Posted on


Questa settimana, dal colloquio fra l’avvocato e l’analista, scaturisce un argomento per dare un senso migliore ai nostri operati, senza “integralismi” di alcun genere.


 

Molte volte mi trovo in difficoltà a distinguere, tra i beni materiali, quelli che possono rientrare nei bisogni indispensabili, quelli che possono rientrare nelle esigenze del tempo storico e quelli che appartengono ai desideri. Mi rendo conto che viviamo in un’epoca in cui ci vengono imposte delle “mode” nell’abbigliamento ma anche in ciò che facciamo. Ad esempio, alcuni anni fa mi è capitato, uscendo con amici (anche con colleghi) di avvertire una sorta di rifiuto “a priori”, da parte loro, perché magari non usavo capi di “tendenza” ponendomi, di fatto, in una condizione di non conformismo, rispetto al gruppo. Come si possono classificare, correttamente, i bisogni umani? Che tipo di rapporto si deve avere col denaro, tenendo conto che se una persona non ha un patrimonio magari ereditato, deve produrre risorse economiche col lavoro, quindi spendendo tempo e vita?

Posso dirti che, quello che ci garantisce la sopravvivenza, in senso lato, rientra fra i bisogni necessari indispensabili: ad esempio, tutto ciò che ruota intorno all’abbigliamento, al cibo, alla possibilità di soggiornare in un luogo riparato (quindi una casa), etc.; insomma tutto quello che ci consente di affrontare meglio le “intemperie” del mondo esterno.

Gli elementi che ci consentono di integrarci socialmente, soprattutto per ciò che concerne un lavoro ed una buona qualità della vita in termini di “reale” comodità), rientrano nelle necessità del tempo storico: ad esempio, l’automobile, il computer, l’erogazione dell’energia elettrica, i mezzi di comunicazione di massa (TV, Radio, Editoria, Internet). Possono rientrare in questa classificazione anche capi di abbigliamento particolari come, ad esempio, quelli che realizzano un comfort termico senza accumulo di umidità (tipo il Gore tex), calzature che consentono la traspirazione del piede, etc. Per quanto concerne, invece, i desideri, posso dirti che riguardano tutti quegli elementi che, per lo più, esprimono compensazioni, conformismi ed altri elementi da fasi transitorie (in cui si trovano esseri umani non “propriamente maturi”). Compensazioni perchè attraverso il possesso di questi oggetti, ti distrai un po’ dalle frustrazioni (anche se non le risolvi). Conformismi perché la Società ti impone di adeguarti a certi canoni che possono non migliorare la qualità della tua vita ma, anzi, peggiorarla perché ti costringono a dover lavorare di più per poter comprare degli oggetti. Elementi da fasi transitorie perché attraverso il possesso di beni materiali e l’eventuale ostentazione, ci si sente più sicuri.

Quindi, le necessità del tempo storico, rappresentano delle comodità?

Non solo ti consentono una vita più comoda, ma concretizzano la realizzazione di opportunità lavorative sempre più nuove e stimolanti, per noi esseri umani del ventunesimo secolo.

Ma se come dici tu è la Società che ci condiziona nel senso di farci conformare acquistando oggetti stupidi..

Non sono stupidi perché hanno delle funzioni. Possono essere non risolutivi, ma esplicano dei margini compensatori.

Ma se io soffrissi, ad esempio, per il fatto di non poter comprare un orologio migliore o più ‘attuale’ di quello che ho, non manifesterei stupidità?

No, esprimeresti una tua difficoltà interiore legata a cattivi apprendimenti o ad un eccesso di frustrazioni; in conseguenza di ciò, per apprendimento, vai alla ricerca di un oggetto che ti distragga per un certo periodo di tempo dal pensare ai fastidi che hai accumulato; però, appena ti vai ad assuefare a questo bene materiale, ricomincia l’affollamento dei fastidi e delle idee che ti hanno prodotto i conflitti da cui hai tentato di allontanarti.

A me è capitato di sentirmi accusare di vestire in maniera “semplice” e poco ricercata. Di queste valutazioni bisogna tenerne conto? Se ci si vuole integrare nella Società, dove questi elementi hanno il loro rilievo per molti, come bisogna regolarsi?

Con equilibrio e giudizio. Cioè una persona equilibrata sviluppa un certo gusto anche nell’abbigliamento; questo non comporta necessariamente l’acquisto di vestiti costosi o griffati ma, semmai, la ricerca di capi adeguati a ricoprire una persona elegante, raffinata, di qualunque marca siano e da chiunque siano cuciti. Per quanto attiene alla prima domanda, posso risponderti che l’integrazione in un gruppo sociale avviene in funzione di quello che puoi proporre: se promani, ad esempio, capacità umane e professionali, starai al centro dell’attenzione, anche… con il tailleur della nonna!

 

Quindi, il fatto che, comunque, nella Società si facciano valutazioni sulla base di ciò che “mostri”, non esclude la possibilità di essere apprezzati anche per ciò che si “è”!

Non dimentichiamoci che gli altri ci frequentano, consapevolmente o meno, sulla base di quanto gli torniamo utili. E allora ti possono frequentare per la bramosia di avere accanto una persona di successo (socialmente parlando), o per il piacere di interloquire con una persona in grado di trasmettere dei messaggi utili e positivi. Ti faccio presente che, chi è in grado di saper pensare riesce, senza funambolismi compromissori, a raggiungere (volendo) posizioni “altolocate”.

Fino a che punto bisogna darsi da fare per ottenere i beni della seconda categoria, perché per gli indispensabili bisogna averli necessariamente, ma per le necessità del tempo storico, che sono comodità, entro che limiti bisogna impegnarsi?

Non sono solo comodità, possono tornare utili anche per il lavoro.

Ad esempio, io ho una sedia scomoda allo studio, antica, intonata all’arredamento.

Esistono sedie ergonomiche e confortevoli a basso costo.

Costano circa 40 Euro.

A parte il fatto che 40 Euro non costituiscono una cifra esorbitante, domandiamoci se un tale importo vale o meno, il tuo comfort ed il rispetto delle tue articolazioni.

La risposta è affermativa, però, ho anche considerato che una sedia di queste economiche starebbe male esteticamente nello studio, per cui ho pensato di rinviare questa spesa per comprarne, in seguito, una adeguata all’arredamento.

Questa è una valutazione scorretta, perché non tiene conto dei tuoi reali bisogni, ma riflette la necessità di “apparire”. Siccome è una poltrona che hai alla scrivania del tuo studio professionale, potrai risolvere il problema, utilizzando la sedia ergonomica ma non intonata, quando sei seduta per studiare e l’altra quando ricevi i tuoi clienti… finché non potrai comprare una poltrona che ti risolva il problema anche dal punto di vista estetico.

Fino a che punto bisogna impegnarsi per tutte e tre le categorie di beni, quelli che servono per i bisogni indispensabili, quelli che rispondono a necessità del tempo storico e quelli che appagano soltanto i desideri?

Dipende sempre dalla maturità che ha raggiunto la persona. Ci sono esseri umani che hanno imparato a sacrificare l’intera esistenza pur di raggiungere, come obiettivo, l’acquisto di un appartamento ben rifinito. Se qualcuno glielo impedisse, spiegandogli l’inutilità di “sprecare” l’unica vita di cui dispongono, paradossalmente produrrebbe degli infelici senza più obiettivi sociali e non in grado di godere della propria autoaffermazione. Allora, più che suggerire a qualcuno come spendere i propri soldi e come usare la propria vita bisognerebbe indurre le persone ad acquisire il piacere di migliorare e “crescere”. Ecco perché lo psicoterapeuta non ha il compito di consigliare la gente, ma ha quello di indurre ad imparare come si migliora “il pensare”. C’è tanta gente che vive in maniera mediocre, ma tira avanti, in mezzo alle difficoltà, pensando ad un obiettivo (anche se non proprio corretto secondo Leggi di Natura) da raggiungere.

E’ anche vero quello di cui abbiamo parlato tempo fa, cioè che è inutile accumulare come una formica perché non si conosce il tempo a propria disposizione, ma se nel frattempo non impari a cambiare le tue idee, costringerti a non accumulare ti farebbe soffrire, per cui comunque non avresti raggiunto lo scopo.

Io mi rendo conto che se una persona si abitua a vivere per appagare i bisogni indispensabili e quelli necessari a sviluppare meglio la propria identità (autostima, autoaffermazione, etc.) riusciremmo a fare a meno di tante cose.

Certo, ma si dovrebbe puntare sempre a costruire delle gratificazioni attraverso un miglior rapporto con se stessi, quindi non sentiremmo il bisogno di appagare i desideri. Quello di cui noi parliamo, non serve a convincere le persone a condurre una vita monastica (per quanto i monaci vivano in maniera più confortevole rispetto al passato) ma è utile per imparare a godere di tutto ciò che si possiede all’interno della propria personalità e sentire di meno il bisogno di acquisire beni che vengono dall’esterno. Qui non si fa una crociata contro il consumo.

In un libro di Giovanni Russo, intitolato “Vorrei vederci chiaro!” si dice che si dovrebbe “vivere come se si dovesse morire sempre e lavorare adeguatamente come se non si dovesse morire mai”…

Questo equivale a dire che dobbiamo dare un senso alla vita imparando ad usare quello che di buono abbiamo e di cui possiamo accorgerci… come se avessimo poco tempo a disposizione, quindi senza spechi, ma imparare a programmare e a creare degli obiettivi come se dovessimo durare in eterno, senza tirare i remi in barca, come fa molta gente arrivata ad un certo punto della vita: si mette in aspettativa, in attesa di “dimissionarsi” dalla propria esistenza terrena! Infatti le persone che vivono a lungo molte volte sono quelle che programmano come se fossero perennemente giovani: è probabile che, in questo modo, continuino a svegliarsi la mattina avendo un motivo per alzarsi dal letto.

Si programma in base a cosa? Ad interessi che nascono man mano dall’esperienza?

Si programma in base alle capacità sviluppate: di organizzare, di creare, di pianificare. Come vedi, torniamo sempre al concetto dello sviluppo di una personalità equilibrata. Quindi ci sono due fattori da valutare: sviluppo ed equilibrio. Lo sviluppo da solo non basta, è necessario essere anche equilibrati. In economia si parla di “sviluppo sostenibile”. Questo vale anche per il lavoro durante un trattamento psicoterapeutico: da parte dell’analista, infatti, si fa molta attenzione ad indurre l’analizzato a sviluppare “cum grano salis” (Con calma, tranquillità e giudizio), senza creare troppi squilibri, perché è inutile sviluppare abnormemente alcuni aspetti della personalità creando crisi nei settori ancora rimasti inadeguati.

Perché ci sarebbe squilibrio?

Eccessivo squilibrio. Quindi “sviluppo sostenibile” vale per l’economia mondiale e vale per l’economia della gestione delle risorse umane. Sviluppo sostenibile = sviluppo equilibrato.

Prima di salutarci, vorrei leggerti una riflessione di Giovanni Russo, sul denaro, potresti utilizzarla come pensierino della sera!

 

Il denaro procura il cibo, non l’appetito.

Il denaro ti permette di comprare un libro, non la cultura.

Il denaro ti procura un buon letto comodo, non il sonno.

Il denaro ti consente di comprare le medicine e non la salute

Il denaro è uno strumento

e non lo scopo della nostra realtà umana”.

 

G.M. – Medico Psicoterapeuta