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Quali sono le sue funzioni? Ed a quali condizioni quest’organo giudiziario pu? decidere se mandare in carcere i cittadini indagati, prima di una sentenza definitiva?


L’articolo 328 del codice di procedura penale italiano è dedicato al Giudice per le indagini preliminari;

esso è composto da tre commi; ma la specificità delle funzioni sono illustrate al primo comma, che così recita:

“Nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private ( che sono: l’imputato, l’indagato, il danneggiato dal reato, il responsabile civile per il fatto dell’imputato – cioè chi è chiamato a rispondere per la condotta posta in essere dall’imputato oggetto del processo penale -, il civilmente obbligato per la pena pecuniaria – ossia chi è chiamato a risarcire i danni derivanti dal reato al danneggiato – ) e della persona offesa dal reato (che è colei sulla quale ricade materialmente l’azione presuntivamente illecita dell’imputato), provvede il giudice per le indagini preliminari.”

Gli altri due commi attengono al conferimento di tale funzione, in ordine a specifici tipi di reati, a determinati organi giudiziari, territorialmente individuati.

Ma in quale fase delle indagini preliminari interviene quest’organo giudiziario?

Intanto, è bene specificare che potrebbe non essere “tirato in ballo” durante l’intero arco delle indagini preliminari. Infatti, perché il G.I.P. possa entrare in funzione è condizione necessaria che uno dei soggetti sopra indicati vi si rivolga, mediante una propria richiesta, che necessita di un giudizio di rispondenza legale, in relazione all’attività da compiere:

questo vuol dire che, per garantire il cittadino nel corso delle indagini preliminari – in una materia delicata e complessa come quella penale -, il legislatore ha previsto l’intervento di un soggetto imparziale, un giudice, come si dice, “terzo” rispetto all’accusatore ( il PM ) ed all’accusato (l’Indagato).

Quindi, bisogna esplicitare, a questo punto, il concetto di indagini preliminari.

Esse possono definirsi come una fase strumentale alle determinazioni di un pubblico ministero relative all’accusare o no un soggetto al quale si è attribuito un coinvolgimento in ordine ad un fatto penalmente rilevante.


Si comprende bene che un cittadino sottoposto ad un’indagine di natura penale, tesa ad accertare un suo eventuale coinvolgimento in un reato, abbia il diritto di rivolgersi ad un organo diverso da quello che lo accusa: un GIP ( abbreviazione di Giudice per le Indagini Preliminari), appunto, per difendere, nel rispetto delle leggi, la propria posizione.

Si comprende, altrettanto bene, che un pubblico ministero abbia il dovere di rivolgersi ad un GIP, qualora ritenga di dover limitare i diritti costituzionalmente garantiti al cittadino indagato, specie in materia di libertà personale, senza che sia intervenuta una sentenza definitiva di colpevolezza.

Un esempio per tutti.


È il GIP, infatti, che decide sulle richieste avanzate dal PM dell’applicazione della custodia cautelare in carcere, o domiciliare, o sulle altre misure cautelari ed interdittive previste dal codice di procedura penale, in relazione a determinati reati ed in ordine a determinate esigenze, nei confronti di cittadini indagati (sulla differenza tra indagato ed imputato si veda il lavoro “l’avviso di garanzia”, presente in questa sezione) mediante un atto denominato ordinanza di custodia cautelare, con il quale accoglie, anche se a volte solo parzialmente, le richieste che un PM avanza in ordine all’arresto di un indagato, prima del processo.


Con questi presupposti, appare utile (necessario?) che tale compito debba essere svolto da una persona equilibrata e matura, in una parola, saggia.


Ma la storia recente (in questi giorni in Italia, specie nel meridione, sono in atto numerosi arresti) ha testimoniato che tale ruolo non ha ancora quella autonomia ed indipendenza di giudizio necessaria proprio rispetto al PM, che è anch’esso un magistrato, un collega, del GIP.

A questo punto possiamo trarre le seguenti considerazioni:


a) le intenzioni del legislatore ( l’organo che “fa” le leggi ) sono corrette, ma difficili nella realizzazione: ricordiamoci che i giudici, come i pubblici ministeri e gli avvocati penalisti, sono, prima di tutto, Esseri Umani e, come tali, possono commettere errori;


b) sarebbe logico prevedere che tale organo fosse collegiale, cioè composto da tre membri: tre teste pensano meglio di una, posto che a volte un G.I.P. deve esaminare migliaia di pagine, da solo,

c) poiché la materia penale attiene all’Essere molto più che all’Avere sarebbe bene implementare tale organo attraverso una formazione del personale, specifica e mirata, oltre quella giudiziaria naturalmente.

Pur facendo parte del medesimo Ufficio giudiziario, diverso dal GIP è il GUP ( Giudice dell’Udienza Preliminare );

tale organo, necessario, interviene, come filtro processuale, quando vi siano richieste di rinvio a giudizio da parte di un PM, in ordine a determinati tipi di reato; vale a dire, che il G.U.P. è chiamato ad esaminare, sommariamente, se vi siano, in base agli atti raccolti sino a quel momento dalla pubblica accusa nel corso delle indagini preliminari, gli elementi per sostenere un giudizio dibattimentale a carico di un imputato.

Due ultime annotazioni.

La prima.

Il G.I.P. è competente per tutta la durata delle indagini preliminari e sino alla loro conclusione.

La seconda.

Se è intervenuto nella sua qualità istituzionale, nel corso delle indagini preliminari, non potrà partecipare alla fase giudiziaria, né potrà ricoprire l’Ufficio di G.U.P.

Questo lavoro si conclude con la spiegazione sul perché della presenza, nelle aule di giustizia penale, dell’effigie del Crocifisso, simbolo del cristianesimo:

essa ricorda l’errore di quegli uomini che hanno giudicato colpevole, e condannato, non un dio…

ma un innocente.

Francesco Chiaia ( avvocato penalista )