiche, ma avremo reso a noi stessi, più che a loro, un grande servigio: la garanzia di una convivenza pacifica ed operosa, l’universalizzazione del sapere, il risveglio morale, politico ed economiche di interi popoli la cui sopravvivenza, al momento, è legata alla pietà degli aiuti umanitari, o ai tragici viaggi della speranza. Il saggio Confucio ammoniva : ” Se ti regalo un pesce ti sfamo per un giorno: ma se ti insegno a pescare ti sfamerò per la vita ” !

Sapranno i nostri politici, sia quelli nazionali che europei, abbattere il muro della indifferenza, essiccare le radici della vendetta ed aprire le braccia dell’accoglienza e della solidarietà verso tutti i Sud dell’umanità ?

Ché la speranza non rimanga sterile utopia.

Giuseppe Chiaia ( preside )